Roberto Gualtieri parla di 79 miliardi di nuovi fondi per il 2020/21, ma è giallo sui soldi per sospenderne 47 di clausole di salvaguardia: gli aiuti all'economia potrebbero essere meno di quel che sembra. E adesso per il Pd il debito diventa «sostenibile» anche se supera il 150%.
Roberto Gualtieri parla di 79 miliardi di nuovi fondi per il 2020/21, ma è giallo sui soldi per sospenderne 47 di clausole di salvaguardia: gli aiuti all'economia potrebbero essere meno di quel che sembra. E adesso per il Pd il debito diventa «sostenibile» anche se supera il 150%.Il governo ieri ha approvato il Def, cioè, com'è noto, più un esercizio di letteratura economica che di politica economica: è la fotografia della situazione, più la descrizione degli obiettivi che l'esecutivo intende raggiungere. E - questo è il tocco poetico di Roberto Gualtieri - nel documento si evoca il proverbiale «cigno nero» per riferirsi al coronavirus: l'evento imprevisto e terribile che ha prodotto un disastro. Tutto vero. Peccato che però anche prima dell'epidemia il cigno non fosse bianchissimo, e che l'Italia fosse a un millimetro da una probabile recessione tecnica. Ricapitoliamo i dati del 2019: crescita impercettibile del Pil nel primo trimestre (0,2%), rallentamento ulteriore nel secondo e nel terzo (0,1%), e calo sensibile nel quarto (-0,3%). E tutto faceva pensare che, anche in condizioni normali, il primo trimestre 2020 sarebbe stato a sua volta negativo, concretizzando i due trimestri consecutivi di crescita negativa. Morale: la cura giallorossa, da settembre in poi, cioè dal momento del varo del Conte bis, sarebbe stata catastrofica anche senza il virus cinese. Eppure Gualtieri nega, e mette nero su bianco che - in assenza del coronavirus - «l'economia italiana avrebbe potuto registrare un ritmo di crescita in graduale miglioramento nell'anno in corso. Tale ripresa avrebbe condotto a una modesta espansione nel primo trimestre dell'anno». Ovviamente la controprova non esiste. In ogni caso, guardando al futuro, le previsioni di questo Def sono basate sull'ipotesi di una ripartenza delle attività produttive a maggio e di un «esaurimento dell'impatto economico del contagio entro il primo trimestre 2021». In questa ipotesi, il Pil di quest'anno andrebbe giù dell'8,1%, il deficit salirebbe dall'1,6% al 10,4%, e il debito pubblico crescerebbe in rapporto al Pil di oltre 20 punti, come vedremo più avanti. Il governo formula anche uno scenario più negativo, quello di una nuova ondata del virus, con ulteriori chiusure e stop alle imprese: in questo caso il Pil si attesterebbe su un -10,6%. Con discutibile civetteria, Gualtieri e i suoi tecnici annotano che, senza la moratoria sui mutui e il decreto liquidità, le cose sarebbero andate ancora peggio. Dimenticano però di dire che se quei provvedimenti (e altri) non fossero di fatto privi di munizioni (come il Dl liquidità), il sollievo per l'economia sarebbe potuto essere incomparabilmente superiore. Ottimismo invece per il 2021: per il governo, «la crescita del Pil tornerebbe in territorio positivo con un incremento del 4,7%». Quindi si realizzerebbe uno scenario cosiddetto «a V»: discesa verticale seguita da una risalita tutto sommato abbastanza sostenuta. Leggendo il voluminoso documento, balzano tuttavia agli occhi due aspetti politicamente sensibili (e discutibili). Cominciamo dal primo. Come preannunciato, il governo presenta al Parlamento una nuova richiesta di scostamento (la cosiddetta deviazione temporanea di bilancio) per ulteriori 55 miliardi per il 2020 e 24,6 miliardi per il 2021. Contemporaneamente, però, scrive che «sarà prevista la soppressione degli aumenti dell'Iva e delle accise previsti dalla legislazione vigente per il 2021 e gli anni seguenti». In altre parole, a meno di diverse interpretazioni, saranno disinnescate le clausole di salvaguardia, che per il 2021 e il 2022 valgono ben 47 miliardi, o con queste risorse o con ulteriore deficit. Ma allora, detratto il necessario per le clausole, cosa resterà per sostenere l'economia? Probabilmente un bottino ben più magro di quanto le cifre iniziali, a prima vista, potrebbero far ipotizzare. Secondo aspetto significativo: il debito pubblico. Nella previsione di Gualtieri, alle condizioni date, «lo stock di debito è previsto pari al 155,7% del Pil a fine 2020 e al 152,7% a fine 2021, contro il 134,8% di fine 2019. Subito dopo questi numeri impressionanti, il Def lascia nero su bianco un passaggio rassicurante: «Il debito pubblico dell'Italia è sostenibile e il rapporto debito/Pil verrà ricondotto verso la media dell'area euro nel prossimo decennio, attraverso una strategia di rientro che, oltre al conseguimento di un congruo surplus di bilancio primario, si baserà sul rilancio degli investimenti, pubblici e privati, grazie anche alla semplificazione delle procedure amministrative». Bel libro dei sogni, ma questa non è una novità. Ciò che colpisce è la nonchalance con cui viene dichiarata sostenibile la situazione, proprio da parte di chi, quando al governo c'erano altri e il debito era 20 punti inferiore, gridava al collasso. Clamoroso doppio standard: se al governo c'è la sinistra, tutto diventa magicamente «sostenibile»; ma se ci sono gli altri, anche una situazione meno grave diventa «esplosiva». Ricorderete i fuochi d'artificio linguistici sul debito che «s'impennava». Stavolta, essendoci al potere la sinistra, per Gualtieri andrà tutto bene. In ogni caso, su queste basi, il governo varerà il cosiddetto decreto aprile: praticamente a maggio.
(IStock)
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