
Il vaticanista Usa: «Ci viene detto che l'insegnamento della Chiesa sull'omosessualità non è cambiato, ma Francesco usa i media per far sembrare che invece ci siano novità».Negli ultimi due mesi le vicende vaticane sono tornate in prima pagina: il 24 settembre le dimissioni del cardinale Angelo Becciu e il riemergere degli scandali finanziari, il 21 ottobre le parole del Papa sulle unioni civili nel film Francesco, il 25 ottobre l'annuncio di 13 nuovi cardinali, infine la settimana scorsa la pubblicazione del dossier McCarrick, l'ex cardinale colpevole di abusi che aveva mentito anche a Giovanni Paolo II. L'enciclica Fratelli Tutti, resa nota il 3 ottobre, che riordinava il magistero sociale del pontefice in un testo organico, non ha creato un dibattito paragonabile, per esempio, alla Laudato Si' o all'esortazione Amoris Laetitia. Edward Pentin, vaticanista del quindicinale National Catholic Register, il più antico periodico cattolico degli Stati Uniti, aiuta a capire che cosa sta accadendo nei sacri palazzi.Partiamo dal Rapporto McCarrick. Perché è stato pubblicato proprio ora? Ci sono stati ritardi?«Il Rapporto è stato pubblicato per coincidere con l'incontro annuale dei vescovi Usa che si svolge oggi e domani. È stato anche diffuso lo stesso giorno in cui dovevano essere rese note altre due storie di abusi sessuali: l'inizio di un processo per accuse di violenza sessuale dell'ex nunzio apostolico in Francia e la comunicazione dei risultati di un'indagine per accuse di abusi sessuali nella Chiesa di Inghilterra e Galles. La scelta di tempo potrebbe anche avere avuto qualcosa a che fare con le elezioni americane e il fatto che i media avrebbero potuto essere distratti da ciò. Funzionari vaticani hanno detto che i ritardi erano dovuti alla portata delle informazioni da raccogliere, ma anche perché si continuava a ricevere dichiarazioni dei testimoni anche quest'anno e il Vaticano non voleva produrre un documento che ne fosse privo».Il Rapporto spiega l'operato di papa Francesco ma getta ombre sui collaboratori di Giovanni Paolo II: è così?«Il documento attribuisce la parte del leone della colpa al pontificato di San Giovanni Paolo II, meno a quello di Benedetto XVI, e quasi nulla a papa Francesco. Il rapporto documenta numerosi esempi di comportamento inappropriato, e che Giovanni Paolo II inizialmente fece cadere la candidatura di McCarrick per Washington sulla base di tali resoconti. A quel punto McCarrick persuase il segretario di Giovanni Paolo II, l'attuale cardinale Stanislaw Dziwisz che era in amicizia con lui, della propria innocenza, il che gli consentì di essere nominato».È credibile che San Wojtyla sia stato ingannato?«Le prove suggeriscono che egli lo fu, almeno in parte. Il biografo di Giovanni Paolo II, George Weigel, dice che McCarrick era una “personalità patologica" e che la sua abilità a mentire e ingannare chi gli stava attorno era un “segno distintivo" della sua carriera ecclesiastica. Giovanni Paolo II si era fidato di McCarrick con il quale aveva stretto un rapporto durante un precedente viaggio negli Stati Uniti. È anche vero, e non è una novità, che l'esperienza del comunismo fatta da Giovanni Paolo II lo aveva reso scettico circa le voci di cattivi comportamenti del clero, e il suo approccio al governo della Chiesa, per sua stessa ammissione distaccato, non lo ha aiutato».Alcuni osservatori hanno detto che il Rapporto smentisce la denuncia di monsignor Carlo Maria Viganò, che per primo due anni fa scoperchiò lo scandalo McCarrick: è d'accordo?«Il rapporto mira chiaramente a screditare l'arcivescovo Viganò piuttosto che ad affrontare in modo equo le accuse che egli mosse nella sua testimonianza del 2018, il cui contenuto accusava un certo numero di prelati ancora vivi o attivi nella Chiesa. La loro strategia sembra essere quella di deviare le critiche lontano dalle figure che hanno legami con McCarrick, incluso papa Francesco, così come una cricca omosessuale che ha aiutato l'ascesa di McCarrick».Quanto è diffusa l'omosessualità nella Chiesa?«Ovviamente è impossibile dirlo con precisione, ma la domanda chiave per molti è se la castità sia praticata tra il clero, e fino a che punto il comportamento omosessuale sia ritenuto inaccettabile. Il Rapporto McCarrick suggerisce che sia stato tollerato troppo liberamente, cosa che alcuni, incluso Benedetto XVI, ritengono indichi un allontanamento da Dio, una mancanza di fede in colui che inscrive la legge naturale nel cuore di ogni uomo».E la lobby gay ha ancora potere in Vaticano?«Il 28 novembre papa Francesco inserirà 9 nuovi cardinali elettori nel Collegio cardinalizio, tre dei quali hanno stretti legami con la comunità Lgbt e sono in sintonia con la loro agenda. Il mese scorso, Francesco ha detto di approvare le unioni civili tra persone dello stesso sesso. L'anno scorso il Vaticano ha reso pubblica un'udienza papale privata con il gesuita padre James Martin, una figura di spicco nella normalizzazione del comportamento omosessuale nella Chiesa. La sintesi vaticana del Rapporto McCarrick non ha menzionato l'omosessualità e ha appena accennato agli abusi omosessuali dei preti sui seminaristi».Le dimissioni del cardinale Becciu hanno riportato l'attenzione sulle operazioni finanziarie della Santa Sede: è possibile che il Papa ne fosse totalmente all'oscuro?«Il Papa può avere saputo solo metà di quanto stava accadendo, ma le prove sembrano suggerire che egli ne sapesse molto di più. Per come è strutturato il Vaticano, poco accade senza l'approvazione dei superiori, ed è altamente improbabile che egli non sia stato informato di simili investimenti di capitali e di transazioni così significative».La scelta del Papa di trasferire all'Apsa (Amministrazione del patrimonio della Sede apostolica) la gestione dei fondi della Segreteria di Stato contribuirà alla trasparenza delle finanze vaticane?«Francesco ha recentemente restituito la supervisione dell'Apsa al Segretariato per l'economia, come era sotto il primo prefetto del Segretariato, il cardinale George Pell, fino a quando l'Apsa non si è sottratta a quel controllo intorno al 2016. Il tempo dirà quanto sarà efficace il Segretariato nel controllare l'Apsa».Che bilancio possiamo fare delle riforme finanziarie introdotte dal Papa?«L'approccio del Papa alla riforma finanziaria è stato incoerente poiché apparentemente è stato influenzato da chiunque gli fosse più vicino. Le riforme sono cominciate in modo solido, ma non ci è voluto molto perché Francesco permettesse alla “vecchia guardia" di prendere il sopravvento. Ora egli ascolta di nuovo i primi riformatori e si mettono in pratica i cambiamenti raccomandati dal cardinale Pell. Questi ha generosamente detto che Francesco sta giocando “una partita lunga", ma i suoi critici dicono che i suoi errori vacillanti e percepiti sono stati immensamente costosi per il Vaticano».Ha creato polemiche e anche sconcerto tra molti cattolici il film Francesco con le parole del Papa sui diritti delle coppie gay. Davvero non ci sono novità nella dottrina, come si legge nella lettera esplicativa inviata dal Segretario di Stato Parolin ai nunzi apostolici nel mondo?«In realtà, ci viene detto che l'insegnamento della Chiesa sulla materia non è stato cambiato né può esserlo, ma Francesco usa i media per far sembrare comunque al mondo esterno che l'insegnamento è cambiato. A detta di tutti, non è turbato da questo, il che fa credere ai suoi critici che abbia l'intenzione di sovvertire l'insegnamento della Chiesa, forse, alcuni sostengono, per compiacere i progressisti e la lobby omosessuale che lo hanno aiutato a farlo eleggere. I suoi sostenitori dicono che sta semplicemente sviluppando la dottrina di fronte alle complessità odierne, ma i suoi critici ribattono che sta insegnando l'eresia modernista».Si è chiarito il giallo sulla provenienza delle sequenze inserite nel film che i funzionari vaticani avevano tagliato dall'intervista originale al Papa?«A parte una nota ai nunzi preparata dalla Segreteria di Stato che sottolineava le precedenti posizioni di papa Francesco sulle unioni civili tra persone dello stesso sesso, il Vaticano non ha mai emesso una correzione formale delle parole del Papa, né ha chiarito la sequenza della clip nel film».Lei ha pubblicato di recente un libro, The New Pope, con i profili di 19 possibili candidati alla successione di Francesco: dovrebbe aggiornarlo dopo la nomina dei 13 nuovi cardinali? C'è tra loro qualche papabile?«È davvero troppo presto per dirlo, ma nessuno di loro sembra esserlo. Un paio di italiani, dato che non hanno ancora 60 anni, potrebbero presumibilmente diventare papabili in futuro».Lei pensa che anche Bergoglio si dimetterà come ha fatto Ratzinger?«Ha spesso lasciato intendere che l'avrebbe fatto, ma le probabilità sono scarse, sicuramente non finché Benedetto XVI sarà ancora vivo».
