Manuel Agnelli, il cattivo di «X Factor»

A un certo punto, l'altra sera, si presenta sul palco di X Factor Marco. Vestito di nero, mingherlino, agghindato, capigliatura improbabile, visibilmente omosessuale: «Porto Sex machine di James Brown». «Acciderboli! E perché questa scelta?», gli chiede Manuel Agnelli. «Perché sono un ballerino e questa canzone mi permette di mostrare alcuni movimenti…». Tra gli sguardi perplessi dei giudici parte il riff di uno dei capolavori della musica funky. Alla fine Arisa apprezza, Álvaro Soler pure. Agnelli lo guarda dritto e spara: «Io penso che in questo momento James Brown si stia rivoltando nella tomba. Hai sbagliato canzone, Sex machine è un pezzo di una violenza e di un'animalità che tu non hai. Voto prima io, perché il mio voto è sicuro. Per me è no». Politicamente corretto abolito, zero buonismi, parole chiare senza smancerie, sentimentalismi e concessioni al gossip, alla seconda puntata di audizioni (record di ascolti su Sky con il 4,84 per cento e 1,5 milioni di telespettatori) Manuel Agnelli è la nuova star di X Factor.

Cinquant'anni, milanese, sposato e padre di Emma, leader degli Afterhours, gruppo di alternative rock, è sempre stato sideralmente lontano dal mainstream televisivo se si eccettua l'isolata partecipazione a Sanremo 2009, ultimo classificato con la sua band. Già l'anno scorso quelli di Sky lo volevano in giuria, ma lui non se l'era sentita: «Paura». Per il grande pubblico, digiuno di festival indipendenti e concerti nei centri sociali, Agnelli è un inedito assoluto. Qualcuno che non si era ancora visto. Ma non è solo la novità a provocare un misto di curiosità e diffidenza. Già archiviati gli idoli delle ultime annate, Mika e Morgan, in una giuria dominata dal pop e dal rap, Agnelli porta le svisate del rock e del punk. Una differenza espressa in ottimo italiano che per imporsi non ha bisogno di smorfie o caricature facciali. L'aria maledetta e vagamente sinistra, il capello lungo da rocker anni Settanta e la somiglianza con Severus Piton di Harry Potter gli conferiscono quel magnetismo e quell'imprevedibilità vagamente inquietante che tengono allerta il pubblico: chissà che cosa spara adesso... Alle prime audizioni a un ragazzo che sfoggiava un taglio da marine e al quale Fedez aveva chiesto se era un militare ha detto: «È un peccato che tu non lo sia perché con il coraggio che dimostri a cantare saresti una garanzia per la difesa della nostra patria». Un'altra candidata che strillava troppo è stata congedata così: «Il problema è che la comunità europea ha sancito un limite di decibel». Una coppia di ragazzi che ha allestito un teatrino con maschere piangenti per denunciare «il disastro della società in cui viviamo» si è sentita dire: «È il vostro conformismo da anticonformisti che non sopporto». E poi altre sentenze da Cassazione: «Non hai talento», «Sei antica, queste cose si vedevano al Festivalbar degli anni Ottanta». Però, sarebbe sbagliato pensare che Agnelli trinci giudizi in fotocopia, premiando solo i candidati più vicini al suo genere. Alla prima puntata Les enfants, quattro amici boy scout, jeans e camicie, hanno presentato Che fantastica storia è la vita di Antonello Venditti. Dopo l'ultima nota Agnelli li ha chiamati avanti sul palco: «Lo confesso, per un preconcetto non vedevo l'ora di massacrarvi. I boy scout, il modo in cui siete vestiti, la scelta della canzone eccetera: avevo davvero il colpo in canna. Ma invece siete bravi». Della sua partecipazione a X Factor dice che «tutto ha un ruolo. Il moscerino ha un ruolo, la blatta ha un ruolo, io ho questo». Ovvero: quello di non indulgere, di non commuoversi, di trasmettere ai concorrenti la necessità di perseguire l'obiettivo tenendo la schiena dritta. Quanto a se stesso dice: «Non vado a X Factor per cambiare il programma, ma per portare la mia visione della musica laddove non è rappresentata. Più che la rivoluzione, voglio portare informazioni nuove. E la tv, se usata bene, può dare grandi risultati». Un amico che lo conosce e s'intende di musica mi ha detto: «Agnelli a X Factor è come Madonna in un hotel a due stelle». E, in effetti, la sua partecipazione al talent show ha provocato una mezza rivolta negli ambienti della musica indie. Contestazione dei fan, attacchi sul web: «Manuel si è venduto». E qui si capisce che i giudizi secchi non sono una posa per le telecamere: «Mettiamola così», ha risposto a Vanity Fair, «prima di tradirlo, io sono stato tradito dal mio mondo e dall'ideale alternative… Quell'ambiente è cambiato radicalmente, è diventato conformista, di più: fascista… L'idea della riserva indiana, di difendere i confini, non produce niente… Non accetto un tribunale che decide cosa è giusto e cosa sbagliato». Insomma, una ribellione in piena regola al suo mondo di riferimento. Sinistra radical chic compresa: «Sono incazzato a morte con l'intellighenzia, quelli che “Io in televisione non ci andrei mai"», ha raccontato a Mucchio selvaggio. «Gli intellettuali, i designer, gli architetti, tutti quelli che ti dicono che non ci vanno per difendere la cultura. Certo, la televisione è molto volgare: chi lo nega? Ma questi sono in cattiva fede, difendono la cultura solo e unicamente perché vogliono controllarla… Cosa fa la sinistra da molti anni a questa parte? Questa non è cultura, è un club, è una gabbia».

La rivolta di Agnelli contro i rivoltosi per mestiere probabilmente deriva dalla recente morte del padre. Una figura importante per Manuel: commercialista, attivo in politica, musicista per hobby tanto da avergli insegnato a suonare le tastiere. Era in cura da tempo per un tumore e a 77 anni è morto per un'infezione al sangue contratta durante la chemioterapia. L'ultimo cd appena pubblicato dagli Afterhours s'intitola Folfiri o Folfox, che sono i nomi di due tipi di chemioterapie. Ma non è un disco di morte «fatto per portare avanti il dolore, ma per liberarmi di esso… Dopo la morte di mio padre mi sono sentito spaventato e abbandonato, un po' perché ora ho bisogni elementari: voglio solo stare bene. Voglio essere felice e non me ne frega niente se è la cosa più banale del mondo». Benvenuto, Manuel.

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