2020-03-02
Pierpaolo Sileri: «I virus? Padroni del mondo. E ora arriva un’altra ondata»
Il sottosegretario alla Sanità difende le scelte del governo: «Fermato il moltiplicarsi dei focolai. Ma la scienza ci insegna che non finirà presto: ci aspetta un secondo ciclo».Sottosegretario Sileri, lei è il medico che nel governo ha gestito l'emergenza virus.«Sono solo uno nella squadra che lavora in questi giorni. Sono anche un medico, senza dubbio, e questo di certo mi ha aiutato a capire». Ha letto la montagna di critiche ricevute in queste ore?«È giusto che accada, in una democrazia». Lei era il medico della squadra: ha avuto più influenza, nei momenti di svolta?«Abbiamo deciso sempre e comunque insieme: Palazzo Chigi, ministero, governatori, autorità civili. E in più gli organi tecnico-scientifici. Le posso dire che fra tanti scienziati improvvisati che oggi dicono la loro, io - da medico - ho sempre consultato i miei colleghi epidemiologi. Serve umiltà per capire. Sempre». Perché?«Quando devi contenere un virus, per fare una sciocchezza e produrre un danno enorme basta un attimo». Voi ne avete fatti?«Non mi pare». Siete stati accusati di aver drammatizzato il problema, e poi di averlo sdrammatizzato. «Quando si combatte contro un virus, come in una battaglia, si segue il decorso della malattia. Si accelera e si rallenta, perché la priorità è contenere il contagio. È normale, quindi, variare le risposte». Era giusto circoscrivere i focolai, dunque?«Assolutamente sì». Chiudere i Comuni colpiti? «Ne sono sicuro». Sospendere le partite di calcio?«Quando questo aumentava il potenziale rischio di contagio senza dubbio». Si dà un buon voto? «Questa domanda è figlia di una logica giornalistica: da medico posso dirle che i voti si danno alla fine, solo a emergenza finita». Si può già dire se è stato giusto o sbagliato fare tanti test e poi diminuirli? Altri non li hanno fatti. «Proprio il numero di test alti - all'inizio - ci ha consentito di delimitare in maniera esatta i due focolai. Se ne avessimo fatto la metà oggi forse invece di due focolai ne avremmo otto. Cosa è meglio?».Lo dica lei. «È meglio circoscrivere». Avete allarmato troppo la popolazione, come dicono altri? «Siamo stati molto trasparenti perché abbiamo detto tutto: tutti i dati, tutti i numeri. Chi avrebbe preferito il segreto alzi la mano».Riconosce che è esplosa la paura?«Il panico è dilagante. Ma è certo che sia colpa nostra?». In che senso?«È così in tutto il mondo. Guardi l'America, dove finiscono le mascherine prima che arrivi il virus. I conti si fanno alla fine».Avete litigato con i governatori. «Non c'è stato un conflitto».Scherza?«Il governatore gestendo una Regione riceve dei feedback dal territorio, che non può ignorare. In base a quelli, media con il governo». Non sia diplomatico!«Le tensioni sono nate dalla necessità di gestire un'emergenza e dai diversi punti di osservazione. Mi sarei stupito se non ci fossero state». Quando hanno litigato con voi avevano ragione loro? «La parola litigare secondo me non è appropriata. Confronto duro comprensibile all'inizio di una fase di coordinamento contro un nemico invisibile. Non è facile “quarantenare" 50.000 persone. Decidere se chiudere o meno le scuole. Se non sei in una dittatura è ovvio che ci siamo frizioni». Ha una controprova che la quarantena dei dieci Comuni abbia avuto successo? «Apparentemente no. Ma praticamente i segni sono evidenti». Mi spiega perché?«Ha notato che tutti i piccoli focolai che abbiamo trovato in Italia e all'estero vengono da quelle zone? Due focolai probabilmente non collegati ma contenuti. Pensi se li avessimo dovuti moltiplicare per 10, o per 100!».E sarebbe stato così? «Sì, il virus si sarebbe diffuso molto di più. È scientificamente provato». Ad esempio? «Palermo, Piemonte e Liguria sono stati contenuti grazie alla circoscrizione e ai tamponi. Non lo avessimo fatto, oggi sarebbero focolai». Avete diminuito i tamponi perché il numero dei contagiati ha prodotto troppo panico?«No. L'abbiamo fatto perché cercavamo il paziente zero e perché dovevano tracciare i contagiati». Pierpaolo Sileri: medico chirurgo, accademico, numero due del ministro della Sanità, Roberto Speranza. In queste ore difficili ci ha messo la faccia, e difende tutte le scelte fatte nell'emergenza del coronavirus.Perché ha scelto di fare il medico?