2020-02-28
Il ministro per caso ci lascia senza Speranza
Cocco di Massimo D'Alema con ascendente Dc, è alla Salute perché anche a Leu serviva una poltrona. Di scientifico non ha nulla, tranne la capacità di perdere ogni battaglia politica. Con la chiusura dei voli dalla Cina ha innescato la valanga di errori che ci perseguita.«Allora ha la faccia come il bronzo». Nella prima versione della frase Roberto Giachetti si concentrava su una parte posteriore del corpo umano più che su una lega metallica, «ma se Speranza si è offeso la cambio così, mi pareva sdoganata». Delikatessen a sinistra, utili per comprendere qualcosa del ministro della Salute, primo motore immobile del contagio istituzionale che ha portato l'Italia ad essere considerata la malattia infettiva del pianeta. La lite era scoppiata quattro anni fa all'assemblea del Pd sulla riforma della legge elettorale. Roberto Speranza sosteneva di temere l'uomo solo al comando, Giachetti ribatteva: «Ma va, tu non vuoi che al comando ci sia Renzi. Hai la faccia come il culo». Quel giorno tutti presero le difese del mite dem in fondo a sinistra, simbolo d'una minoranza grama in odore di scissione, impreparato alle scenate da ballatoio e con il destino da portaborse di Pierluigi Bersani, già in declino di suo come smacchiatore di giaguari. I dirigenti del Nazareno non potevano immaginare che il bullizzato sarebbe diventato ministro, che si sarebbe dovuto occupare di una materia a lui ignota come la Sanità e che avrebbe guidato le truppe nazionali all'assalto di un virus imprevedibile e carogna. «Tutti ma non lui, che ha sempre l'espressione da emicrania e non sa mai se mangiarla al burro o al sugo», rivela un parlamentare renziano. Nato a Potenza 41 anni fa, laureato in Scienze politiche, fan di Emilio Colombo (lo statista lucano definito il sagrestanello per la sua profonda democristianità), organizzatore giovanile del Pd all'ombra di Walter Veltroni, uomo di estrazione umanistica, Speranza non è medico, ricercatore, operatore scientifico, infermiere, portantino, tecnico di laboratorio, rappresentante di medicinali, provetta, microscopio, vetrino. Nella libreria di casa è più facile trovargli Siddharta che Il dottor Semmelweis e l'unica peste di cui ha mai sentito parlare è quella di Albert Camus, tascabili Bompiani. È sposato con Rosangela Cossidente, operatrice nella cooperazione internazionale: i due si sono fidanzati giovanissimi, lui aveva 16 anni e lei 14. Hanno due figli, Emma Iris e Michele Simon (quest'ultimo nome in onore di Bolivar) e si sono sposati nel 2015 a Gerusalemme, la città prediletta. Il giorno del sì, prima dello strappo dentro il Pd, con loro ha brindato anche Renzi.Il nostro è un uomo d'apparato che fa politica da quando aveva 20 anni e che si è trovato a dover sostenere il ruolo di Doctor House per due coincidenze. La prima: nell'agosto scorso serviva un parlamentare di Leu per il governo giallorosso da mandare a firmare davanti al presidente Sergio Mattarella. La seconda: doveva occupare un ministero non strategico - esclusi Interno, Esteri, Economia, Giustizia, Istruzione, Affari regionali -, di quelli residuali che necessitano di cravatte passabili e di pazienza durante i convegni. Chi si ricorda più di Renato Balduzzi e Beatrice Lorenzin? E poi uno Speranza alla Sanità dev'essere suonato un buon viatico.Di scienza non ne sa niente, il fallimento parte da qui. Chi lo ha visto all'opera nei giorni scorsi ha notato la sua inconsistenza tecnica, l'incertezza che porta all'immobilismo e poi alla decisione precipitosa per rimediare, le frasi fumose e le mani tremanti, il rumore di fondo che stritola i pensieri e diventa panico. Il primo errore è quello che conta e Speranza lo ha commesso chiudendo i voli diretti (ma non quelli indiretti) dalla Cina quando tutto il mondo stava ancora aspettando dossier completi. «Stiamo trattando il coronavirus come se fosse peste o colera. Non c'è niente di cui preoccuparsi», disse il ministro già fuori squadra il 31 gennaio. Il gesto provocò la reazione di Pechino e a quel punto, più che occuparsi delle strategie per gestire il contagio, l'intero governo e il capo dello Stato si sono impegnati a rabbonire Xi Jinping e a inaugurare il ridicolo festival dell'involtino primavera.Il povero Speranza può solo aggrapparsi ai luoghi comuni. Lo fa dall'inizio dell'emergenza e anche ieri, sollecitato dalle fibrillazioni planetarie, si è limitato a dire: «Questa sfida si può vincere solo insieme, non dovremo mai dimenticarlo». Soprattutto non dovrebbe dimenticarlo il suo premier, Giuseppe Conte, che quattro giorni fa aveva messo alla berlina i medici italiani («in un ospedale non sono stati rispettati i protocolli») davanti al mondo. La seconda dichiarazione di giornata dà l'esatta misura del nulla cosmico: «Non è il momento dei localismi, di inutili egoismi e di protagonismi in particolare. Una leale e proficua collaborazione istituzionale è indispensabile per combattere il coronavirus nei prossimi mesi». Poi la frase finale, che potrebbe essere una summa teologica del pensiero del suo vate Colombo o del Massimo Catalano di Quelli della Notte: «Unità significa abbassare le bandierine di parte e privilegiare gli interessi generali. L'Italia è più forte del virus». Non potrebbe dire altro perché, nella sua vita pubblica, questo campione del governo dei Competenti non ha mai dato neppure del lei alla scienza. È stato assessore all'Urbanistica di Potenza, si è occupato di riformismo internazionale (nei suoi discorsi non manca di citare il labour di Tony Blair), ha combattuto battaglie dentro il Pd contro la rottamazione di Bersani e D'Alema dei quali resta un pupillo, ha partecipato all'uscita dal partito democratico che ha portato alla nascita di Mdp, poi è confluito in Leu. Potremmo far passare l'operazione per un tentativo di scissione dell'atomo, ma gli scienziati obietterebbero.Oltre al coronavirus, Speranza ha due nemici con lo stesso nome: Renzi e Salvini. Con il primo non ha niente in comune, se lo è ritrovato a capo del partito e se n'è andato. Quando l'ex sindaco di Firenze ha varato il Jobs Act, lui ha comprato una chiave inglese per smontarlo. Poi ha rilanciato l'Imu sulla prima casa, la lotta all'evasione e «l'ortodossia tributaria», concetto nebuloso che lo stesso Speranza definisce «basato su incerte basi scientifiche ma su robuste necessità e convenienze». Basi scientifiche sempre incerte, non avevamo dubbi. Quando Renzi sui migranti ha lanciato la campagna «aiutiamoli a casa loro», l'ex assessore di Potenza ha perso le staffe: «È uno slogan di destra. Se si fa a gara con Salvini a chi ha la ruspa più grossa... Renzi ha trasformato il Pd in un partito anni luce lontano dai valori di sinistra». Riformista senza la tentazione di una riforma, giovane cultore dell'immobilismo da Magna Grecia dei suoi maestri, Speranza ama lo status quo, profilo psicologico opposto a ciò che oggi servirebbe per combattere un'epidemia. Dicono sia permaloso; noi non possiamo confermarlo, forse Giuliano Pisapia sì. Quando l'ex sindaco di Milano lavorava a una delle tante aggregazioni molecolari a sinistra del Pd, commise l'errore di abbracciare Maria Elena Boschi a una festa de L'Unità. Speranza ci rimase male, intuì nel gesto lo sgretolamento del postmarxismo e Pisapia fu costretto a sottolineare: «Non c'è spazio per una politica con la testa rivolta all'indietro». Con Matteo Salvini il rapporto è molto semplice: cane e gatto. Durante la stagione dei porti chiusi, Speranza era idealmente (e qualche volta live) sulle banchine di Lampedusa, Catania, Siracusa, Pozzallo ad aspettare la Sea Watch, la Ocean Viking, la Diciotti, la Gregoretti e ogni natante che avesse a bordo un migrante. I giornalisti tentavano di dribblarlo perché sul tema è puntiglioso e fluviale. Altro cavallo di battaglia, la causa dei rom. Per non perdere in visibilità il confronto mediatico con Laura Boldrini, decise di denunciare l'ex ministro dell'Interno che voleva un censimento dei nomadi. Così nel giugno 2018 anticipò la nuova virata giustizialista contro i poteri dello Stato: «Le parole non bastano più, lo porto in tribunale per odio razziale». Oggi la situazione si è ribaltata ed è il balbettante ministro anti virus a dover temere i magistrati. Ieri l'avvocato Giampaolo Berni Ferretti, consigliere milanese di Fi, ha depositato un esposto in Procura contro di lui «sulle misure draconiane imposte a Milano, che per questo pagherà un prezzo salatissimo soprattutto nei settori turistico e fieristico». L'accusa riporta una dichiarazione di Walter Ricciardi, membro esecutivo dell'Oms (curiosamente neo consigliere del ministro), che dichiarò: «La decisione di chiudere i voli non ha base scientifica». Pignolo il professore, avendola presa Speranza era scontato.