2020-08-08
«Il coronavirus è nato in laboratorio e tutte le prove portano a Wuhan»
Il presidente della Wabt, Giuseppe Tritto: «L'origine naturale è molto improbabile: manca l'ospite intermedio tra pipistrello e pangolino. I cinesi però hanno imparato la ricombinazione. Che spiegherebbe molto di questo genoma»«Da medico e ricercatore registro dei fatti e pongo domande». Comincia così il professor Giuseppe Tritto quando gli chiediamo se è sicuro che il virus del Sars-Cov-2, il coronavirus che è all'origine della pandemia che sta cambiando il mondo, sia stato «fabbricato» in laboratorio. «Rivendico di poter considerare che ci sono elementi, dal punto di vista scientifico, per domandarsi ancora se questo virus non sia frutto del lavoro di laboratorio anziché prodotto “naturale"», continua Tritto. E mi rimanda alle 272 pagine del libro che ha scritto e che è in uscita il 13 agosto per le edizioni Cantagalli di Siena. Si intitola Cina Covid 19. La chimera che ha cambiato il mondo e il titolo apre subito l'altra questione sollevata da Tritto, ossia che quel laboratorio da cui potrebbe essere («incidentalmente») uscito il virus non è uno qualsiasi, ma è precisamente il laboratorio dell'Istituto di virologia di Wuhan.Medico specializzato in urologia e andrologia, Tritto è soprattutto un microchirurgo, professore di microtecnologie e nanotecnologia (Regno Unito e India), nonché presidente della Wabt (World academy of biomedical sciences and technologies), nata nel 1997 sotto l'egida dell'Unesco e di Insula, una Ong che lavora a stretto contatto con l'Unesco. Ha lavorato negli Stati Uniti, in Cina, India, Francia, Inghilterra, Ungheria e Albania.Professore, mi scusi, pare che la maggior parte del mondo scientifico sostenga che il virus abbia origine naturale, cosa risponde?«Per sostenerlo bisogna porre un'ipotesi di combinazione tra una linea del virus che origina dal pipistrello e un'altra che origina dal pangolino. Qui ci sono i primi problemi, perché le due specie animali non si trovano nella stessa nicchia ecologica e un loro incontro idoneo alla ricombinazione dei virus è assai improbabile, quindi si deve parlare di un vettore intermedio. Ma finora nessuno è riuscito a trovare o a descrivere l'ospite intermedio. Si fanno solo ipotesi e non abbiamo nessun virus naturale “selvaggio" chimerico che viene dalle due specie che sia stato isolato e studiato».D'accordo, ma è possibile che questo avvenga in natura?«Teoricamente è possibile ma, dicono i genetisti, in un periodo di tempo molto lungo, tra i 40 e i 200 anni. Il giorno in cui qualcuno porterà alla luce il genoma del virus isolato “naturale" allora si potrà dire che ha origine naturale, ma le probabilità, al momento, mi sembrano scarse».Se l'origine naturale è poco probabile come fa a dire che quella in laboratorio, invece, lo è di più?«Bisogna tenere insieme due aspetti che emergono dagli studi pubblicati in questi anni: la storia del laboratorio cinese di Wuhan e le tecniche di ricombinazione genetica lì applicate. Innanzitutto i cinesi del laboratorio di Wuhan, che nasce nel 2005 dopo l'epidemia di Sars, hanno imparato le tecniche di ricombinazione dagli occidentali. Insieme ai francesi progettano di costruire un laboratorio cosiddetto P4, cioè di massimo livello di biosicurezza. Nel frattempo la professoressa Shi Zheng Li, incaricata dal governo di Pechino di studiare la Sars e dirigere il nuovo laboratorio, comincia a studiare tutti i coronavirus che hanno origine nei pipistrelli di quella zona della Cina. Con gli americani del professor Ralph Baric, considerato in ambito scientifico il guru dei coronavirus, i cinesi entrano poi in possesso di tecniche che permettono di cambiare delle parti del genoma del virus. Nel laboratorio di Wuhan, lavorando su Sars e gli pseudo tipi virali dell'Aids (estratti del virus Hiv1) si fanno delle ricombinazioni. Progressivamente la Shi Zheng Li isola virus Sars di diverso tipo, più o meno compatibili per azione patogena sulle cellule umane, e ha la chance di lavorare anche sui pangolini infettati da coronavirus».Perché dice che ha la chance?