
Tra le mosse del nuovo leader siriano, Abu Mohammad al-Jolani, c'è la distruzione dei magazzini di droghe sintetiche, ritrovate in uno dei laboratori del vecchio regime di Bashar al-Assad. E intanto cresce la paura tra i cristiani per attacchi a chiese e cimiteri.Lo scorso 25 dicembre le Forze di sicurezza delle nuove autorità siriane hanno sequestrato e dato alla fiamme un gigantesco quantitativo di droghe ritrovate in uno dei laboratori del vecchio regime di Bashar al-Assad. Tra le sostanze distrutte, oltre un milione di pastiglie di captagon, amfetamine prodotte massicciamente dopo la guerra civile per finanziare le casse dello Stato e quella della famiglia del dittatore, tanto che la Siria di Assad era diventata un vero e proprio narco-Stato. Come si vede nei video che circolano sul web e come descritto dall'agenzia France Press (presente sul luogo), le droghe sono state date alle fiamme nel cortile di un palazzo della sicurezza nel distretto di Kafar Soussé (Damasco), precedentemente isolato. Oltre al captagon sono stati distruttivi grandi quantitativi di altre droghe, tra cui cannabis e tramadolo, un oppioide sintetico antidolorifico. La comunità internazionale per valutare il riconoscimento delle nuove autorità siriane, richiede che HTS formi un governo inclusivo, rispettoso delle minoranze, e che si impegni attivamente nella lotta contro la produzione e il traffico di stupefacenti.A pochi giorni dalla caduta di Bashar al-Assad gli Stati Uniti sono pronti a rimuovere la taglia da dieci milioni di dollari che avevano messo sul leader siriano de facto, il jihadista Ahmed al-Sharaa, precedentemente noto con il suo nome di battaglia Abu Mohammad al-Jolani. Lo scaltro al-Sharaa grazie alla protezione turca è riuscito ad ingannare tutti e una volta tolte le sanzioni la Siria sarà uno Stato islamico a tutti gli effetti. Al-Sharaa è il capo del gruppo ribelle Hayat Tahrir Al-Sham (HTS), che ha guidato il rovesciamento del regime di Assad all'inizio di questo mese. La decisione di togliere la taglia sul capo jihadista segue gli incontri di venerdi scorso a Damasco tra diplomatici statunitensi e HTS in cui Al-Sharaa «si è impegnato a garantire che i gruppi terroristici in Siria non rappresentino una minaccia per gli Stati Uniti e i suoi alleati» ha affermato Barbara Leaf, assistente del Segretario di Stato per gli Affari del Vicino Oriente. La visita della delegazione statunitense di alto livello nella capitale siriana è stata il primo viaggio dalla caduta del regime. Barbara Leaf alla guida della delegazione, ha descritto gli incontri con il governo ad interim come «abbastanza buoni, molto produttivi e dettagliati, coprendo un'ampia gamma di questioni sia interne che esterne». Leaf ha detto che al-Sharaa «è apparso pragmatico». Poi ha aggiunto: «Sentiamo questo da un po' di tempo, alcune dichiarazioni molto pragmatiche e moderate su vari argomenti, dai diritti delle donne alla protezione, sapete, dei diritti uguali per tutte le comunità e altro. Di nuovo, è stato un buon primo incontro. Giudicheremo dai fatti, non solo dalle parole. I fatti sono la cosa fondamentale» I diplomatici statunitensi hanno anche sottolineato la continua attenzione dell'amministrazione Biden nel determinare il destino degli americani detenuti o scomparsi in Siria, tra cui Austin Tice e Majd Kamalmaz. Roger Carstens, l'inviato presidenziale speciale per gli affari degli ostaggi, che si è recato a Damasco nel 2020 per negoziati segreti su Tice durante la prima amministrazione Trump, faceva anche parte della delegazione. Carstens ha affermato che le informazioni disponibili finora non confermano se Tice, un giornalista americano rapito in Siria 12 anni fa, sia ancora in vita. «Quello che posso dirvi è questo, il presidente degli Stati Uniti ha detto di recente che crede che Austin Tice sia vivo, ed è nostro dovere continuare a premere e spingere per vedere se possiamo trovare tutte le informazioni possibili, per avere un'idea, con certezza, tra l'altro, di cosa gli è successo, dove si trova e riportarlo a casa», ha detto Carstens ai giornalisti dopo gli incontri. Daniel Rubinstein, consigliere senior dell'ufficio per il Medio Oriente del Dipartimento di Stato, che da Washington guiderà l'impegno diplomatico del dipartimento sulla Siria, ha affermato che gli Stati Uniti sperano di avere missioni diplomatiche più regolari a Damasco: «Ovviamente dobbiamo esaminare le condizioni operative, siamo riusciti a fare una visita di successo oggi e cercheremo di farla con prudenza e con la frequenza più pratica che sarà possibile». La visita della delegazione statunitense segue i viaggi compiuti a Damasco dai diplomatici di Francia, Regno Unito e