2025-06-13
Il blocco delle Euro 5 è solo l’inizio
Gilberto Pichetto Fratin (Ansa)
Il frutto avvelenato dei diktat verdi di Bruxelles dopo le auto colpirà le caldaie, le case non ecologiche e persino tutti i manufatti in cemento armato, cui sarà applicata una data di scadenza. I provvedimenti tampone non bastano, bisogna fermare il Green deal. Finalmente Confindustria attacca la commissaria Ribera: «Ci sta mandando a sbattere».Pare che un emendamento della Lega consentirà di evitare il blocco delle auto diesel Euro 5 che avrebbe dovuto scattare a ottobre. La norma, inserita nel decreto Infrastrutture, rinvierebbe di un anno l’applicazione della direttiva europea che vieta la circolazione delle vetture più vecchie, offrendo alle Regioni la possibilità di disapplicare anche il futuro lo stop. Tutto bene dunque? Non proprio. Il blocco dei veicoli Euro 5 costruiti tra il 2011 e il 2015 spiega meglio di qualsiasi chiacchiera gli effetti del Green deal e delle disposizioni che vengono prese a tavolino da Bruxelles. Ci vuole poco a scrivere un provvedimento, dicendo che bisogna ridurre le emissioni inquinanti. Ma poi una volta applicata, la misura messa a punto dagli occhiuti funzionari europei impatta sul portafogli dei cittadini, con conseguenze a dir poco devastanti. Sulla Verità abbiamo raccontato il numero delle auto coinvolte dallo stop: in totale fanno un milione e mezzo, a cui si sommano i sei milioni con motori Euro 4, Euro 3 ed Euro zero, cioè all’incirca una vettura ogni cinque fra quelle in circolazione. Fermare dunque le macchine Euro 5 significa lasciare a piedi milioni di italiani i quali, se non vorranno pagare una multa da 168 euro, con il rischio di dover poi contribuire con altri 168 euro e vedersi sospesa la patente, dovranno rottamare il mezzo o tenerlo parcheggiato in garage. Qualsiasi persona di buon senso sa che chi guida un veicolo vecchio di dieci anni o più non lo fa né perché è affezionato alla sua quattro ruote, né perché ama inquinare. Se non ha cambiato la vettura è evidente che non si può permettere un’auto nuova. Con i salari che non aumentano e l’inflazione che negli anni è cresciuta, pochi hanno da parte un tesoretto da destinare alla macchina nuova e dunque tendono a farsi bastare quella che hanno, anche se ha già percorso centinaia di migliaia di chilometri e pure se sia il motore sia la carrozzeria richiedono un po’ di manutenzione. Insomma, se non hanno acquistato una vettura fiammante, in regola con i requisiti che tanto piacciono a Bruxelles, non lo hanno fatto per ragioni ideologiche, ma per una banale questione di portafogli. Cosa che, a quanto pare, ai funzionari europei importa poco e infatti minacciano sia le Regioni che non disporranno lo stop ai motori che inquinano sia il governo di impartire delle sanzioni.Vedremo che cosa accadrà con l’emendamento del decreto Infrastrutture, se cioè il provvedimento allontanerà davvero nel tempo lo spauracchio di lasciare a piedi alcuni milioni di automobilisti. Tuttavia, oltre agli effetti pratici e immediati, il blocco delle auto a gasolio più vecchie spiega bene le follie dell’Europa verde, che da un lato impone revisioni annuali sui veicoli «anziani», ma poi decide di bloccarli nonostante siano in regola, senza curarsi delle conseguenze, continuando a emettere direttive a destra e a manca, con cui impone cambiamenti che pesano nelle tasche dei cittadini. Succede con le caldaie, che presto non potranno più essere a gas ma verranno sostituite da impianti «più efficienti» e probabilmente anche più costosi. Capita con le case a emissioni zero, che per garantire il risultato dovranno essere ristrutturate, pena non essere né affittabili né finanziabili. Accadrà con le auto a motore termico, che non saranno più prodotte e a cui - come nel caso delle vetture Euro 5 - entro una certa data molto probabilmente non sarà più consentito circolare. E, ultima delle ultime, avverrà anche con il cemento armato, a cui potrebbe essere applicata una data di scadenza come con lo yogurt, oltrepassata la quale si potrebbe dover demolire la casa per ricostruirla in sicurezza. In pratica, il Green deal non è affatto una passeggiata su un tappeto di fiori, ma una via crucis disseminata di spine e, soprattutto, di costi. La transizione energetica che tanto piace a Bruxelles non è gratis e non è neppure facile da realizzare, in quanto non si possono appiedare milioni di automobilisti, come non si può far crollare il mercato immobiliare decretando che le case più vecchie non possono più essere abitate. A tavolino si può decidere qualsiasi cosa, anche il suicidio di un Paese e di un’economia, ma poi bisogna spiegarlo ai cittadini ai quali, per mangiare, l’aria pulita non basta.
Nella prima mattinata del 28 ottobre 2025 la Guardia di Finanza e la Polizia di Stato hanno eseguito numerose perquisizioni domiciliari in tutta Italia ed effettuato il sequestro preventivo d’urgenza del portale www.voltaiko.com, con contestuale blocco di 95 conti correnti riconducibili all’omonimo gruppo societario.
Si tratta del risultato di una complessa indagine condotta dal Nucleo Operativo Metropolitano della Guardia di Finanza di Bologna e dal Centro Operativo per la Sicurezza Cibernetica per l’Emilia-Romagna, sotto la direzione del Pubblico Ministero Marco Imperato della Procura della Repubblica di Bologna.
Un’azione coordinata che ha visto impegnate in prima linea anche le Sezioni Operative Sicurezza Cibernetica delle varie Regioni e gli altri reparti territoriali della Fiamme Gialle nelle province di Bologna, Rimini, Modena, Milano, Varese, Arezzo, Frosinone, Teramo, Pescara, Ragusa.
L’operazione ha permesso di ricostruire il modus operandi di un gruppo criminale transnazionale con struttura piramidale tipica del «network marketing multi level» dedito ad un numero indeterminato di truffe, perpetrate a danno anche di persone fragili, secondo il cosiddetto schema Ponzi (modello di truffa che promette forti guadagni ai primi investitori, a discapito di nuovi investitori, a loro volta vittime del meccanismo di vendita).
La proposta green di investimenti nel settore delle energie rinnovabili non prevedeva l’installazione di impianti fisici presso le proprie abitazioni, bensì il noleggio di pannelli fotovoltaici collocati in Paesi ad alta produttività energetica, in realtà inesistenti, con allettanti rendimenti mensili o trimestrali in energy point. Le somme investite erano tuttavia vincolate per tre anni, consentendo così di allargare enormemente la leva finanziaria.
Si stima che siano circa 6.000 le persone offese sul territorio nazionale che venivano persuase dai numerosi procacciatori ad investire sul portale, generando un volume di investimenti stimato in circa 80 milioni di euro.
La Procura della Repubblica di Bologna ha disposto in via d’urgenza il sequestro preventivo del portale www.voltaiko.com e di tutti i rapporti finanziari riconducibili alle società coinvolte e agli indagati, da ritenersi innocenti fino a sentenza definitiva.
Nel corso delle perquisizioni è stato possibile rinvenire e sottoporre a sequestro criptovalute, dispositivi elettronici, beni di lusso, lingotti d’oro e documentazione di rilevante interesse investigativo.
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