
Il Movimento sospetta l'intenzione del premier di rinviare a settembre il voto sul Fondo Salvastati con il favore di Forza Italia. Il partito di Silvio Berlusconi andrebbe a comporre la «maggioranza Ursula». Tra i pentastellati intanto le crepe si fanno più larghe.Il Mes come grimaldello per spaccare il M5s, scaricare i grillini duri e puri, sostituirli con una parte di Forza Italia e tirare a campare. Tra i parlamentari pentastellati non si parla d'altro, e a finire sotto accusa è il premier, Giuseppe Conte, del quale ormai si fidano in pochissimi, sia nel Pd che tra i grillini. La Verità ha avuto modo di raccogliere sfoghi e rivelazioni di autorevolissimi parlamentari del M5s, e il quadro che ne viene fuori è da fine dell'impero: l'unico alleato di Conte è il terrore di elezioni anticipate, altrimenti il premier con il ciuffo sarebbe già stato rispedito a casa. «Conte», rivela una delle fonti pentastellate, «sta cercando in tutti i modi di rinviare il voto in Parlamento sul Mes a settembre, perché teme che, se si votasse prima, la maggioranza andrebbe in pezzi, lui sarebbe costretto a dimettersi e a settembre si potrebbe votare anche per le politiche. Il premier è in balia degli eventi, non ha una strategia se non quella di spaccare il M5s a settembre sul Mes e di imbarcare una parte di Forza Italia come puntello della maggioranza, al posto di quei grillini che con coerenza voteranno no».Una operazione assai azzardata, quella di Conte: la sua idea è che, al momento del voto in Parlamento, una parte dei grillini, pur di restare aggrappati al potere, ingoierà anche il Mes e continuerà a sostenere il governo, mentre un'altra parte, coerente con quello che i pentastellati hanno sempre affermato relativamente al fondo ammazza-Stati, voterà contro. A quel punto, con Forza Italia che ha già annunciato il sì al Mes, andrebbe di fatto a comporsi la famosa «maggioranza Ursula», con Conte premier sostenuto da tutti i partiti italiani che hanno votato a favore della presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen (Pd, Forza Italia, M5s filogovernativi) più Italia viva e cespuglietti vari. «Conte», spiega alla Verità un'altra fonte autorevolissima del M5s, «ha perso ormai il contatto con la realtà, non si rende conto che il Pd ormai non tollera più i suoi giochetti comunicativi e che nel M5s ormai anche tra i ministri, c'è chi si lamenta della sua esasperata strategia propagandistica».A corroborare la tesi delle fonti grilline, arriva l'ex ministro Barbara Lezzi, senatrice M5s: «Siamo passati dai penultimatum di Renzi», scrive la Lezzi su Facebook, «a quelli di Zingaretti. Ogni settimana imbastisce un dibattito strumentale. Questa è la settimana del Mes. Quello che credo è che il segretario del Pd debba essere chiaro con gli italiani e dire se il ritorno di fiamma per Berlusconi è così irresistibile. Se così fosse, significherebbe che vuole in maggioranza Forza Italia concedendo qualche ministero. Magari», aggiunge la Lezzi, «uno di quelli che Gelmini e Bernini non smettono di pungolare ogni santo giorno.Il riferimento è alla lettera del segretario del Pd pubblicata l'altro ieri sul Corriere della sera: «Il Mes», ha scritto Zingaretti, «è stato criticato e combattuto da molti, ma ora è uno strumento finanziario totalmente diverso da quello del passato. Io non credo possiamo permetterci ancora di tergiversare».Qualche crepa nel muro del «no Mes» dei grillini inizia già a apparire: «Se vediamo dei soldi a portata di mano e a buon mercato», dice all'Adnkronos il sottosegretario all'Interno, Carlo Sibilia, «non siamo di certo stupidi a non volerli utilizzare. Ma c'è bisogno di avere la certezza che non siano una trappola, studiando con attenzione le clausole in entrata e in uscita. Se quelle vengono meno», aggiunge Sibilia, «allora non ha più senso chiamarlo Mes, è diventato altra cosa. A quel punto, come ogni famiglia ragionevole, li prenderemmo».Chiamare nome al Mes per renderlo potabile all'elettorato grillino: la Verità scrisse di questa genialata diverse settimane fa. Fratelli d'Italia e Lega vanno all'attacco: «Continua», scrive Giorgia Meloni su Facebook, «il surreale dibattito sul Mes. Con il governo frantumato e prossimo alla dipartita, la sinistra continua a sperticarsi per far sì che l'Italia contragga il debito con il fondo ammazza Stati. Ci sarà un motivo per cui nessuno Stato europeo ha chiesto il prestito al Mes? Sono tutti matti? La verità è che il Mes è una clamorosa trappola, le condizionalità ci sono eccome e il rischio di trovarci la Troika in casa è più che concreto. Non è più possibile assistere al dibattito mediatico tra esponenti della maggioranza che si contraddicono a vicenda», aggiunge la Meloni, «visto che il governo è ormai al capolinea il dibattito va spostato in parlamento». «È evidente», sottolinea Matteo Salvini, «che il Mes è una trappola. Spolpare la Grecia era un conto, spolpare la seconda potenza economica d'Europa è un'altra cosa, qua c'è l'acciaio. A qualcuno conviene che in Italia non ci sia più produzione di acciaio. Se da Bruxelles arrivano cose utili», argomenta Salvini, «dico viva l'Ue, ma se non è così non posso fare finta di nulla per piacere ai salotti buoni. Vediamo il Parlamento come voterà. Penso che la maggioranza sia a favore dell'interesse nazionale, quindi di conseguenza contro il Mes».
