2020-06-14
Il grande assente è il ceto medio
Incontri come quello a Villa Pamphili sono stati inventati dai re per ascoltare nobili, clero e terzo stato. Oggi, però, manca proprio la borghesia strozzata dalla crisi.Tanto per chiarire. Gli Stati generali nacquero per opera di Filippo il Bello, re di Francia, nel lontano 1302, per ascoltare i rappresentanti della società (allora erano i nobili, il clero e il terzo stato), in occasione di decisioni importanti che avrebbero riguardato la loro vita. Oggi, gli Stati generali, in Italia, con Giuseppe Conte, sono più che generali gli Stati caporali, dove, invece di ascoltare la società, i cittadini, le imprese, le loro esigenze i loro bisogni, cioè i destinatari delle decisioni del governo, si comincia con un bella sfilata di chi, in Europa, e non solo, dovrebbe decidere. Una volta si ascoltava chi era interessato alle decisioni da prendere, prima di prenderle, oggi Conte ascolta chi dovrebbe decidere. Se il pesce puzza dalla testa, come inizio non è male. Partire dalla cosiddetta Troika, che tanti danni ha già fatto (basti pensare alla Grecia), è il peggior inizio che ci si poteva aspettare. Neanche a pensarci bene sarebbe stato facile fare qualcosa che tradisce in modo più evidente lo spirito dei veri Stati generali.Il professor Conte, l'avvocato degli italiani, comincia ascoltando i giudici piuttosto che coloro che dovrebbe difendere. Che bellezza. Con tutto il rispetto per la signora Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, la signora Christine Lagarde, presidente della Banca centrale europea, nonché la signora Kristalina Georgieva, direttore del Fondo monetario internazionale, non si capisce, come direbbe l'avvocato Conte, la ratio, il motivo, la logica, la ragione, per la quale si sia scelto di partire da queste tre rispettabilissime e influenti -chi più, chi meno - signore. Certo, le quote rosa sono rispettate, tre donne su tre, il 100%, ma francamente pare un po' poco. Che contributo possono dare a un progetto di ripartenza dell'Italia? E, prima ancora del progetto dell'Italia, che contributo possono dare alla velocizzazione degli interventi a favore dell'economia? Ad esempio, quel 70% di cassa integrazione che è stata anticipata dagli imprenditori che non sanno quando la rivedranno. Ci sono tante questioni in Italia che richiedono decreti e anche urgenti. Snellimento delle procedure per attuarli, rimozione di coloro che non si sono di mostrati all'altezza, dalle parti dell'Inps, ad esempio. Di che parlerà Conte con le tre signore, una tedesca, una francese e l'altra bulgara? Ve lo diciamo noi, perché è già successo, saranno loro a chiedere a Conte le riforme che l'Italia deve fare per meritarsi i soldi europei. Detteranno l'agenda - come si dice - all'avvocato del popolo. Sembra quasi un attacco preventivo, solo che in questo caso è provocato da chi dovrebbe essere attaccato, cioè da Conte stesso. Cosa non si farebbe per mantenere la poltrona! Povero Filippo il Bello: si rivolterà nella tomba, a vedere che fine hanno fatto gli Stati generali che aveva inventato.Di terzo stato (fatto dalle classi popolari e borghesi), in questi Stati generali neanche l'ombra. Solo caporali, Stati caporali per eccellenza. Tante volte gli Stati generali veri, quelli del re, non quelli del Conte, furono radunati in occasione dell'ipotesi di introdurre nuove imposte, gabelle, tasse. E qualche volta furono bocciate. Oggi ci sono i Parlamenti. Anche in Italia e c'è un organo che è scritto nella Costituzione all'art 99 - si chiama Cnel (Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, nel 2017 è costato circa 8 milioni) -ed è presieduto dal prof Tiziano Treu, già autore di una buona riforma del mercato del lavoro. Lo sanno dalle parti di Palazzo Chigi? Non lo ritengono utile, adatto, efficace? Lo riformino. Convochino lì tutti i rappresentati del terzo stato che oggi sono in estreme difficoltà, oggi si chiama ceto medio e ceto medio basso. Eppure i padri costituenti lo pensarono proprio come organo di consulenza per il Parlamento e il governo in materia economica e del lavoro.Macché, neanche a pensarci. Passerelle, ottime per rilanciare la moda, non per rilanciare l'Italia.
Thierry Sabine (primo da sinistra) e la Yamaha Ténéré alla Dakar 1985. La sua moto sarà tra quelle esposte a Eicma 2025 (Getty Images)
La Dakar sbarca a Milano. L’edizione numero 82 dell’esposizione internazionale delle due ruote, in programma dal 6 al 9 novembre a Fiera Milano Rho, ospiterà la mostra «Desert Queens», un percorso espositivo interamente dedicato alle moto e alle persone che hanno scritto la storia della leggendaria competizione rallystica.
La mostra «Desert Queens» sarà un tributo agli oltre quarant’anni di storia della Dakar, che gli organizzatori racconteranno attraverso l’esposizione di più di trenta moto, ma anche con memorabilia, foto e video. Ospitato nell’area esterna MotoLive di Eicma, il progetto non si limiterà all’esposizione dei veicoli più iconici, ma offrirà al pubblico anche esperienze interattive, come l’incontro diretto con i piloti e gli approfondimenti divulgativi su navigazione, sicurezza e l’evoluzione dell’equipaggiamento tecnico.
«Dopo il successo della mostra celebrativa organizzata l’anno scorso per il 110° anniversario del nostro evento espositivo – ha dichiarato Paolo Magri, ad di Eicma – abbiamo deciso di rendere ricorrente la realizzazione di un contenuto tematico attrattivo. E questo fa parte di una prospettiva strategica che configura il pieno passaggio di Eicma da fiera a evento espositivo ricco anche di iniziative speciali e contenuti extra. La scelta è caduta in modo naturale sulla Dakar, una gara unica al mondo che fa battere ancora forte il cuore degli appassionati. Grazie alla preziosa collaborazione con Aso (Amaury Sport Organisation organizzatore della Dakar e partner ufficiale dell’iniziativa, ndr.) la mostra «Desert Queens» assume un valore ancora più importante e sono certo che sarà una proposta molto apprezzata dal nostro pubblico, oltre a costituire un’ulteriore occasione di visibilità e comunicazione per l’industria motociclistica».
«Eicma - spiega David Castera, direttore della Dakar - non è solo una fiera ma anche un palcoscenico leggendario, un moderno campo base dove si riuniscono coloro che vivono il motociclismo come un'avventura. Qui, la storia della Dakar prende davvero vita: dalle prime tracce lasciate sulla sabbia dai pionieri agli incredibili risultati di oggi. È una vetrina di passioni, un luogo dove questa storia risuona, ma anche un punto d'incontro dove è possibile dialogare con una comunità di appassionati che vivono la Dakar come un viaggio epico. È con questo spirito che abbiamo scelto di sostenere il progetto «Desert Queens» e di contribuire pienamente alla narrazione della mostra. Partecipiamo condividendo immagini, ricordi ricchi di emozioni e persino oggetti iconici, tra cui la moto di Thierry Sabine, l'uomo che ha osato lanciare la Parigi-Dakar non solo come una gara, ma come un'avventura umana alla scala del deserto».
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