2019-03-17
Il fine vita, il fisco e la maternità. Le battaglie concrete per il Forum
Al di là delle dichiarazioni di principio, ecco i provvedimenti cruciali per l'agenda politica del Congresso scaligero. Sulla quale Curia e vescovi dovranno decidere se rinunciare ad avere sponde in Parlamento.Si è conclusa a San Francisco la kermesse di potentissime donne «non conformi» ai vertici dei colossi hi tech.Lo speciale contiene due articoli«Non possumus». Sussurrata al bar o in qualche ufficio diocesano, la formula usata da Pio VII per negare i territori dello Stato pontificio a Napoleone oggi ha un effetto più soffice, ma il senso non cambia. Se ufficialmente la Chiesa italiana non ha nulla da ridire nei confronti del Congresso mondiale delle famiglie in programma a Verona a fine marzo, nel linguaggio da sacrestia preferito dai vertici si sostiene che un'adesione formale creerebbe imbarazzo. Soprattutto dopo che Matteo Salvini - considerato dall'entourage di Papa Francesco e quindi dalla Cei allo stesso livello di un angelo nero - ha annunciato la sua presenza sul palco.Per la Chiesa delle porpore quel summit è un impiccio non da poco. Nel Palazzo della Gran Guardia (già tutto esaurito) dal 29 al 31 ci saranno il popolo di Dio, i valori del Vangelo e del Catechismo, i principi non negoziabili (quelli che secondo Monica Cirinnà ammorbano la vita) e idealmente un buon numero di sacerdoti che ogni giorno nelle parrocchie affrontano i problemi reali dei fedeli. Ma da quelle conferenze e da quei workshop si terranno alla larga gli intellettuali arcobaleno che dettano la linea, stile padre Antonio Spadaro; i vescovi concentrati solo sull'accoglienza diffusa dei migranti; quel mondo economicamente potente della cooperazione che oggi rappresenta il portafoglio di numerose opere di bene. La spaccatura è destinata a diventare più netta dopo l'endorsement del presidente del Family Day, Massimo Gandolfini (che non ha ruoli organizzativi al summit) per Giorgia Meloni: «Fratelli d'Italia sta portando avanti una politica a vantaggio della famiglia, per questo alle prossime elezioni europee sosterremo i suoi candidati».Al di là di schieramenti e sensibilità, è importante comprendere se la freddezza della Chiesa sia politicamente vincente e se quel «non possumus» pronunciato in penombra porterà dividendi. La domanda a margine del congresso è elementare: nei fatti il governo 5 stelle -Lega si sta muovendo dentro binari interessanti per i cattolici italiani? La risposta non può che essere positiva. Almeno su quattro punti, la concomitanza d'intenti va ben oltre gli eccessi comunicativi del linguaggio salviniano.Occhio alla consultaPrimo punto, il fine vita. La Corte Costituzionale ha emesso una sentenza che costringe il Parlamento a legiferare sul tema entro la fine del 2019, e sapere che c'è una potenziale maggioranza non favorevole all'eutanasia tout court può essere confortante. La Consulta ha parlato chiaro, l'indirizzo è granitico quando «l'assistenza di terzi nel porre fine alla sua vita, può presentarsi al malato come l'unica via d'uscita per sottrarsi - nel rispetto del proprio concetto di dignità della persona - a un mantenimento artificiale in vita non più voluto e che egli ha il diritto di rifiutare». Poiché definire il perimetro di «suicidio come unica via d'uscita» e di «concetto di dignità della persona» non è materia giudiziaria, ci si attende una battaglia politica importante. E per la Chiesa, non avere come interlocutore primario la sinistra radicale del «vietato vietare» ma una componente cattolica sensibile ai temi del fine vita potrebbe essere rassicurante.Secondo punto, la famiglia. Nella discussa legge di bilancio sono passati interventi per 1,3 miliardi su Famiglia e Disabilità. È il punto d'orgoglio del ministro Lorenzo Fontana, criticato dai globalisti d'assalto perché difende il presepe e demonizzato dalle