Bill Gates (Ansa)
Solo pochi fanatici si ostinano a sostenere le strategie che ci hanno impoverito senza risultati sull’ambiente. Però le politiche green restano. E gli 838 milioni versati dall’Italia nel 2023 sono diventati 3,5 miliardi nel 2024.
A segnare il cambiamento di rotta, qualche giorno fa, è stato Bill Gates, niente meno. In vista della Cop30, il grande meeting internazionale sul clima, ha presentato un memorandum che suggerisce - se non un ridimensionamento di tutto il discorso green - almeno un cambio di strategia. «Il cambiamento climatico è un problema serio, ma non segnerà la fine della civiltà», ha detto Gates. «L’innovazione scientifica lo arginerà, ed è giunto il momento di una svolta strategica nella lotta globale al cambiamento climatico: dal limitare l’aumento delle temperature alla lotta alla povertà e alla prevenzione delle malattie». L’uscita ha prodotto una serie di reazioni irritate soprattutto fra i sostenitori dell’Apocalisse verde, però ha anche in qualche modo liberato tutti coloro che mal sopportavano i fanatismi sul riscaldamento globale ma non avevano il fegato di ammetterlo. Uscito allo scoperto Gates, ora tutti possono finalmente ammettere che il modo in cui si è discusso e soprattutto si è agito riguardo alla «crisi climatica» è sbagliato e dannoso.
Elly Schlein (Ansa)
Avete presente Massimo D’Alema quando confessò di voler vedere Silvio Berlusconi chiedere l’elemosina in via del Corso? Non era solo desiderare che fosse ridotto sul lastrico un avversario politico, ma c’era anche l’avversione nei confronti di chi aveva fatto i soldi.
Beh, in un trentennio sono cambia ti i protagonisti, ma la sinistra non è cambiata e continua a odiare la ricchezza che non sia la propria. Così adesso, sepolto il Cavaliere, se la prende con il ceto medio, i nuovi ricchi, a cui sogna di togliere gli sgravi decisi dal governo Meloni. Da anni si parla dell’appiattimento reddituale di quella che un tempo era la classe intermedia, ma è bastato che l’esecutivo parlasse di concedere aiuti a chi guadagna 50.000 euro lordi l’anno perché dal Pd alla Cgil alzassero le barricate. E dire che poche settimane fa la pubblicazione di un’analisi delle denunce dei redditi aveva portato a conclusioni a dir poco sor prendenti. Dei 42,6 milioni di dichiaranti, 31 milioni si fanno carico del 23,13 dell’Irpef, mentre gli altri 11,6 milioni pagano il resto, ovvero il 76,87 per cento.
In sintesi, il 43 per cento degli italiani non paga l’imposta, mentre chi guadagna più di 60.000 euro lordi l’anno paga per due. Di fronte a questi numeri qualsiasi persona di buon senso capirebbe che è necessario alleggerire la pressione fiscale sul ceto medio, evitando di tartassarlo. Qualsiasi, ma non i vertici della sinistra. Pd, Avs e Cgil dunque si agitano compatti contro gli sgravi previsti dal la finanziaria, sostenendo che il taglio dell’Irpef è un regalo ai più ricchi. Premesso che per i redditi alti, cioè quello 0,2 per cento che in Italia dichiara più di 200.000 euro lordi l’anno, non ci sarà alcun vantaggio, gli altri, quelli che non sono in bolletta e guadagnano più di 2.000 euro netti al mese, pare davvero difficile considerarli ricchi. Certo, non so no ridotti alla canna del gas, ma nelle città (e quasi sempre le persone con maggiori entrate vivono nei capoluoghi) si fa fatica ad arrivare a fine mese con uno stipendio che per metà e forse più se ne va per l’affitto. Negli ultimi anni le finanziarie del governo Meloni hanno favorito le fasce di reddito basse e medie. Ora è la volta di chi guadagna un po’di più, ma non molto di più, e che ha visto in questi anni il proprio potere d’acquisto eroso dall’inflazione. Ma a sinistra non se la prendono solo con i redditi oltre i 50.000 euro. Vogliono anche colpire il patrimonio e così rispolverano una tassa che punisca le grandi ricchezze e le proprietà immobiliari. Premesso che le due cose non vanno di pari passo: si può anche possedere un appartamento del valore di un paio di milioni ma, avendolo ereditato dai geni tori, non avere i soldi per ristrutturarlo e dunque nemmeno per pagare ogni anno una tassa.
