2025-07-19
«Il couturier 5.0 unisce passato e presente»
Lo stilista Matteo Sorbellini (virale sui social): «È come per il balletto: si parte dalla danza classica per arrivare al moderno. Contemporaneità significa l’Olimpo che scende in mezzo alle creature. È un ruolo che richiede consapevolezza: fondamentale il sostegno agli artigiani italiani».Se lo vuoi trovare devi andare nell’unica sua boutique, la Vip Room di Riccione. La coda per entrare è quotidiana: tutte lo cercano, tutte lo vogliono. Matteo Sorbellini, che al suo nome anticipa un francesismo come «Monsieur», conta 340.000 followers. Non un caso. Tant’è che il debutto di Matteo Sorbellini nell’Haute Couture non poteva che essere un progetto di alta moda avveniristica, una Couture 5.0 capace di fondere tradizione sartoriale, innovazione tecnologica e sensibilità contemporanea. Non poteva che starci una chiacchierata con lo stilista innovatore, voce autorevole di una generazione che cerca moda d’avanguardia.Com’è nata la sua passione per la moda?«Nasce dalla mia famiglia, nel senso che sono un po’ predestinato. Mia mamma faceva la sarta in una sartoria importante. Ho iniziato subito a giocare con fili e tessuti e sono passato a studiare moda. Ho fatto della mia passione la mia professione. Nasco stilista e ho sempre fatto solo quello».C’è stato un momento preciso, un incontro o un’ispirazione che l’ha portata verso la sartoria d’alta gamma?«Creo abiti da sempre e nell’ultimo periodo mi sono creato un parterre di laboratori. Nelle zone dell’Emilia Romagna, delle Marche, in centro Italia, mi sono andato a cercare piccole aziende di artigiani che lavorassero per me. Le ho coltivate, le ho supportate dandogli lavoro e ho scoperto grande artigianalità cercando le specialità di ognuna. Ho trovato così grande artigianalità e da lì mi è venuto il desiderio di costruire qualcosa di speciale, di unico: rifiniture a mano, con tagli particolari fatti da queste abili mani artigiane. E da lì nasce la mia Couture». Qual è stato il suo percorso formativo e professionale?«A 18 anni ho creato la mia prima collezione. Ho studiato ragioneria, cosa che poi mi ha aiutato nella vita a fare anche l’imprenditore, ho preso una laurea in economia e commercio, ma la moda l’ho sempre fatta. A 18 anni debutto con la prima collezione: laboratori, modellisti, aziende, dirigo tutto questo settore. Poi decido di andare a vivere a Londra, dove frequento dei master alla St. Martin School of Art e ho l’onore e il piacere di entrare a lavorare negli uffici stile di Vivienne Westwood (che per me era un sogno e lei un’icona). Io poi nasco da questo filone sul finire degli anni Ottanta, la voglia della stravaganza di questi designer. All’epoca Vivienne Westwood e John Galliano erano il top a Londra e riesco a entrare nei loro uffici stile a lavorare proprio vicino a questi maestri, che mi hanno segnato molto».Ha scelto strade classiche o ha seguito un approccio più sperimentale fin dall’inizio?«La moda è assolutamente una fusione di entrambe. La base della classicità nella moda è come per il balletto imparare dalla danza classica: è una base per poi arrivare a fare il contemporaneo o il moderno, Così farei questo paragone con la moda. Si parte dal classico, dalla costruzione di una giacca, di un capospalla, per poi arrivare a sperimentare, a distruggere per poi ricostruire, a mischiare, a trattare, ad arrivare fino alla contemporaneità di oggi che lavoriamo con dei trattamenti di tessuto pazzeschi, trasformiamo, li plissettiamo li placchiamo, li laseriamo. Ad esempio laviamo anche con dei minerali, quello è un po’ un ritorno all’origine, ma facciamo anche dei trattamenti ai poliuretani e quindi dalla classicità si arriva veramente alla contemporaneità, ma il bello della moda è proprio questo gioco».Lei rappresenta una nuova generazione di couturier: che cosa significa per lei coniugare l’eredità sartoriale con lo spirito contemporaneo?«Oggi la moda è giunta a un punto che ritengo di totale cambiamento: tutte le certezze a cui eravamo abituati dagli anni Ottanta ad oggi sono nettamente cambiate. Io penso che nella moda stiamo entrando in una nuova era, i tempi della moda saranno diversi così come i tempi di presentazione dei prodotti e pure le esigenze del mercato sono completamente mutate. Anche la couture, che parte da una base così classica, diventa emblema di moda unica e all’avanguardia. Sì capi da red carpet e alta cerimonia, ma anche pezzi super raffinati intercambiabili e mettibili in più occasioni. La contemporaneità significa il sogno, la vetta, l’Olimpo, che scende in mezzo alle creature».Parliamo di couture 5.0: che cosa rappresenta questa definizione? «Essere un couturier 5.0 oggi significa saper unire la tradizione dell’alta moda con le sfide e le opportunità del presente. Significa custodire il valore del fatto a mano, dell’eccellenza sartoriale, ma allo stesso tempo aprirsi all’innovazione, ai nuovi materiali, alla sostenibilità e alla tecnologia. È un ruolo che richiede consapevolezza: bisogna creare bellezza, ma con responsabilità, mettendo al centro la persona, il suo corpo, la sua unicità. In questo percorso, per me è fondamentale anche il sostegno al comparto produttivo dell’Emilia-Romagna, dove collaboro con diversi laboratori locali a cui affido la realizzazione dei miei capi, contribuendo a valorizzare un sapere artigianale straordinario. Le creazioni firmate Monsieur Matteo Sorbellini sono pensate per durare nel tempo: non inseguono le mode, non generano impatto ambientale e, soprattutto, regalano sogni, eleganza e unicità alle donne che scelgono qualcosa di veramente speciale».