Scontri fra pro-Pal e Polizia a Torino. Nel riquadro, Walter Mazzetti (Ansa)
La tenuità del reato vale anche se la vittima è un uomo in divisa. La Corte sconfessa il principio della sua ex presidente Cartabia.
Ennesima umiliazione per le forze dell’ordine. Sarà contenta l’eurodeputata Ilaria Salis, la quale non perde mai occasione per difendere i violenti e condannare gli agenti. La mano dello Stato contro chi aggredisce poliziotti o carabinieri non è mai stata pesante, ma da oggi potrebbe diventare una piuma. A dare il colpo di grazia ai servitori dello Stato che ogni giorno vengono aggrediti da delinquenti o facinorosi è una sentenza fresca di stampa, destinata a far discutere.
Mohamed Shahin (Ansa). Nel riquadro, il vescovo di Pinerolo Derio Olivero (Imagoeconomica)
Per il Viminale, Mohamed Shahin è una persona radicalizzata che rappresenta una minaccia per lo Stato. Sulle stragi di Hamas disse: «Non è violenza». Monsignor Olivero lo difende: «Ha solo espresso un’opinione».
Per il Viminale è un pericoloso estremista. Per la sinistra e la Chiesa un simbolo da difendere. Dalla Cgil al Pd, da Avs al Movimento 5 stelle, dal vescovo di Pinerolo ai rappresentanti della Chiesa valdese, un’alleanza trasversale e influente è scesa in campo a sostegno di un imam che è in attesa di essere espulso per «ragioni di sicurezza dello Stato e prevenzione del terrorismo». Un personaggio a cui, già l’8 novembre 2023, le autorità negarono la cittadinanza italiana per «ragioni di sicurezza dello Stato». Addirittura un nutrito gruppo di antagonisti, anche in suo nome, ha dato l’assalto alla redazione della Stampa. Una saldatura tra mondi diversi che non promette niente di buono.
Nei riquadri, Letizia Martina prima e dopo il vaccino (IStock)
Letizia Martini, oggi ventiduenne, ha già sintomi in seguito alla prima dose, ma per fiducia nel sistema li sottovaluta. Con la seconda, la situazione precipita: a causa di una malattia neurologica certificata ora non cammina più.
«Io avevo 18 anni e stavo bene. Vivevo una vita normale. Mi allenavo. Ero in forma. Mi sono vaccinata ad agosto del 2021 e dieci giorni dopo la seconda dose ho iniziato a stare malissimo e da quel momento in poi sono peggiorata sempre di più. Adesso praticamente non riesco a fare più niente, riesco a stare in piedi a malapena qualche minuto e a fare qualche passo in casa, ma poi ho bisogno della sedia a rotelle, perché se mi sforzo mi vengono dolori lancinanti. Non riesco neppure ad asciugarmi i capelli perché le braccia non mi reggono…». Letizia Martini, di Rimini, oggi ha 22 anni e la vita rovinata a causa degli effetti collaterali neurologici del vaccino Pfizer. Già subito dopo la prima dose aveva avvertito i primi sintomi della malattia, che poi si è manifestata con violenza dopo la seconda puntura, tant’è che adesso Letizia è stata riconosciuta invalida all’80%.
Maria Rita Parsi critica la gestione del caso “famiglia nel bosco”: nessun pericolo reale per i bambini, scelta brusca e dannosa, sistema dei minori da ripensare profondamente.