«Perché normalmente i pangolini sono specie protetta in Cina, ma nel 2017 e nel 2019, ecco la “chance": ci sono due sequestri nella provincia di Guandong di pangolini che venivano smerciati di contrabbando. Alcuni di questi si ammalano e alcuni tessuti vengono inviati nei laboratori di riferimento, ovviamente anche a Wuhan. Si trovano così dei coronavirus letali per i pangolini e comincia l'attività di ricombinazione tra i Sars già isolati e clonati, scoprendo una cosa fondamentale: l'arpione del legame recettoriale, quel ricciolo che vediamo rappresentato nei coronavirus, la proteina Spike, che si attacca alla membrana cellulare dell'uomo, se nel virus del pipistrello aveva un'affinità intermedia, sostituito con quello del virus del pangolino arriva a un'affinità elevatissima per l'uomo. Nasce così il primo Sars2, di cui vi sono ampie evidenze nelle pubblicazioni scientifiche. Ma ci si accorge anche, attenzione, che l'equilibrio di questa proteina Spike viene a essere un po' compromesso dalla ricombinazione, quindi si fa un'ulteriore modifica sul cosiddetto sito furinico di membrana e intracellulare, una modifica che non esiste né nel virus del pipistrello, né in quello del pangolino e che, invece, è presente nell'Hiv umano».Quindi il Sars-Cov-2, quello che ha causato la pandemia da Covid-19, presenta questa modifica?«Sì, ed è l'unico che ce l'ha rispetto alle linee di coronavirus del pipistrello e del pangolino. Mi pare che questa sia una pistola sufficientemente fumante per farsi delle domande. Aggiungo poi che i cinesi si sono sempre rifiutati di fornire i campioni reali e integrali di questi virus chimerici che poi addirittura sono stati dichiarati distrutti».Questo cosa significa per la gestione della successiva pandemia?«Che noi non avevamo accesso al genoma originario, ma solo a codici genetici parziali e ai pazienti. Dai malati quindi sono stati raccolti i dati da diverse parti del mondo. Peraltro, fin dallo scoppio dell'epidemia gli stessi cinesi pubblicano che ci sono già due varianti del virus che circolano. Fin da subito».Mi scusi, ma molti sostengono che il virus non è mutato e lei parla di due ceppi fin dall'inizio?«Ci sono molteplici studi scientifici che parlano senza dubbio delle mutazioni del virus. Un recente studio indiano parla di undici varietà sulla variazione della proteina S Spike, per esempio. Abbiamo oggi diverse varianti del virus che si sono regionalizzate, quindi immaginiamo cosa significa questo rispetto alla produzione di un unico vaccino che possa risolvere universalmente il problema: semplicemente non è possibile».Se non un vaccino dobbiamo quindi guardare a farmaci per la cura?«Senz'altro, noi oggi abbiamo imparato a conoscere la malattia e a intervenire con prodotti specifici per ogni fase. Il problema è che al momento gli antivirali attuali, che dovrebbero intervenire quando l'infezione è già entrata nelle cellule del paziente, non danno grossi risultati. Ci sono però degli studi interessanti che intervengono proprio su quel sito della furina di cui abbiamo parlato e che potrebbero appunto bloccare la replicazione virale intracellulare».Ammettiamo che il Sars-Cov-2 possa essere stato fabbricato in laboratorio, lo scenario assume sembianze inquietanti.«Nel libro ho scritto che, al di là di tutto, sarebbe necessario promuovere a livello internazionale una legislazione e una disciplina delle attività di ricerca svolte su agenti patogeni per l'uomo e sulle procedura di sicurezza e le attività svolte nei laboratori di massima sicurezza P4. Quasi tutti i Paesi hanno aderito e ratificato la convenzione sulle armi biologiche, la Cina ha aderito, ma non ratificato l'accordo. Per essere classificato a un livello P4 per un laboratorio occorre il label dell'Oms, allora, domando, perché, nonostante la Cina non abbia ratificato l'accordo, l'Oms ha comunque concesso il livello P4 a Wuhan?».Il professor Tritto lo ha premesso fin dall'inizio della chiacchierata con La Verità, davanti ai fatti pone domande. Non sappiamo se il professore abbia ragione sull'origine del virus che sta cambiando il mondo, però, come ha dichiarato qualche giorno fa alla Stampa, il professor Giorgio Palù, virologo dell'università di Padova ed ex presidente della Società europea di virologia, «il sospetto che il Sars-Cov-2 non sia naturale non è un'eresia».
Little Tony con la figlia in una foto d'archivio (Getty Images). Nel riquadro, Cristiana Ciacci in una immagine recente
«Las Muertas» (Netflix)
Disponibile dal 10 settembre, Las Muertas ricostruisce in sei episodi la vicenda delle Las Poquianchis, quattro donne che tra il 1945 e il 1964 gestirono un bordello di coercizione e morte, trasformato dalla serie in una narrazione romanzata.