2019-10-08
Il Bullo urlava al complotto. Ora di colpo si è inabissato
Finora l'ex premier aveva fatto la vittima: secondo lui le Procure volevano fermare la sua ascesa politica colpendo la famiglia. Adesso c'è una sentenza e se ne sta zitto.Era il 18 febbraio quando Matteo Renzi, via Facebook, attaccò la Procura di Firenze, dicendo che «se non avesse fatto politica la sua famiglia non sarebbe stata sommersa dal fango». I pm toscani avevano fatto arrestare entrambi i genitori dell'ex presidente del Consiglio e il fu segretario del Pd schiumava rabbia. «Arriveranno le sentenze e vedremo se questi due cittadini settantenni, incensurati, sono davvero i pericolosi criminali che meritano - oggi, casualmente proprio oggi - questo provvedimento». Per Renzi, che per pura ipocrisia premetteva di avere «molta fiducia nella magistratura», la custodia cautelare di mamma e papà con l'accusa di aver emesso fatture false era un provvedimento a orologeria, fatto scattare guarda caso mentre lui era in tour per presentare il nuovo libro, ossia il primo mattone con cui intendeva costruire la sua rimonta politica. Con un post, l'ex premier si diceva impaziente di assistere al processo: «Perché chi ha letto le carte mi garantisce di non aver mai visto un provvedimento così assurdo e sproporzionato». Beh, il processo è arrivato e anche le sentenze auspicate dal senatore semplice (ma con nuovo partito annesso) di Scandicci. E però non si tratta delle sentenze che Renzi immaginava, perché il Tribunale di Firenze ha accolto in pieno le richieste della Procura, condannando entrambi i genitori a un anno e nove mesi, mentre l'imprenditore che con loro era stato indagato di anni ne ha ricevuti due. La pena per mamma e papà è sospesa, nel senso che nessuno finirà dietro le sbarre, innanzitutto perché si tratta del primo grado di giudizio e dunque la sentenza non è da considerarsi definitiva e in secondo luogo perché, essendo settantenni, nessuno subirà l'onta del carcere. Ma le tribolazioni per i genitori non sono finite, perché il padre è ancora indagato per traffico di influenze illecite dalla Procura di Roma, e anche se i pm hanno chiesto l'archiviazione, sul suo capo pende una decisione che il giudice si è riservato, dunque foriera anche di pronunciamenti non proprio positivi. Un processo per traffico di influenze illecite l'ha pure a Firenze, dove è idagato anche per concorso in bancarotta con la moglie. Lei, infine, è sotto processo a Cuneo per un'altra vicenda di fatture e bancarotta. Insomma Renzi, il figlio, quello che diceva di difendere come rappresentante delle istituzioni lo stato di diritto e chiedeva a tutti di credere nella giustizia, oggi ha qualche motivo per riflettere su quello che è accaduto e forse anche su qualche dichiarazione resa nell'immediatezza dell'apertura delle indagini. Nel giro di pochi giorni, i pilastri delle sue tesi difensive sono crollati. Ricordate? Quando il padre venne raggiunto da un avviso di garanzia per l'inchiesta Consip, l'ex presidente del Consiglio reagì con veemenza, soprattutto dopo che uno degli investigatori fu sospettato di aver sbagliato di proposito nel riportare una registrazione. Non ebbe dubbi l'ex segretario del Pd e oggi fondatore di Italia viva, cuneo nel fianco della nuova maggioranza che sostiene Giuseppe Conte. Per lui, qualcuno aveva complottato contro il genitore al fine di incastrare il figlio. Indagano lui per colpire me, fu il senso delle sue frasi, corroborate dal fatto che in oltre sessant'anni di onorato servizio da imprenditore il babbo non fosse mai incappato in un guaio con la giustizia. Peccato che, dopo aver accreditato un'operazione condotta da un gruppo deviato dei carabinieri, si è scoperto come nulla di tutto ciò rispondesse al vero. Il capitano del nucleo investigativo la scorsa settimana è stato infatti assolto da ogni accusa, ma lo stesso giudice che ha pronunciato la sentenza ha rinviato a giudizio l'ex ministro Luca Lotti, ossia il braccio destro di Renzi, e due pezzi da novanta dell'Arma, entrambi accusati di aver spifferato a Lotti la notizia di un'indagine sul più grande appalto pubblico dello Stato, un boccone ghiotto che avrebbe suscitato molti interessi e per il quale è finito nei pasticci anche lo stesso padre di Renzi, con l'accusa di traffico di influenze illecite.Ma se Renzi è riuscito bene o male a incassare il colpo del rinvio a giudizio di Lotti - e dunque la conferma dell'impianto accusatorio contro l'entourage del Giglio magico - pare più difficile che possa digerire la sentenza di condanna per entrambi i genitori. Come riferito, fino all'altro ieri l'ex premier accreditava la tesi di un'azione persecutoria contro i suoi, dicendo che come figlio era «dispiaciuto per aver costretto la sua famiglia e le persone che mi hanno messo al mondo a vivere questa umiliazione immeritata e ingiustificata». Nel mirino aveva i pm e non a caso, quando la stessa Procura aveva aperto un'indagine su Silvio Berlusconi, per le accuse dei Graviano in merito alle stragi, non si era trattenuto, criticando i pm. Ma ora che non sono i pubblici ministeri a decidere sulle azioni dei genitori, bensì un tribunale, che dirà Renzi? Quella di ieri non è un'ipotesi investigativa, ma una sentenza, per quanto non definitiva. All'epoca dell'arresto, l'ex segretario del Pd, faceva la vittima, scrivendo: «Non avevo mai pensato di farli soffrire così. Per colpa del mio impegno civile. E mi piacerebbe dire: prendetevela con me, non con la mia famiglia». E adesso? Ora che cosa dice? Niente. Dopo aver invaso per giorni tutte le televisioni e aver occupato pagine di giornali con interviste e lettere al direttore, Renzi tace. Noi non gioiamo mai di fronte a una condanna, ma la sentenza almeno un aspetto positivo ce l'ha: per qualche giorno non lo vedremo sullo schermo. Per quanto molti giornalisti si genuflettano a lui, almeno una domanda su quei complotti che per mesi ha inventato dovrebbero fargliela.