2019-10-22
Il Bullo vuole mettere al Colle la Cartabia, l’europeista cattolica che pende a sinistra
Alla Leopolda è stato svelato il disegno renziano: nominare il prossimo presidente. La giurista è l'antisovranista ideale. Matteo Renzi, senatore non più tanto semplice che nei giorni della Leopolda ha delineato meglio i tratti del suo piano politico, cela un asso nella manica: Marta Cartabia, vicepresidente della Corte costituzionale in odore di promozione. A dicembre scade il mandato dell'attuale numero uno della Consulta, Giorgio Lattanzi, e lei è la più quotata per la successione. Non è la prima volta che il nome della Cartabia fa capolino nelle cronache politiche. Di lei si è parlato quest'estate, quando si diceva potesse subentrare - benedetta dal Colle - a Giuseppe Conte in un governo Pd-M5s. Scenario simile a quello del maggio 2018: prima che Matteo Salvini e Luigi Di Maio siglassero il contratto che diede i natali all'esecutivo gialloblù, la Cartabia era in pole position per presiedere un governissimo, sempre sotto l'egida del Quirinale. Ma è a piani ancora più alti che la giudice della Consulta potrebbe aspirare. Già nel 2015, quando Renzi non aveva ancora proposto la candidatura di Sergio Mattarella, si diceva che il Bullo potesse indicare proprio la Cartabia per lo scranno più alto della Repubblica. Ed è lì che ora - proiettandosi verso le elezioni quirinalizie del 2022 - il senatore toscano valuta di issarla.Alla Leopolda Renzi ha scoperto le carte. Ha spiegato che la manovra di avvicinamento ai pentastellati, da lui già battezzata «capolavoro tattico» e poi a Porta a Porta - finalmente - definita «operazione di palazzo», è stata necessaria per evitare che i «sovranisti» scalassero il Colle. «Il ruolo del Quirinale è un ruolo chiave», ha osservato. «Se rimane questa legislatura in vita, il presidente che ci accompagnerà fino al 2029 sarà espressione di forze politiche che credono nell'Europa, non mettono in discussione l'euro, non affollano le piazze circondati da Casapound, che mette in discussione valori costituzionali e la memoria condivisa. Non è nella disponibilità del premier, che peraltro non è un parlamentare, e di altri leader politici, anche loro non eletti in Parlamento, che questa legislatura abbia il dovere di proporre una maggioranza europeista e antisovranista per l'elezione del nuovo capo dello Stato». Cristallino. L'inciucio ha uno scopo ben preciso: impedire alla destra di assicurarsi, per la prima volta nella storia, un presidente della Repubblica amico. Figura che, a fronte dell'indebolimento del sistema dei partiti, appare sempre più centrale: lo si vide ai tempi di Oscar Luigi Scalfaro, con il Paese che usciva da Tangentopoli e l'establishment minacciato dall'ex «barbaro» Silvio Berlusconi. Lo si è visto con Giorgio Napolitano e l'incarico a Mario Monti, ma anche con Mattarella e il suo veto su Paolo Savona ministro dell'Economia, le sue rimostranze sulle politiche salviniane (a partire dal decreto Sicurezza) e il suo beneplacito all'accordo tra democratici e grillini.Per Renzi, insieme al proporzionale (che gli consentirebbe di condizionare il Parlamento dal basso del suo 4-5%) avere una pedina al Quirinale è fondamentale. E quale profilo sarebbe migliore della Cartabia? Lui stesso - ulteriore indizio che consente di chiarire cosa stia architettando - a settembre aveva definito Italia viva un soggetto «femminista». Il simbolo del partito, tra il fucsia e quel logo che ricorda una pomata intima per signore, va proprio in quella direzione. Alla Leopolda, poi, l'ex sindaco di Firenze ha sentenziato: «Aspettiamo con ansia un premier donna, un presidente della Corte costituzionale donna». Ecco: un endorsement oltremodo esplicito alla candidata di punta per prendere il posto di Lattanzi. Quella Cartabia che il Bullo aveva già citato in un suo libro del 2017, Avanti: perché l'Italia non si ferma, nel capitolo dedicato alle radici cristiane dell'Europa. Quella Cartabia che fu sì voluta alla Consulta da Napolitano quale rappresentante dell'area cattolica, ma che, come ha scritto Il Foglio qualche giorno fa in un panegirico dalla tempistica perfetta e curiosamente intitolato «La donna del futuro», si è conquistata «un certo credito anche tra i laici», visto che da lei «non sono arrivate parole che potessero far pensare a una dissociazione dal mainstream sui diritti». Ricostruzione ineccepibile: la Cartabia non si è distinta per posizionamenti rispetto all'agenda Lgbt e alla liberalizzazione del suicidio assistito. È cattolica, ma di un cattolicesimo in linea con il corso che appare oggi dominante nella gerarchia della Chiesa italiana: tant'è che ha scritto la prefazione al libro di padre Francesco Occhetta, illustrando, guarda un po', cos'è la «buona politica».Il suo è dunque un curriculum ideale. Le credenziali per accedere al Colle e garantire continuità alla governance euroentusiasta le ha tutte. Le aspirazioni non le mancano: sulla Verità abbiamo di frequente analizzato le sue sortite sul ruolo dei giudici nel processo legislativo, tesi perfettamente in linea con quella di Lattanzi, il teorico della «collaborazione» tra toghe e Parlamento. E poi, dettaglio essenziale, la Cartabia è appunto una donna. Una donna apprezzata da Renzi, che, abbiamo visto, l'ha menzionata nei suoi scritti, l'ha già «corteggiata», l'ha già individuata come una riserva della Repubblica. O una riserva per sé stesso. Se è vero quanto ha sostenuto il Corriere della Sera, cioè che il senatore non più semplice starebbe valutando di far subentrare a Conte nientemeno che Dario Franceschini, alla diade femminista di «premier donna» e «presidente della Corte costituzionale donna» mancherebbe un ultimo artiglio, che configurerebbe il tridente d'attacco renziano: il capo dello Stato donna.
Charlie Kirk (Getty Images). Nel riquadro Tyler Robinson
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