
Gli utili delle assicurazioni crescono del 34%. Ottime le performance anche al netto delle cessioni. Il dg Frederic de Courtois: «Abbiamo in cassa 4 miliardi per acquisizioni. Nessuna modifica alle quote della controllata».Generali chiude il primo semestre con un utile netto in aumento del 34,6% a 1,789 miliardi di euro, oltre le attese del consenso raccolto dal gruppo di 1,692 miliardi medi. L'utile netto normalizzato, che non comprende l'impatto delle plusvalenze derivanti dalle dismissioni (352 milioni per Generali Leben e il profitto di 128 milioni per la vendita delle attività belghe), è salito del 6,4% a 1,310 miliardi. Nonostante le nuove pressioni dovute all'andamento dei tassi, la compagnia assicurativa ha confermato gli obiettivi del prossimo triennio, che prevedono una crescita degli utili per azione tra il 6% e l'8%, un roe medio superiore all'11,5% e un obiettivo di pay-out ratio tra il 55% e il 65%.«Questi risultati evidenziano la capacità del gruppo di generare valore sostenibile, finanziario e industriale, per tutti i suoi stakeholder. Il primo semestre dell'anno conferma l'esecuzione efficace e disciplinata del piano strategico triennale in tutti i segmenti di business», commenta l'amministratore delegato Philippe Donnet. «Generali è oggi sempre di più un gruppo assicurativo e di asset management globale con un'eccellenza tecnica nel ramo vita e nel danni e una expertise distintiva nella gestione del risparmio, che ci consentono di affrontare con successo le sfide competitive del settore per diventare lifetime partner dei nostri clienti», aggiunge.Nel dettaglio, poi emerge che il risultato operativo ha segnato un +7,6% a 2,724 miliardi. Anche in questo caso si tratta di un importo superiore al consenso (2,652 miliardi), grazie al positivo sviluppo di tutti i segmenti di business (risultato operativo del segmento Vita a 1,6 miliardi, +4%, contro attese per 1,608 miliardi, e quello del Danni a 1,121 miliardi, +1,4%, in linea con il consenso).I miglioramenti nel vita e nel danni derivano soprattutto dalla profittabilità tecnica, confermata dal combined ratio al 91,8% (-0,2 punti percentuali), e dal new business margin al 4,40% (-0,18 punti percentuali).In particolare, il risultato operativo del segmento asset management si è attestato a 186 milioni, +17%, superando le previsioni degli analisti di 175 milioni. Questo andamento deriva principalmente dall'aumento dei ricavi operativi, pari a 360 milioni (+25%), anche grazie al consolidamento dei ricavi delle nuove boutique, oltre che per la crescita delle masse gestite e al consolidamento dei ricavi delle nuove boutique di asset management. Il risultato operativo del segmento holding e altre attività ha beneficiato del risultato di banca Generali e dei maggiori proventi dal private equity. Sul tema, infine, dell'istituto guidato da Gian Maria Mossa e sul fatto che faccia gola a molti player è intervenuto il direttore generale delle assicurazioni di Trieste. «Il gruppo non ha piani per modificare la propria quota in Banca Generali, oggi pari al 50,17% del capitale», spiega Frederic de Courtois. «Siamo molto contenti di avere banca Generali - ha detto, rispondendo a una domanda su una possibile cessione di quote, sul modello di quanto fatto da Unicredit con Fineco - la società darà un contributo sostanziale al gruppo, non abbiamo piani per cambiare l'azionariato della banca, né per comprare né per vendere». Mentre sul piatto delle acquisizioni ci sono altri 3 o 4 miliardi di euro. «Siamo molto contenti delle acquisizioni fatte in Portogallo, che sono totalmente allineate con la nostra strategia e che ci danno una posizione di leadership nel Paese», aggiunge Frédéric de Courtois, ricordando di avere una potenza di fuoco fino a 4 milairdi. «Ma lo facciamo soltanto se ci sono buone opportunità, quindi grande disciplina nella nostra strategia di M&A».
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
Parla Roberto Catalucci, il maestro di generazioni di atleti: «Jannik è un fenomeno che esula da logiche federali, Alcaraz è l’unico al suo livello. Il passaggio dall’estetica all’efficienza ha segnato la svolta per il movimento».
Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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