2022-06-17
Il cappello della Bce sarà senza condizionalità. Per quelle c’è il Mes...
Daniele Franco e Bruno Le Maire (Getty Images)
Lo scudo non prevede vincoli stringenti, ma sul tavolo torna il Meccanismo di stabilità: niente accordo fra Italia e Francia sul nuovo presidente. Borse ancora in pesante calo.All’indomani dall’annuncio della Bce di un piano a sostegno dei Paesi più in difficoltà con lo spread si sono scatenate le reazioni. Sia politiche sia azionarie. Le borse sono di nuovo crollate, tra l’altro sotto il peso di tutte le altre mosse delle Banche centrali. Sempre ieri alla lista di chi aziona la stretta monetaria si è aggiunta la Bns. Berna, senza alcun preavviso, ha alzato i tassi di ben 50 punti. A ruota Bank of England che è al suo quinto rialzo, mentre oggi sarà il turno dei giapponesi. Tutti in scia alla storica scelta della Fed di applicare in un sol colpo ben 75 punti base aggiuntivi. È logico immaginare che tali sterzate implichino reazioni tecniche sulle Borse, sui prezzi e sui rendimenti dei titoli di Stato. Quanto tutto ciò potrà portare a una recessione è un interrogativo che a questo punto ci saremmo dovuti porre molto prima. Più complicata invece la questione italiana.E qui veniamo alle reazioni politiche. Non a caso a intervenire ieri è stato il governatore di Bankitalia Ignazio Visco. Secondo il quale l’obiettivo di Francoforte dovrebbe essere uno spread sotto i 150 punti base. Sul come arrivarci i comitati tecnici lavorano in vista del consiglio Bce del 21 luglio per risolvere alcuni nodi: l’importo e il tipo di bazooka; la decisione se sterilizzare o meno i nuovi acquisti di Bond; le eventuali condizioni per i Paesi beneficiari. Secondo alcune indiscrezioni la Banca centrale sarebbe intenzionata a rivendere titoli mentre compra, con il futuro scudo, i Bond dei Paesi fragili. Il primo pensiero degli investitori è andato all’ipotesi che la Bce possa decidere di acquistare Bond italiani, e al contempo rivendere quelli tedeschi o di altri Paesi dal rating a tripla A.E così hanno venduto Bund, facendo calare i prezzi e salire i rendimenti, e ridotto il premio pagato dai Btp. Il meccanismo servirebbe a non immettere liquidità aggiuntiva, consentendo alla Bce di concentrarsi sulla lotta all’inflazione. Alzare i tassi per frenare i prezzi, continuando a immettere liquidità che alimenta inflazione, agli occhi di molti osservatori, è però un controsenso. Idealmente, lo scudo non dovrebbe avere limiti specifici: così, data la potenza di fuoco illimitata della Banca centrale, non ci sarebbe neanche bisogno di attivarlo. Ma il meccanismo della sterilizzazione costituisce un limite intrinseco e il nodo andrà sciolto con la massima chiarezza. Idem per l’uso dei reinvestimenti dei 1.700 miliardi di bond comprati con il programma pandemico Pepp, definiti «prima linea di difesa». Circolano stime di un potenziale di acquisti per 17 miliardi al mese, e la Bce si darebbe la possibilità di anticipare gli acquisti di Bond a prima della scadenza di quelli che andranno a finanziarli. Il nodo politico resta però quello delle condizioni. Robin Brooks, capo economista dell’Institute of international finance, si chiede retoricamente «cosa c’è che non va con lo strumento anticrisi che già esiste, l’Omt» di Mario Draghi. La risposta che Brooks si dà è che dopo il Qe «i Paesi si sono abituati a essere finanziati senza condizioni», ma uno scudo senza condizioni rischia di «incatenare l’area euro in un equilibrio» che si regge sulla Bce. I tempi, però, sono cambiati dal whatever it takes di un decennio fa. L’Eurozona è più integrata, il Recovery e il Pnrr di fatto legano i Paesi a un programma di riforme accelerato. La soluzione a cui l’Eurotower starebbe lavorando potrebbe essere una condizionalità soft, legata all’adempimento delle raccomandazioni della Commissione Ue. Come applicarle è la domanda che infiammerà il Paese nelle prossime settimane. L’impressione è che il polverone sollevato dalle dichiarazioni di Christine Lagarde e la contromossa del direttivo puntino ad alzare l’allarme nei confronti dell’Italia fino a dimostrare che Roma necessiti di strumenti più specifici, quali il Mes. Alzare il polverone aiuterebbe anche chi vuole sottoporre al Parlamento l’approvazione del Meccanismo di stabilità. La scorsa settimana in occasione dell’incontro tra Mario Draghi ed Emmanuel Macron si è discusso di nomine e di Mes. Il ministro Daniele Franco si è fermato a Parigi un giorno in più per lavorare con il collega Bruno Le Maire. Il Trattato del Quirinale prevede che Francia e Italia affrontino temi europei prima dei vertici comunitari. In questo caso la trattativa sul futuro presidente del Mes non sarebbe andata in porto. Ieri pomeriggio si è infatti tenuto il Consiglio dei governatori senza arrivare al quorum. Per nominare il nuovo direttore serve avere almeno l’80% dei voti. Ma i candidati in lizza restano il portoghese Joao Leao, che avrebbe il sostegno della Francia, il lussemburghese Pierre Gramegna, appoggiato dalla Germania. E l’italiano Marco Buti sostenuto da Roma. Il titolare del Mef è sempre più intenzionato a risolvere la pratica entro la fine di luglio. Serve l’appoggio di Parigi per chiudere la nomina e al tempo stesso per avviare un canale di debito alternativo. Non bastava il Pnrr per legarci mani e piedi all’Ue. Per capire come potrebbe finire basta andare a rileggersi la lettera a quattro mani dei consiglieri Francesco Giavazzi e Charles Henri Weymuller pubblicata dal Ft lo scorso inverno. Per i governi di Roma e Parigi è il caso di sottrarre Btp allo schema delle emissioni pandemiche e darli al Mes che tanto è sottoutilizzato. Ballano 400 miliardi, esattamente la nostra taglia. O tagliola, per essere più precisi.
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