Dunque, possedere un alloggio in centro, dove si vive, non sempre è indice di patrimonio da ricchi. E poi chi ha una seconda casa paga già u n’imposta sul valore immobiliare detenuto ed è l’I mu, che nel 2024 ha consentito allo Stato di incassare l’astronomica cifra di 17 miliardi di euro, il livello più alto raggiunto negli ultimi cinque anni. Milionari e miliardari, quelli veri e non immaginati dai compagni, certo non hanno il problema di pagare una tassa sui palazzi che possiedono, ma non hanno neppure alcuna difficoltà a ingaggiare i migliori fiscali sti per sottrarsi alle pretese del fisco e, nel caso in cui neppure i professionisti sia no in grado di metterli al riparo dall’Agenzia delle entrate, possono sempre traslocare, spostando i propri soldi altrove. Come è noto, la finanza non ha confini e l’apertura dei mercati consente di portare le proprie attività dove è più conveniente. Quando proprio il Pd, all’e poca guidato da Matteo Renzi, decise di introdurre una flat tax per i Paperoni stranieri, migliaia di nababbi presero la residenza da noi. E se domani l’imposta venisse abolita probabilmente andrebbero altrove, seguiti quasi certamente dai ricconi italiani. Del resto, la Svizzera è vicina e, come insegna Carlo De Benedetti, è sempre pronta ad accogliere chi emigra con le tasche piene di soldi. Inoltre uno studio ha recentemente documentato che l’introduzione negli Usa di una patrimoniale per ogni dollaro incassato farebbe calare il Pil di 1 euro e 20 centesimi, con una perdita secca del 20 per cento. Risultato, la nuova lotta di classe di Elly Schlein e compagni rischia di colpire solo il ceto medio, cancellando gli sgravi fiscali e inasprendo le imposte patrimoniali. Quando Mario Monti, con al fianco la professoressa dalla lacrima facile, fece i compiti a casa per conto di Sarkozy e Merkel , l’Italia entrò in de pressione, ma oggi una patrimoniale potrebbe essere il colpo di grazia.
Continua a leggereRiduci
Il toro iconico di Wall Street a New York (iStock)
Democratici spaccati sul via libera alla ripresa delle attività Usa. E i mercati ringraziano. In evidenza Piazza Affari: + 2,28%.
Il più lungo shutdown della storia americana - oltre 40 giorni - si sta avviando a conclusione. O almeno così sembra. Domenica sera, il Senato statunitense ha approvato, con 60 voti a favore e 40 contrari, una mozione procedurale volta a spianare la strada a un accordo di compromesso che, se confermato, dovrebbe prorogare il finanziamento delle agenzie governative fino al 30 gennaio. A schierarsi con i repubblicani sono stati sette senatori dem e un indipendente affiliato all’Asinello. In base all’intesa, verranno riattivati vari programmi sociali (tra cui l’assistenza alimentare per le persone a basso reddito), saranno bloccati i licenziamenti del personale federale e saranno garantiti gli arretrati ai dipendenti che erano stati lasciati a casa a causa del congelamento delle agenzie governative. Resta tuttavia sul tavolo il nodo dei sussidi previsti ai sensi dell’Obamacare. L’accordo prevede infatti che se ne discuterà a dicembre, ma non garantisce che la loro estensione sarà approvata: un’estensione che, ricordiamolo, era considerata un punto cruciale per gran parte del Partito democratico.
2025-11-10
Indivia belga, l’insalata ideale nei mesi freddi per integrare acqua e fibre e combattere lo stress
iStock
In autunno e in inverno siamo portati (sbagliando) a bere di meno: questa verdura è ottima per idratarsi. E per chi ha l’intestino un po’ pigro è un toccasana.
Si chiama indivia belga, ma ormai potremmo conferirle la cittadinanza italiana onoraria visto che è una delle insalate immancabili nel banco del fresco del supermercato e presente 365 giorni su 365, essendo una verdura a foglie di stagione tutto l’anno. Il nome non è un non senso: è stata coltivata e commercializzata per la prima volta in Belgio, nel XIX secolo, partendo dalla cicoria di Magdeburgo. Per questo motivo è anche chiamata lattuga belga, radicchio belga oppure cicoria di Bruxelles, essendo Bruxelles in Belgio, oltre che cicoria witloof: witloof in fiammingo significa foglia bianca e tale specificazione fa riferimento al colore estremamente chiaro delle sue foglie, un giallino così delicato da sfociare nel bianco, dovuto a un procedimento che si chiama forzatura. Cos’è questa forzatura?