«Sono del 1972. Mia madre conserva religiosamente in tema alle elementari dove scrivevo che avrei fatto il pompiere per il draghetto Grisù, lo scienziato sicuramente influenzato da quark e poi medicina 33 o il prete. A quei tempi eravamo tutti incantati da Giovanni Paolo II. Dopo questo tema mia madre fu chiamata dalla suora poiché intravedeva tra le parole una possibile chiamata e vocazione a 10 anni!».Nessuno dei pronostici si è avverato. «Dice? Ho fatto il medico che secondo me in parte è un pompiere, che spegne incendi, in parte è uno scienziato. E un po' è anche prete». Cosa ha imparato in America?«Tutto. Ho studiato all'University of Illinois di Chicago per tre anni». Mi dica una cosa bella che le piacerebbe importare dagli Stati Uniti. «L'America è un Paese straordinario per premiare competenza e merito». Per questo quando è tornato in Italia si è ribellato? «Denunciai i concorsi truccati a Tor Vergata dal 2015. Fu una decisione molto difficile, sofferta, ma più passa il tempo più mi sembra giusta. Gliel'ho detto, i voti si danno sempre alla fine. E sono sicuro che ora la situazione sarà diversa. Pensi hanno appena fatto di nuovo il bando che feci annullare con i ricorsi del 2015. Non parteciperò ora, sono altrove e la vita mi ha già regalato molto. Credo che sia giusto torni la pace in quel posto e sono sicuro vincerà il migliore, in un sistema molto migliore di prima». Adesso, nel tritacarne della battaglia politica, come si sente? «Sa come è nato l'articolo 32 della Costituzione, quello che ha reso possibile il servizio medico nazionale?».No, come? «I padri costituenti volevano limitarsi a trattare questi temi nelle premesse generali, e non negli articoli della Carta, che hanno un peso maggiore. Ci fu un dibattito enorme, e l'articolo fu fortemente voluto, ed entrò in Costituzione, perché medici di destra e di sinistra che si erano fatti la guerra e sparati fino a pochi mesi prima, si unirono per un obiettivo comune». Fu importante. «Sì: proprio in virtù di quello strappo il 23 dicembre 1978, da questo articolo, nacque il Servizio sanitario nazionale. Se non fosse accaduto oggi non avremmo gli strumenti per contenere l'emergenza». Bisognerà vedere se il Ssn regge questa prova. «Se tutti i malati sono stati assistiti, è perché ha già funzionato, e anche bene».Riesce a dirmi almeno una cosa che avete sbagliato?«Ogni decisione hai dei pro e dei contro, non avrei difficoltà ad ammettere. Ma la controprova non arriva in due settimane». Ha letto che il presidente dei biologi italiani, Vincenzo D'Anna, dice che c'è un virus autoctono, proveniente dagli allevamenti, e che noi abbiamo lo abbiamo confuso con il coronavirus? «È una sua opinione, che a me pare platealmente infondata». Non ci sono due virus? «L'Rna, il genoma di questo virus, è molto lungo. Non è un altro virus, al massimo può subire piccole variazioni, ma non ci credo. È Sars Cov-2, questo è il suo nome». Da noi l'epidemia è arrivata prima, perché?«'è sempre un posto dove arriva prima. Noi abbiamo agito con tre settimane di anticipo sugli altri. Vedremo cosa faranno gli altri». Era giusto chiudere i voli con la Cina?«Se si scopre che la polemica sui voli chiusi - come sembra ora - è successiva all'arrivo del virus, sarà un'altra prova di come sia meglio tacere». Ci sono polemiche su Juve-Inter a porte semichiuse. (Sorride) «Guardi, da romanista - al di sopra di ogni sospetto quindi - le dico che non è sbagliato: in Lombardia ci sono focolai, in Piemonte no. Ma se la tessera del tifoso permette di identificare un milanista di Reggio Calabria o di Venaria è giusto che entri».Seguendo il suo ragionamento nessuna critica ha senso. «No, anzi. Tutte le critiche costruttive hanno senso. Ma bisogna criticare usando testa e cuore e accettare anche le risposte. Io da medico dico: lottiamo. Perché è appena iniziata». Non pensa che finirà presto?«Stiamo testando il sistema. Questa gestione per migliorarci per contenere meglio il virus quando tornerà. Ci sarà una seconda ondata, è scientifico». Quindi è pessimista?«No, conosco i cicli: anche l'influenza torna, ma poi può produrre massimo nove milioni di contagi. Oggi, per dire, ne abbiamo oltre 6 milioni ma in modo diluito, distribuito nel tempo. Così si gestisce. Vede che in questo un medico ragiona diversamente?».Come? «La priorità è proteggere il servizio: solo questo limita i danni diretti e indiretti. