2019-02-03
Il Diavolo compra un’anima, Juve e Napoli stressate. L’Inter paga anni di bidoni
Paquetà-Piatek lanciano il Milan. Carlo Ancelotti riparte ma gli resta solo l'Europa League. Massimiliano Allegri perde i difensori e Luciano Spalletti è alla frutta. Fabio Quagliarella come Gabriel Omar Batistuta. Il rigore tirato da Radja Nainggolan al Lorenteggio con un boccale di birra in mano (crudeltà social) chiude una stagione e ne apre un'altra, forse rivoluzionaria. Il pallone, entrato nel gelo di gennaio con alcune certezze e un calciomercato da pasticciare, saltella agli albori di febbraio con altre facce, altri eroi, altri capri espiatori determinati dalle insidie di Coppa Italia. Perfino la corazzata Juventus affondata a Bergamo con tre siluri ha qualcosa da farsi perdonare. E allora vale la pena fermarsi, mettere un punto in queste giornate da delirio e poi ripartire fino all'ultimo respiro verso l'anarchia di primavera o la più ovvia delle restaurazioni.La convocazione di Andrea Agnelli al vertice tecnico alla Continassa dopo il crollo con l'Atalanta equivale a un campanello d'allarme. Improvvisamente l'unica squadra italiana battezzata come imbattibile ha scoperto di essere stanca, con una difesa invecchiata e acciaccata - Andrea Barzagli 37 anni, Giorgio Chiellini 34, Leonardo Bonucci 32 -, con un fuoriclasse come CR7 che gioca troppo (e sembra sulle gambe) e con una sessione di mercato deficitaria alle spalle. Dare il via libera a Mehdi Benatia mentre si infortunano gli altri tre centrali e tu non hai alcuna fiducia in Daniele Rugani (tanto da far giocare Mattia De Sciglio in mezzo con disastri conseguenti), significa essere in emergenza anche di idee. Il ritorno di Martin Caceres è un ripiego, mentre Paulo Dybala non è ancora uscito dal suo lungo inverno personale e l'Atletico Madrid si avvicina con la splendida ossessione della coppa dalle Grandi Orecchie. La Juventus rimane una squadra stupenda e completa, ma attenzione al nervosismo: Max Allegri che lancia il cappotto non è un buon segno; se i meriti sono sempre di Ronaldo e le colpe sempre sue, significa che qualcosa nell'ambiente quadra meno. Urge aria di Champions.La battuta più feroce dopo il doppio ko contro Inter e Milan è stata: «Comincia ad essere il Napoli di Ancelotti». Quindi più lento, più appagato (chissà di che), più borghese rispetto alla macchina da guerra di Maurizio Sarri, che peraltro giocava divinamente ma non vinse niente. Carletto ha una stampa sempre sontuosamente dalla sua parte, è abile e saggio, ma il Napoli preso a schiaffi dai rossoneri in Tim Cup (ai quali ha concesso di giocare in contropiede in casa) è davvero poca cosa. Aurelio De Laurentiis ha trattenuto Allan (da applausi), il tecnico sta valorizzando Arkadiusz Milik (fortissimo), ma il progetto accusa una battuta d'arresto, anche perché giocatori decisivi come Dries Mertens e Josè Maria Callejon vanno a scartamento ridotto. A campionato praticamente finito, con la Coppa Italia che rotola altrove, o Ancelotti si aggrappa all'Europa minore oppure è pizza e mandolino. Urge ricostituente, il 3-0 di ieri alla Samp è un buon inizio.Sembrava sull'orlo del baratro, invece era sul bordo di una piscina. Sembrava avviato verso una stagione di totale depressione, con Gonzalo Higuain in partenza e nessuno in arrivo, e invece era alla vigilia d'una clamorosa rinascita. Tre colpi vincenti per il Milan di Rino Gattuso, in semifinale di Tim Cup e con la zona Champions nel mirino: il calcio nel sedere all'argentino triste con conseguente arrivo di Krzysztof Piatek (due tiri due gol, strepitoso elemento di corto circuito); l'ingaggio di Lucas Paquetá, brasiliano dal passo lungo che sembra avere il calcio nel sangue. E il sorprendente utilizzo del perticone Tiemoué Bakayoko alla Marcel Desailly, davanti alla difesa, a fare argine e a rilanciare l'azione. Due botti invernali (e un'idea) che riscaldano l'ambiente, tifosi finalmente rasserenati. E quando Higuain prende quattro sberle dal Bournemouth all'esordio in Premier League, non si può che sorridere con il dovuto rispetto, ma con un pizzico di diabolico veleno. Urgono piedi per terra e conti a posto, la sfida più ardua.Ultime tre partite: un punto in campionato e fuori dalla Tim Cup. Ultimi sussurri: Ivan Perisic separato in casa (voleva andarsene gratis), Antonio Conte che passeggia nell'ombra di Luciano Spalletti e il tuo centravanti Maurito Icardi che non