Germania, mentre al-Sharaa chiede la revoca delle sanzioni internazionali contro Hay'at Tahrir al-Sham (HTS), che gli Stati Uniti hanno definito un gruppo terroristico. Anche l’Italia lo scorso 24 dicembre ha inviato una delegazione diplomatica a Damasco: «Uno degli obiettivi della nostra azione diplomatica nella regione è la protezione dei civili e dei cittadini cristiani, così come di tutte le minoranze e alla nuova Siria l’Italia offrirà tutto il sostegno possibile», ha indicato il ministro degli Esteri Antonio Tajani. Le attuali sanzioni statunitensi, tra cui la designazione di organizzazione terroristica, non impediscono al governo di incontrare o parlare con HTS, ma limitano la fornitura di supporto materiale, creando complicazioni per i gruppi di aiuti umanitari che lavorano per assistere sia i rifugiati che tornano in massa in Siria sia quelli che ne sono rimasti sfollati nell'ultimo decennio. Le paure dei cristianiSecondo quanto riportato dalla Nbc News, l'amministrazione Biden sta valutando la possibilità di rimuovere HTS dalla sua lista di organizzazioni terroristiche. Tuttavia, ha stilato un elenco di condizioni che il gruppo deve soddisfare prima che gli Stati Uniti riconoscano formalmente il governo siriano. «La nostra opinione è che quando un governo nascerà da questa transizione, dovrà essere inclusivo, dovrà proteggere i diritti di tutti i siriani, comprese le donne e le minoranze, come tutti i governi, dovrà preservare le istituzioni statali essenziali e fornire servizi essenziali», ha affermato il vice portavoce del Dipartimento di Stato Vedant Patel che poi ha aggiunto: «E forse la cosa più importante è che vogliamo vedere una Siria che non rappresenti una minaccia per i suoi vicini o per le regioni o che non sia un luogo che fungerà da base per il terrorismo o che si alleerà con gruppi come l'Isis». Ipotesi questa alquanto improbabile. Il rispetto delle minoranze religiose è certamente uno dei temi più delicati e le premesse non sono certo incoraggianti come si è visto lo scorso 24 dicembre con migliaia di manifestanti che sono scesi in piazza nelle zone cristiane di Damasco e in altre città del Paese per protestare contro l'incendio di un albero di Natale vicino ad Hama, nella Siria centrale. «Chiediamo i diritti dei cristiani», hanno cantato mentre marciavano attraverso la capitale siriana verso la sede del Patriarcato ortodosso nel quartiere di Bab Sharqi. L'incendio dell'albero di Natale è stato uno dei numerosi episodi che hanno preso di mira i cristiani dopo la caduta del regime. Lo scorso 18 dicembre uomini armati non identificati hanno aperto il fuoco contro una chiesa greco-ortodossa nella città di Hama, entrando nel complesso e tentando di distruggere una croce e di frantumare le lapidi di un cimitero, ha reso noto la chiesa in una nota. Hama è una delle province della Siria con la maggiore diversità religiosa: ospita sunniti, sciiti, cristiani e alawiti. Il 24 dicembre per la prima volta da quando è stato rovesciato il regime di Bashar al-Assad i cristiani siriani hanno partecipato alle funzioni della vigilia di Natale, in un sorta di primo test delle promesse dei nuovi governanti islamisti di proteggere i diritti delle minoranze religiose del Paese. Come scrive The Arab News, «la funzione si è svolta sotto strette misure di sicurezza a causa del timore di violenza contro i luoghi cristiani; intorno alla chiesa erano infatti parcheggiati diversi pick-up appartenenti al gruppo islamista HTS, ora al potere».Il capolavoro di Ahmed Al-SharaaNon c’è dubbio che Ahmed al-Sharaa abbia fin qui compiuto un vero capolavoro nel trasformarsi in poche settimane da spietato tagliagole con un passato in al-Qaeda, nell’Isis in uno statista che tutti ora vogliono incontrare. Secondo alcuni analisti, un buona parte dei leader senior di HTS e i combattenti più esperti del gruppo, inclusi i veterani estremisti provenienti dall'Asia centrale, continuano a aderire a un'ideologia jihadista radicale. Alcuni commentatori sostengono che qualsiasi apparente moderazione recentemente adottata rappresenta solo un'operazione di facciata, volta a mascherare ambizioni radicali a lungo termine, sia a livello locale che globale. Di conseguenza, avvertono che né l'Occidente né le potenze regionali devono abbassare la guardia e non credere alle promesse dell’uomo che dopo aver ingannato al-Qaeda prima e lo Stato islamico poi si è preso la Siria.
Leone XIV (Ansa)
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Dopo il doppio disastro nella corsa alle rinnovabili e lo stop al gas russo, la Commissione avvia consultazioni sulle regole per garantire l’approvvigionamento. È una mossa tardiva che non contempla nessuna autocritica.