2022-07-30
Letta, i servizietti e i veleni nell’urna
Non si tratta solo di esclusive giornalistiche rubate e rimasticate per dare sponda al Pd alla canna del gas: qualcuno ha deciso di inquinare le elezioni sbandierando lo spauracchio di Putin grazie al gancio con i servizi segreti. Perché Letta parla solo ora? Niente di più falso, ovviamente, perché come sanno anche i sassi, a costringere alle dimissioni il presidente del Consiglio sono stati i grillini, i quali si sono rifiutati di votare la fiducia al decreto Aiuti, usando i grimaldello del termovalorizzatore di Roma. Tuttavia, siccome la menzogna è più conveniente della realtà, il segretario del Pd preferisce continuare a raccontare che dietro le dimissioni dell’ex governatore della Bce ci sia una manina russa. Il compito di Letta è facilitato da un sistema dell’informazione corrivo, sempre pronto a schierarsi a sinistra senza se e senza ma e, soprattutto, sempre disponibile a sostenere l’insostenibile. Ci riferiamo ovviamente alle cronache della Stampa, quotidiano che da due giorni finge di non sapere che quanto pubblicato non solo risale a due mesi fa, cioè a molto prima della crisi del governo Draghi, ma era già stato svelato dal nostro giornale. Jacopo Iacopioni, il collega autore del presunto scoop, non ha infatti scoperto alcunché, per il semplice fatto che non c’era nulla da scoprire. Tutto è infatti noto dal 10 giugno, quando Giacomo Amadori, sulla Verità, raccontò i retroscena del fallito viaggio di Matteo Salvini in Russia, operazione per cui l’ambasciata russa si rese disponibile a comprare i biglietti aerei. I voli diretti Milano-Mosca erano da tempo sospesi e così pure quelli da Roma. Per arrivare nella capitale della Federazione era perciò necessario fare tappa in Turchia e per l’organizzazione del viaggio, il consigliere del segretario leghista, Antonio Capuano, parlò con Oleg Kostyukov, funzionario dell’ambasciata russa, ma soprattutto figlio del numero uno dei servizi segreti di Putin. Nell’articolo, in cui fu pubblicata una fotografia di Kostyukov, la stessa che ora tutti riprendono, si faceva anche riferimento a una conversazione fra il consigliere di Salvini e il russo, in cui quest’ultimo chiedeva se i ministri della Lega fossero intenzionati a dimettersi per impedire l’invio di altre armi in Ucraina. Una domanda che, ripeto, venne rivelata il 10 giugno e pronunciata dunque giorni prima, con all’incirca un mese e mezzo di anticipo sulle dimissioni di Draghi, avvenute a metà luglio. Mettere in connessione l’addio del premier con la domanda di un funzionario al servizio di Putin non ha alcun senso, perché non esiste correlazione. Ma ha molto senso se si ha intenzione di intorbidire le acque e di far credere a un complotto moscovita per condizionare la politica del nostro Paese. E che l’intenzione sia proprio quella di alzare un gran polverone, nella speranza di dare una svolta alle elezioni, lo dimostra anche il fatto che ieri La Stampa sia tornata sulla vicenda, rilanciando un’altra novità che nuova non era, ovvero i contatti fra l’uomo di Salvini, Capuano, e l’ambasciatore cinese, anche quelli frutto di un articolo già pubblicato dalla Verità l’11 giugno. Al di là degli interessi di Letta e delle ambizioni di Iacopioni di attribuirsi un presunto scoop, sorge spontanea una domanda, ovvero se sia tutta farina del sacco Pd o se ci sia dell’altro. Siccome non esistono intercettazioni preventive come raccontano alcuni e non esistono intercettazioni che siano disposte al di fuori dell’autorizzazione della magistratura, è chiaro che quelle sono intercettazioni realizzate dai servizi segreti. Forse erano state eseguite con alcune intenzioni, ossia con l’idea di utilizzarle al momento giusto. Ma poi, il 10 giugno, Giacomo Amadori le ha svelate, insieme con i piani di viaggio di Salvini e del suo consigliere. Evidentemente qualcuno, non contento per le improvvise rivelazioni, ha pensato di usare il materiale per altri scopi, cercando di far collimare i contatti con l’ambasciata russa e la caduta del governo. Insomma, pur sapendo che la crisi e il viaggio a Mosca non coincidevano, c’e chi ha voluto imbeccare La Stampa e aiutare la campagna elettorale della sinistra, nella speranza di condizionare l’esito elettorale. Non è dunque Putin a voler influenzare il voto, ma altri, i quali con ogni probabilità hanno ottimi rapporti con gli apparati di sicurezza. La storia potrebbe chiudersi qui, con una ricostruzione che smentisce qualsiasi complotto russo ai danni di Draghi, se non fosse che l’uso spregiudicato delle «intercettazioni preventive» e le rivelazioni a orologeria della Stampa inducono a credere che il complotto vero non sia contro l’ex governatore della Bce, ma contro il centrodestra, per impedire che gli italiani decidano in piena libertà da chi farsi governare. Non sono amante della dietrologia e neppure delle commissioni parlamentari, ma se proprio il Copasir si deve occupare di questa vicenda noi cominceremmo a convocare Letta, per chiedergli che faceva il 10 giugno. Forse dormiva, al punto da non accorgersi di ciò di cui poi si è accorto a scoppio ritardato? O forse semplicemente è così terrorizzato dalla frana che si sta aprendo sotto i suoi piedi da essere pronto ad appigliarsi a tutto, anche alle bufale?