2018-08-28
Il compagno Fico è una mosca rossa. Per il nuovo Fini il M5s non si scalda
Il presidente della Camera Roberto Fico fa l'anti Lega e strizza l'occhio alla sinistra. Ma nel Movimento nessuno è disposto a seguirlo.C'è un collante potente con il quale Roberto Fico forse non aveva fatto i conti quando iniziò l'avventura del governo gialloblù: la convinzione di Lega e M5s che i poteri forti tramino in continuazione per fare cadere il primo governo non filo-Ue della Repubblica. Un nuovo «fattore C», dove la «C» non indica la parte anatomica che rese celebre Romano Prodi, ma sta per «complotto». Insomma, il tentativo di rimandare Luigi Di Maio e Matteo Salvini all'opposizione con qualunque «artifizio o raggiro», per dirla con la definizione di truffa contenuta nel mitico codice Rocco. E così le prese di distanza del presidente della Camera sul fronte migranti, con l'invito a sbarcare tutti i passeggeri della Diciotti, fanno sempre meno presa nel M5s. «Ci vogliono solo dividere, con questa storia di Salvini fascista, Salvini golpista, Salvini che mette il bavaglio ai pm…», diceva nel weekend un senatore grillino super ortodosso, parlando con i fedelissimi di Di Maio. E un suo collega, che segue da vicino i temi della giustizia, giura di riportare il pensiero di Beppe Grillo quando dice che «essere a fianco della magistratura significa volere che corrotti e mafiosi escano di scena, non mettere il bavaglio al ministro dell'Interno che lotta contro il traffico di essere umani». Del resto, tanto per capire che aria tira anche nella base pentastellata, basta vedere che succede in quel che resta delle truppe (più che altro sudiste) di Fico. Giovedì scorso, la ministra per il Mezzogiorno, Barbara Lezzi, ha preso le parti della Guardia costiera e si è incaricata di rispondere a Salvini, che aveva risposto all'invasione di campo del presidente della Camera, con queste parole: «Nessuno deve impartire lezioni alla terza carica dello Stato circa la prerogativa di esprimere legittime posizioni». Nel gruppo M5s alla Camera la battuta che ha avuto più successo è stata questa: «Sembra Anzaldi quando difendeva Renzi». Ma telecomandati a parte, la Lezzi si è poi limitata a postare su Facebook, sabato scorso, il lungo comunicato del premier sulla Diciotti, in cui Giuseppe Conte vantava un risultato internazionale che non sarebbe stato raggiunto se tutti i grillini la pensassero come Fico. E a leggere le centinaia di commenti dei suoi follower, si resta impressionati dalla quantità di «cittadini» che invitano la Lezzi e il Movimento tutto ad appoggiare lealmente la Lega sulla lotta all'immigrazione clandestina. Del resto, anche una ricerca Demos-Coop, pubblicata ieri da Repubblica, ha confermato una tendenza che Davide Casaleggio e Beppe Grillo, che sull'immigrazione sono prudentissimi da tempo, avevano già colto: nell'ultimo anno la percentuale di elettori grillini favorevoli ai respingimenti è passata dal 27% al 47%. Insomma, con i «buoni sentimenti» di Fico, di una Paola Nugnes o di una Barbara Lezzi, al massimo si tengono buoni rapporti con un pezzo di sinistra e si presidia un po' l'elettorato grillino che fatica a digerire l'alleanza con Salvini, ma poi quello che conta è che il famoso governo del cambiamento non venga strangolato nella culla. Il fattore «C», che isola il presidente della Camera, ieri ha dato un saggio della propria forza quando i grillini in vacanza hanno preso a far girare l'editoriale per il Corriere della Sera di Mario Monti, l'ex premier della Bocconi che nel 2011 importò in Italia, su ordine della Troika, la teoria dell'«austerità espansiva», quella in base alla quale se un Paese taglia tutto quello può, poi l'economia riparte come purificata. Anche se magari ha ridotto in povertà qualche milione di cittadini. L'uomo con il loden verde, ieri ha in sostanza consegnato il seguente euro pizzino, dopo averci intimato di non diventare «lo strapuntino di Visegrad»: «Il riposizionamento geopolitico, nonché psicologico, che l'Italia è riuscita a darsi in così poco tempo non pare destinato a essere di aiuto per le difficili partite economche e finanziarie che si giocheranno a partire dai prossimi giorni con Bruxelles e con i mercati». Insomma, chi se ne importa della linea europea sull'immigrazione: è solo una scusa per imporre ulteriore austerità a Roma. Essendo chiaro anche ai 5 stelle che la vera partita è questa, ecco che Fico, con tutta la sua coerenza sul tema migranti, resta davvero con poche truppe. Del resto, a settembre di un anno fa, saliva sull'Aventino interno dopo la scelta di Di Maio come premier. Oggi è presidente della Camera e per puntare al Quirinale c'è ancora tempo. E anche molta lealtà al governo da dimostrare.