lobby gay perché è favorevole a un passeggino spinto da una mamma e da un papà. Per coloro che arrivano dalla strada della parrocchia, simili difetti dovrebbero costituire medaglie da lucidare, baluardi da difendere. E sapere che anche il Reddito di cittadinanza fortemente voluto dai grillini ha portato in dote alle famiglie più povere e con disabili a carico altri 1,6 miliardi dovrebbe indurre i vescovi a curarsi le loro gastriti ideologiche e a far suonare le campane.Terzo punto, il contratto. Nell'accordo di governo ci sono due isole ancora inesplorate: la Flat tax per le persone fisiche e la legge Donna, che vorrebbe racchiudere provvedimenti a favore delle madri e delle lavoratrici. Due temi di grande impatto sulle priorità del mondo cattolico, almeno di quei cattolici culturalmente pronti ad andare oltre i fantasmi del decreto Sicurezza e i 35 euro per i migranti ridotti a 20. Nella Flat tax sono allo studio defiscalizzazioni per i nuclei famigliari numerosi ed esiste in generale un'attenzione alle situazioni di disagio sociale delle quali solitamente le diocesi si fanno carico. La legge Donna dovrebbe invece contenere agevolazioni per le madri lavoratrici e provvedimenti indirizzati a riaccendere la fiammella della maternità per andare oltre il decremento delle nascite.Diavolo o acqua santa?Quarto punto, le indulgenze. Chiamiamole così per facilità di comprensione all'ombra dei campanili. Ma due disattenzioni palesi fanno capire che il governo dei demoni in realtà è quello che mostra maggiore sensibilità nei confronti della Chiesa. Pur rischiando un bagno di voti (che paradossalmente farebbe stappare champagne alla Conferenza dei vescovi) Luigi Di Maio e Matteo Salvini non stanno dando seguito alle sentenze europee che imporrebbero all'esecutivo di concretizzare il recupero miliardario dell'Imu sugli immobili ecclesiastici con fini commerciali. Traccheggiano, tirano in lungo, mentre un governo fortemente laicista avrebbe già aperto le fauci.Analoga sensibilità (chiamiamola così) viene mostrata nel non aderire all'invito dell'Onu di varare una legge per rendere obbligatoria la denuncia dei preti pedofili da parte delle diocesi, pena l'incriminazione per favoreggiamento. Con un simile provvedimento in vigore, peraltro popolarissimo, qualche arcivescovo rischierebbe il processo. Non sempre i «non possumus» denotano saggezza. E saper distinguere i buoni dai cattivi al di là della propaganda è sempre stato un tratto vincente della Chiesa nei secoli. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/il-fine-vita-il-fisco-e-la-maternita-le-battaglie-concrete-per-il-forum-2631870382.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="il-raduno-tecnolesbo-vietato-a-etero-e-maschi" data-post-id="2631870382" data-published-at="1757744806" data-use-pagination="False"> Il raduno tecnolesbo vietato a etero e maschi Nessun diritto di parola per i maschi e le reazionarie rimaste al sesso biologico. «The lesbians who tech + allies», il più grande evento professionale Lgbt al mondo nel settore tecnologico e spaziale che si è concluso a San Francisco, ammetteva come relatori solo donne (per l'80% queer), di colore (per il 50%), un 25% di latinx (alternativa non binaria dei latinoamericani, come se esistesse il sesso neutro), 15% di transgender e «sesso non conformi». Tutti gli altri? A casa, a mordersi le mani per non aver potuto partecipare al summit dei cervelli fini, però solo quelli non convenzionali, non binari, gender fluid, queer. Né eterosessuali, né completamente gay, e neppure bisessuali. Roba da rinunciare in partenza, considerate le premesse. L'evento, giunto alla sua sesta edizione, ha visto riunite in California le eccellenze femminili che hanno conquistato posizioni di potere in aziende tecnologiche, ma che non si riconoscono donne. Sono professioniste super pagate, le relatrici al summit nella vita