2024-02-21
Il green deal è un enorme conflitto d’interessi
Beppe Sala (Imagoeconomica)
Mister Expo può snobbare Iq Air, ma non Legambiente, che boccia l’aria di Milano. Ora parla di conflitti d’interessi, eppure non vede quelli dietro la transizione ecologica.Beppe Sala ha tutto il diritto di dubitare che Milano, la città di cui è sindaco da sette anni, sia una delle più inquinate del mondo, terza dopo Lahore (Pakistan) e Dacca (Bangladesh). Gli autori della ricerca da cui è scaturita la notizia non appartengono a un’istituzione pubblica, riconosciuta a livello mondiale, ma lavorano per un’azienda che produce purificatori d’aria. Per di più, lo studio non è fatto su tutte le città del pianeta, ma su un numero ridotto. E non meno trascurabile è il fatto che i criteri su cui sono analizzate le rilevazioni della qualità dell’aria sono parziali e non sempre sono note le modalità di registrazione. Sala dunque ha buon gioco a mettere in discussione le conclusioni e anche a lasciare intravedere il sospetto di un conflitto di interessi fra chi ha realizzato l’analisi e chi vende purificatori d’aria in un Paese molto vicino a Milano. Tuttavia, ciò che il sindaco del capoluogo lombardo non può fare è definire farlocche le altre ricerche in cui si dimostra che la capitale economica del Paese, se non è la metropoli più inquinata del mondo, è comunque in vetta alla classifica delle città italiane in cui si soffoca per troppo smog. Non lo dice una società che vende purificatori d’ambiente, lo mette nero su bianco Legambiente, che è una costola di quel partito dei Verdi a cui Sala qualche tempo fa annunciò di volersi iscrivere. E che cosa scrive l’associazione ambientalista che dovrebbe essere cara al sindaco? Che nel 2022 Milano è stata la seconda città italiana, dopo Torino, per sforamento delle soglie di Pm 10, quasi triplicando i parametri tollerati. Per quanto riguarda il Pm 2.5, altro pericoloso inquinante atmosferico, il capoluogo lombardo insidia il primato di Monza, doppiando di nuovo il valore di legge. Se si parla di biossido di azoto, Milano invece taglia il traguardo della città più inquinata, con quasi il doppio delle emissioni fissate dalla normativa introdotta di recente. Secondo Legambiente, visto il trend, per adeguarsi ai parametri una metropoli come la capitale economica d’Italia potrebbe impiegare 17 anni. Insomma, Sala non ha motivo di assolversi parlando dei conflitti d’interessi che si possono nascondere dietro alla ricerca che accusa Milano di essere al pari di Lahore e Dacca e addirittura più inquinata di Wuhan o di Shangai. Perché alla fine è vero: la città lombarda soffoca tra polveri sottili e biossido di azoto e i suoi cittadini si ammalano. Ma se riconoscesse questo, il sindaco rossoverde (la sua giunta è più rossa che verde, forse per questo lui si definisce in quota ecologista) dovrebbe anche ammettere il fallimento di tutte le politiche perseguite dalla sua amministrazione e da quella precedente di Giuliano Pisapia. Quest’ultimo impose l’area C promettendo una riduzione pari al 20 per cento delle emissioni inquinanti e del 35 per cento del traffico in centro. Né l’uno né l’altro obiettivo sono stati raggiunti e quando Sala ha imposto l’area B, per ridurre le vetture in ingresso nella città, ha bissato l’insuccesso.Nella sua personale guerra all’auto (riduzione delle corsie, introduzione di strade a 30 all’ora), come nemico pubblico numero uno della qualità dell’aria, il sindaco dovrebbe riconoscere di aver sbagliato tutto. Infatti, come dimostra ogni studio che non sia condizionato da conflitti d’interessi, il fulcro della questione inquinamento non sono le auto, ma gli impianti di riscaldamento, soprattutto quelli di grandi enti e grandi aziende, ma anche di tanti condomini. Sistemi vecchi e poco efficienti, che però per difficoltà nelle verifiche o semplicemente per calcolo e convenienza non si mettono fuori legge. Più facile impedire la circolazione dell’automobilista che all’età avanzata unisce una vettura di pari o quasi stagionalità. Sala, accusando chi fa ricerca di avere un conflitto d’interessi, poi dimentica che tutto il Green deal è un enorme conflitto d’interessi. Non gli sembra strano che il Paese che produce più vetture elettriche sia anche quello che insieme all’India inquina maggiormente? Pensa che Pechino stia fabbricando vetture a batteria perché vuole salvare il mondo? No, lo fa perché vuole conquistare, anzi direi colonizzare, l’industria automobilistica europea, non a caso la Volkswagen sta trasferendo la produzione di auto elettriche in Cina e quando queste avranno soppiantato quelle a motore termico, a Wolfsburg resterà forse il quartier generale del primo produttore del mondo, ma niente più. Non si domanda perché a Mirafiori produrranno vetture elettriche cinesi a basso costo? Perché il Green deal è una straordinaria opera di sostituzione produttiva. Manodopera europea, ad alto costo, in cambio di manodopera cinese o indiana a basso costo. È un incredibile trasferimento di ricchezza da un continente all’altro. Succede per l’auto e succede per le pale eoliche o i pannelli solari che sostituiranno le caldaiette a metano. Invece di arricchire un gruppo italiano o tedesco ne arricchiremo uno nel Far East, senza peraltro risolvere il problema dell’inquinamento, perché poi ci saranno da smaltire i pannelli e le batterie esauste, senza considerare i danni all’ambiente per l’estrazione delle terre rare necessarie a far funzionare tutto ciò che di elettronico ci serve per mantenere il sistema. Il Green deal in sostanza è una grande fregatura, dietro a cui si nascondono una miriade di conflitti d’interessi. Ma Sala questo non lo ammetterà mai, perché è un verde duro e puro. Con un cuore rosso e un portafogli nero. Per capirlo, bisogna guardare dentro.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.