2019-08-04
Il governo dice sì alla Difesa italofrancese
Compromesso tra Palazzo Chigi e Fincantieri. Il cdm autorizza l'intesa con Naval group con una serie di raccomandazioni blande. Si chiede una verifica biennale e la tutela della tecnologia tricolore. Ma nessuna imposizione a favore di Leonardo.L'accordo tra Naval group e Fincantieri, targato Giuseppe Bono, diventa effettivo. Ha ricevuto, durante il Consiglio dei ministri dello scorso 31 luglio, la luce verde con una serie di raccomandazioni. La Verità ha anticipato il tema e lanciato una serie di alert sul pericolo di ricadute negative per il settore dell'elettronica della difesa e quindi, di rimando, per le attività di Leonardo. Il numero uno di Fincantieri ha, a sua volta, preso posizione, ribadendo fortemente la scelta di portare avanti l'accordo con i «cugini» d'Oltralpe. Non solo. Sulle colonne del nostro giornale ha tenuto a precisare che per l'Italia le opportunità di ingresso nella Difesa comune europea si misurano e si misureranno solo nel settore navale. Su un altro quotidiano ha addirittura alzato la posta: «O il governo approva l'accordo clean (senza prescrizioni, ndr) o mi dimetto», sottolineando la necessità di avere pieno consenso e di gestire al 100% la pratica italo francese. Il manager di Stato ha avviato un braccio di ferro con il governo, o almeno con una parte di esso, che - alla luce della delibera del 31 luglio - si è concluso con un compromesso. Fincantieri si è vista certificare l'accordo. Infatti il premier, Giuseppe Conte, non ha esercitato i poteri speciali previsti dalla legge sul golden power. Al tempo stesso, l'autorizzazione non è del tutto clean, come aveva chiesto Bono. Da parte della presidenza del Consiglio si è optato per la strada della raccomandazione. Un tecnicismo che può essere tradotto così: nessuna imposizione di scelte societarie, ma solo un input politico complessivo che mira a far percorrere alcuni sentieri di tutela del know how italiano. Di solito, però, i governi impongono e non suggeriscono. Di conseguenza, di là dalla forma, si può dire che nella sostanza ha vinto il manager di Fincantieri. O, meglio, utilizzando le sue parole, ha vinto il percorso che ci avvicina alla Difesa comune europea. Tant'è che nel documento partorito dal cdm non si fa cenno alla rotazione dei vertici del management (se l'Italia voleva qualcosa di veramente paritetico avrebbe potuto prevedere una rotazione triennale al comando della joint venture) e non si scorgono passaggi relativi al ruolo di Orizzonte sistemi navali, la società partecipata da Fincantieri e Leonardo che si occupa di sistemi navali e combact system management. La presidenza del Consiglio si è così limitata a chiedere a Bono un rapporto biennale sullo stato di avanzamento del progetto e sulla ripartizione qualitativa e quantitativa dei carichi di lavoro tra le due società e i rispettivi fornitori, Thales e Leonardo. Uno dei passaggi bollenti dell'accordo sta appunto nella valutazione dei contratti con i fornitori. La partnership tra Thales e Naval group è di natura societaria e dunque più profonda rispetto ai patti tra Fincantieri e Leonardo connaturati dentro Osn. In sostanza, il governo non pare aver obiettato nulla sulla sostanziale asimmetria del progetto. Da una parte c'è Naval group, leader nei sistemi d'arma, e dall'altra c'è Fincantieri leader negli scafi. Le due società sono così complementari che viene da chiedersi quale sarà il ruolo della società guidata da Alessandro Profumo. A meno che l'idea di avviare una progressiva fusione (smentita da Conte) non sia veramente sul tavolo. Leonardo e Fincantieri diventerebbero un solo colosso. Inutile dirlo, con un solo manager al comando. A quel punto anche le asimmetrie verso Naval group si ricomporrebbero. Vedremo nel breve come procederà la strategia di Bono e se il manager porterà a casa anche l'accordo con i cantieri civili di Stx. Al momento l'antitrust francese sta bloccando gli accordi rinegoziati tra l'ex premier Paolo Gentiloni ed Emmanuel Macron che fornirebbero all'azienda della cantieristica tricolore la seconda gamba del progetto di integrazione con i francesi. Sul fronte romano e quindi delle tempistiche di marcia della joint venture, va sottolineato che le raccomandazioni prevedono che il trasferimento della tecnologia sia sottoposto al parere del ministero della Difesa. Una opzione che faciliterà Fincantieri. Al contrario non è menzionato il ministero degli Esteri che in base alla legge 185 sull'export ha di solito voce in capitolo su ogni bullone o idea militare che mette piede fuori dal confine nazionale.
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