segna su azione da due mesi ma spedisce la moglie soubrette a bussare in sede per avere l'aumento. Cose da pazzi, cose da Inter, mentre la squadra ha ricominciato a giocare come lo scorso anno, senza personalità, senza un'idea originale, senza neppure Rafinha e Joao Cancelo che 12 mesi fa di questi tempi iniziavano a fare la differenza. È già pronto il plotone di esecuzione per Spalletti, ma qualcuno in società comincia a tirare le somme del lavoro del direttore sportivo Piero Ausilio, che (forse) sa riconoscere i calciatori, non certo gli uomini. Lasciando perdere il flop di Nainggolan e Sime Vrsaljko comprato rotto, ecco l'elenco telefonico di Atlantide: Jonathan, Belfodil, Campagnaro, Mudingayi, Kuzmanovic, Schelotto, Gargano, Taider, Alvaro Pereira, Hernanes, Osvaldo, Podolski, Vidic, Dodò, M'Vila, Felipe Melo, Ansaldi, Kondogbia, Eder, Gabigol, Joao Mario, Gagliardini. Più che Conte, Beppe Marotta sembra voler aspettare le mosse di Allegri, non convinto di rimanere ancora a Torino. In attesa della panchina urge liberare altre scrivanie.Sembrava che Nicolò Zaniolo fosse il bimbo d'oro ideale per restituire un senso compiuto a una stagione in bilico fra l'acqua stagnante e l'acqua minerale. Sembrava che guerrieri come Davide Pellegrini, Diego Perotti, Gengiz Under potessero mascherare i mal di pancia di Javier Pastore e le amnesie di Steven Nzonzi, poi è arrivato il diluvio universale. Sette come i colli e i re, sette come le pere incassate dalla Fiorentina; anche qui contropiede subìto fuori casa, vergogna tattica. Ora i tifosi invocano la cacciata di Eusebio Di Francesco, che si è salvato soltanto per mancanza di alternative immediate (Paulo Sousa infiamma solo i narratori de sinistra col ritmo da fado). Il tecnico, accusato di non avere più in mano la squadra, ha ancora una chance. Ma si ritrova davanti l'avversaria più terribile del momento per provare a rimettersi in piedi: il Milan di Piatek. L'organico della Roma rimane di buon livello, grande la confusione sotto il cielo; come diceva Mao Tze Tung «la situazione è propizia». Urge che Edin Dzeko torni a fare gol.Quattro flash per quattro protagonisti che stanno dando un senso compiuto alla stagione delle loro squadre. La Fiorentina è tornata a far risultato con una semplice mossa: Giovanni Simeone in panca e Luis Muriel in prestito dal Siviglia. È come se si fosse accesa la luce, l'attacco è tornato a mordere, Nikola Milenkovic e Kevin Mirallas sanno a chi appoggiare i contropiede. E Federico Chiesa è di nuovo micidiale. Urge blindare la difesa.L'Atalanta è semplicemente pazzesca, sembra il Borussia Dortmund, corre il doppio delle altre, morde e picchia come il tifoso orobico chiede per essere orgoglioso dei suoi ragazzi. Duvan Zapata è immarcabile (sembra George Weah) grazie alla bacchetta magica di Gian Piero Gasperini che riesce sempre a tirar fuori il meglio dai suoi giocatori. Il presidente Antonio Percassi dovrebbe riconoscergli una percentuale sulle cessioni milionarie, ma non lo farà. Urge prolungare il contratto al mister, oggi degno del Real Madrid. La Lazio si è guadagnata la semifinale di Tim Cup nella notte degli incubi interisti e sta ritrovando gli equilibri che lo scorso anno la portarono a un centimetro dalla Champions. Lassù niente è scontato, l'Inter sembra troppo fragile per gestire il vantaggio e due posti su quattro sono ancora in gioco. Urge un Sergej Milinkovic-Savic che guardi un po' più la porta avversaria e un po' meno lo specchio.La Sampdoria porta in palmo di mano un simbolo, una storia di calcio che chiede spazio: quella di Fabio Quagliarella, 36 anni e 16 gol (il record di Batistuta è solo eguagliato dopo la sconfitta di ieri sera), un uomo intelligente e sobrio, che ama lo scorrere del pallone e ferma quello del tempo. Un cannoniere implacabile convocato in Nazionale perché nella stagione delle plusvalenze le bandiere devono garrire. In modo da essere viste da qualche superbrocco in cerca d'autore. Basta parole, urge tornare a giocare.
Attività all'aria aperta in Val di Fassa (Gaia Panozzo)
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Lo spettacolo Gabriele d’Annunzio, una vita inimitabile, con Edoardo Sylos Labini e le musiche di Sergio Colicchio, ha debuttato su RaiPlay il 10 settembre e approda su RaiTre il 12, ripercorrendo le tappe della vita del Vate, tra arte, politica e passioni.
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