2024-09-20
Il capo di Hezbollah minaccia Israele ma teme attacchi alle infrastrutture
Nasrallah parla in tv dopo gli attentati in Libano: «Lo Stato ebraico sarà punito». Ma intanto la milizia sciita (e l’Iran) restano tramortiti. Mentre altre offensive hacker potrebbero colpire siti energetici e acquedotti.Attacca Israele («hanno superato ogni linea rossa), conferma il sostegno alla causa palestinese («La resistenza in Libano non smetterà di supportare la resistenza a Gaza»). Condanna gli attentati «terroristici» e «senza precedenti» di martedì e mercoledì, dopo le esplosioni di cercapersone e walkie talkie. Ma allo stesso tempo Hassan Nasrallah, segretario generale di Hezbollah, provando a rassicurare i militanti del partito islamista filoiraniano («Non ci metteranno in ginocchio») di fondo riconosce la gravità della situazione. E soprattutto l’incapacità del partito terrorista libanese di reagire immediatamente agli attacchi israeliani. «Non esiste al momento un piano imminente da parte delle Idf di intraprendere una nuova grande operazione contro Hezbollah, né tantomeno una vasta invasione di terra» sostenevano ieri diverse fonti sentite dal Jerusalem Post. L’impressione è che il governo di Benjamin Netanyahu voglia aspettare di vedere la risposta di Beirut per valutare come continuare l’offensiva nelle prossime settimane. Ieri, nel frattempo, due soldati israeliani sono stati uccisi vicino al confine con il Libano. Secondo quanto riportato dall’emittente israeliana N12 News, uno di loro è stato ucciso da un drone e l’altro da un missile anticarro lanciato da Hezbollah oltre confine.Di sicuro «i due giorni bui e pesanti», come li definisce Nasrallah, hanno scosso tutto il Medioriente, in particolare l’Iran che sostiene Hezbollah e punta alla stabilità politica di Beirut. Al momento di risposte da Teheran non ne sono arrivate, anche uno dei veri grandi sconfitti dagli attentati è proprio il governo degli ayatollah, assolutamente inerme di fronte alle capacità tecnologiche militari di Tel Aviv. Per di più sia Teheran sia il Libano continuano ad avere grossi problemi economici interni a cui si aggiungono proteste e una grossa instabilità politica interna. Da cinque anni l’economia libanese continua a peggiorare, mentre la popolazione sta affrontando un’inflazione galoppante unita a una disoccupazione senza precedenti. Le Nazioni Unite stimano che oltre l’80% della popolazione viva ora al di sotto della soglia di povertà. La sterlina libanese ha perso oltre il 90% del suo valore dal 2019 con conseguenze catastrofiche sulla classe media. Continuano ormai da tempo i blackout elettrici, con zone del Paese che si ritrovano la corrente contingentata. Per non parlare della situazione degli ospedali già provati dalla crisi economica e in questi giorni alle prese con l’ondata di attentati che ha provocato decine di morti (se ne contano 37 al momento) e migliaia di feriti, almeno 3.500. Le esplosioni simultanee «hanno seriamente sconvolto il già fragile sistema sanitario del Libano» spiegava ieri il direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), Tedros Adhanom Ghebreyesus. Secondo Il rappresentante dell’Oms in Libano, Abdinasir Abubakar, sarebbero stati coinvolti più di 100 ospedali per ospitare i feriti. E poi c’è il problema dell’acqua. Un sondaggio condotto in 150 municipalità in tutti i governatorati libanesi ha evidenziato come la fornitura di acqua settimanale media è scesa da 49 ore nel 2019 a sole 22 ore nel 2023. Si prova a raccogliere acqua come si può. Alcuni utilizzano pompe a diesel, ma il prezzo del carburante è aumentato. L’uso di cisterne d’acqua è aumentato dal 26% nel 2019 al 44% nel 2023. Quindi sono ricominciate le epidemie. In sostanza il Paese è allo stremo. E gli attentati di martedì e mercoledì non hanno fatto altro che gettare la popolazione ancora di più nello sconforto, mostrando soprattutto la inadeguatezza delle difese militari di Hezbollah. Inoltre, il Paese teme ulteriori attacchi hacker Scada contro le infrastrutture energetiche, come i pannelli solari, e agli acquedotti. Nel frattempo, ieri le autorità di Beirut hanno deciso di mettere in campo tutti gli artificieri dell’esercito nazionale per raccogliere e far detonare in tutto il Paese i cercapersone e i walkie-talkie rimasti ancora integri, come anche altri apparecchi che sono stati considerati sospetti. I modelli Icom IC-V82/U82 sono molto facili da manomettere, in particolare, secondo un report di Debuglies, è molto semplice sovraccaricare le batterie al litio, surriscaldarle per poi farle esplodere. Se nel caso dei cerca persone, come spiegato ieri dalla Verità, ci sarebbe stato un invio massiccio di messaggi tramite un operatore telefonico libanese compromesso in modo da far surriscaldare la batteria, nel caso dei walkie talkie l’intelligence israeliana potrebbe essersi mossa diversamente. O qualcuno ha manomesso gli apparecchi manualmente, oppure anche in questo caso sarebbero stati inviati segnali che hanno interferito sulle radiofrequenze. Sempre secondo il sito Debuglies, una delle possibilità è che sia stato compromesso il firmware (cioè il programma) di gestione della batteria nel walkie-talkie, ovvero quello che controlla come la batteria si carica, si scarica e si protegge dal surriscaldamento. Un hacker avrebbe potuto disattivare queste funzioni modificando il sistema di gestione della batteria per impedirgli di interrompere la carica quando supera i limiti di sicurezza. Questo potrebbe aver causato il sovraccarico e quindi l’esplosione. Le batterie al litio quando superano le temperature critiche, intorno ai 55 gradi, innescano una serie di reazioni chimiche che portano poi all’esplosione dell’apparecchio. Ancora ieri circolava l’ipotesi che su walkie talkie e cerca persone sarebbe stato inserito dell’esplosivo, ma l’ipotesi viene smentita da alcuni report sempre di Debuglies. Un esplosivo come il tetranitrato di pentaeritritolo in un congegno di questo tipo, oltre che facilmente rilevabile dai rilevatori e seppure considerato molto stabile, in apparecchi così piccoli potrebbe comunque innescare esplosioni improvvise.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)