occupano incarichi spettacolari, però non chiamatele femmine. È l'insulto peggiore per Andra Key, fondatrice e amministratore delegato di Silicon Valley robotics, con oltre 600 startup di robotica (capelli bianchi cortissimi, ciuffo rosso, sguardo gelido), o per Adi Barreto, latinx, non binaria, responsabile commerciale del colosso informatico Textio. anche in «bofa» E chissà come reagirebbe Leslie Henry, vicepresidente di Bank of America, esperta in sicurezza, sposata con Jennifer, se le ricordassimo il suo sesso biologico. O l'ingegnere del software di Adobe, Rosalie Stevenson, gender queer. Il Castro Theatre, punto di riferimento Lgbt di San Francisco e luogo prescelto per l'incontro supertecnologico (che tra gli sponsor aveva anche la Cia, l'agenzia statunitense di intelligence), è stata una passerella di pezzi grossi di società. Da Amazon a Tesla, da Google ad At&t, da Microsoft a Obama foundation. Circa 150 tra amministratrici delegate, manager, vice presidenti, tutte donne di genere fluido che hanno conquistato posti chiave e discutono su come possono ottenere maggiore potere. Vogliono «cambiare il volto dell'intera industria tecnologica». la convention Nei quattro giorni della convention hanno dissertato, condiviso programmi audaci e per nulla comprensibili se non mastichi algoritmi a tutte le ore del giorno. Infarciti di proclami gender e di orgoglio Lgbt. «Quando parliamo di reclutamento della diversità e di ambienti di lavoro inclusivi, stiamo parlando di giustizia sociale», ha dichiarato Annie Werner, esperta di selezione del personale per Microsoft. Debra Cleaver, fondatore e amministratore di Vote.org, organizzazione che mira a utilizzare la tecnologia per rimuovere gli ostacoli al voto e aumentare l'affluenza alle urne, riferendosi al presidente Donald Trump ha esordito affermando: «Gli uomini bianchi etero hanno sempre goduto di privilegi e questo ha permesso alle mediocrità di raggiungere posizioni prestigiose». L'esperta in nuove frontiere dell'intelligenza artificiale, Andra Key, ha focalizzato il suo intervento su quanto sia «difficile fare prodotti personalizzati, manca la diversità perché basiamo le decisioni di progettazione dei robot più moderni sull'uomo di riferimento: un maschio caucasico, giovane, in forma, bianco». l'esercito delle 40.000 L'associazione «The lesbians who tech + allies» è presente in 40 Paesi al mondo, afferma di riunire 40.000 donne non binarie, queer, di colore. Organizza e finanzia borse di studio per donne Lgbt che si vogliono specializzare in alta tecnologia come ingegneri o sviluppatori di software grazie al fondo Edie Windsor, sostenitrice del matrimonio tra persone dello stesso sesso, morta due anni fa. L'attivista, «mago della matematica e dei computer» come la definì il New York Times, era arrivata ai vertici dell'Ibm ed è acclamato «modello delle donne transessuali». Se si vuole lavorare per The lesbians è possibile, ma devi specificare se sei queer, donna, lesbica, di colore, transgender, afroamericana, latinx. Bisessuali gay friendly sono ammessi solo se hanno lavorato con «diversi» ed emarginati. Altrimenti finiscono loro discriminati nelle graduatorie. Il lamento più diffuso durante il summit? Solo il 32% della Silicon Valley è composto da donne: «Bisogna incrementarne la presenza nei settori tech e allargare la componente Lgbt», è stato ribadito a più voci. «Immagina come sarebbe l'industria della tecnologia se ogni startup avesse uno sviluppatore transessuale, se le app fossero realizzate da donne e donne Lgbt», scrivono sul loro sito. Curiosamente, tra i finanziatori del summit c'era anche Oracle, il colosso della Silicon Valley finito sotto accusa un paio di mesi fa per discriminazione contro le donne e le minoranze afroamericana e ispanica.
Charlie Kirk (Getty Images). Nel riquadro Tyler Robinson
Attività all'aria aperta in Val di Fassa (Gaia Panozzo)