
I candidati grillini, in imbarazzo per l'alleanza, si sfogano con Luigi Di Maio: «La gente ci chiama voltagabbana». Una consigliera di Terni si dimette. Anche i democratici sono ai ferri corti: il commissario di Nicola Zingaretti rischia. Si vota in Umbria, il 27 ottobre, ma i risultati peseranno a Roma. Il centrodestra farà, il 17 a Perugia, le prove generali della manifestazione di piazza San Giovanni di due giorni dopo. In corso Vannucci ci saranno gli stessi big previsti all'adunata capitolina: Matteo Salvini, Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni, uniti per sostenere Donatella Tesei. Se questo fronte è compatto, le cose vanno diversamente sull'altra sponda. Il civico Vincenzo Bianconi (sempre inseguito dal possibile conflitto d'interessi, qualora fosse eletto a capo della Regione, per via dei contributi che la sua famiglia ha ricevuto per la ricostruzione post sisma e per altri che ha già richiesto) si trova a dover mediare nelle liti intestine di Pd e M5s. I pentastellati in Umbria stanno vivendo una delle stagioni in assoluto più difficili. Già a corto di consensi - alle europee sono rimasti sotto il 15% - devono fronteggiare un montante dissenso interno, esploso questo weekend alla kermesse di Napoli per il decennale del Movimento. Luigi Di Maio si è trovato faccia a faccia con una delegazione umbra che gli ha posto - in sostanza - questo quesito: che dobbiamo fare col Pd? I candidati si lamentano, perché la gente li apostrofa come voltagabbana. Di Maio nel suo discorso napoletano ha chiosato: «Molti nostri candidati dell'Umbria mi hanno detto che non possono più parlare male del Pd. E io rispondo: puoi anche farlo, ma sei sicuro che serva ancora parlare male degli altri? Noi dobbiamo raccontare quale Italia vogliamo e se vinciamo in Umbria l'avremo liberata dai partiti». Si dà il caso che tra le cose che vuole fare ci sia anche «una seria legge sul conflitto d'interessi». Di Maio non deve essere stato avvertito che un conflitto d'interessi pende proprio sul suo candidato, Vincenzo Bianconi, il quale - se eletto - sarebbe sia controllore (in quanto governatore) sia controllato (in quanto percettore di contributi). La consigliera regionale pentastellata umbra Maria Grazia Carbonari (in lizza per un nuovo mandato) ha scosso la base elettorale: «Per sanare quel conflitto c'è solo una strada: un decreto ad personam». Forse è questa la legge a cui pensa Di Maio? È bastato questo sospetto per far sì che la Carbonari - è lei che ha innescato lo scandalo della sanità che ha travolto il Pd e la vecchia giunta regionale umbra - si lanciasse in un nuovo affondo contro i dem. Stavolta il bersaglio è la Ferrovia centrale umbra, che secondo la Carbonari è stata abbandonata per il malgoverno della Regione, incarnato da Fabio Paparelli - attuale facente funzione di presidente - ternano e quindi alle prese con la crisi gravissima del Pd nella sua città, ricandidato insieme con i consiglieri dem uscenti Donatella Porzi (presidente del consiglio regionale), Giacomo Leonelli e Marco Guasticchi. La Carbonari resta convinta che il M5s, sull'accordo col Pd, si giochi la faccia: i candidati hanno una gran voglia di chiarire che loro sono una cosa e i democratici un'altra e lei incarna questo dissenso rispetto alla linea tracciata dai vertici nazionali grillini. Alle posizioni e all'azione della Carbonari come «cane da guardia del Pd» si è riferita Patrizia Braghiroli, portavoce del M5s nonché militante della prima ora e consigliera municipale a Terni, la quale ha lasciato Movimento e gruppo con un'accusa precisa: «Esco dal M5s che è diventato un partito politico a tutti gli effetti. Prendono in giro sé stessi e gli elettori». Sul tema delle alleanze e del candidato, anche nel Pd continua una lotta durissima. Ieri Giorgio Raggi - ex capo della potentissima Coop centro Italia, che aveva espresso contrarietà a Bianconi - ha incalzato, dalle colonne del Corriere dell'Umbria, il commissario regionale del Pd umbro, Walter Verini, incaricato dal leader Nicola Zingaretti dopo l'arresto del segretario Gianpiero Bocci a seguito dello scandalo della sanità. Raggi ha rincarato: «Non c'è una sinistra, il problema non è cosa ho dietro io e che non vedo nulla davanti a me». A prendere le distanze dal suo predecessore è intervenuto l'attuale capo di Coop centro Italia - che continua ad avere una situazione di bilancio delicata - Antonio Bomarsi: «Raggi parla a titolo personale, noi stiamo con chi difende i valori della Costituzione». Per ora non si è sentita la voce della perugina Anna Ascani, viceministro al Miur, che però aveva già detto: «L'alleanza con il M5s non può diventare un automatismo». Questo resta un nervo scoperto. Walter Verini per blindarsi ha commissariato la federazione ternana ripescando il «trombato» Carlo Rossi, ma proprio da Terni è partita un'offensiva che mira a chiedere a Nicola Zingaretti la testa di Verini. Questi si difende affermando - anche in risposta alle durissime critiche di Raggi - che «la scelta di Bianconi, proprio perché ha avuto anche simpatie di centrodestra, è un nostro merito: segnala l'apertura che il Pd ha fatto». Un'apertura che non convince un altro big delle coop, Sandro Corsi, e che probabilmente le grandi escluse dalle elezioni Catiuscia Marini e Fernanda Cecchini - ex presidente ed ex assessore regionale, finora in rigoroso silenzio - sono pronte a far pagare a Verini anche prima della (probabile) sconfitta ai seggi.
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Incastrato nel ruolo del «bellone», Robert Redford si è progressivamente distaccato da Hollywood e dai suoi conformismi. Grazie al suo festival indipendente abbiamo Tarantino.
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Nella sua prima intervista, il Papa si conferma non etichettabile: parla di disuguaglianze e cita l’esempio di Musk, ma per rimarcare come la perdita del senso della vita porti all’idolatria del denaro. E chiarisce: il sinodo non deve diventare il parlamento del clero.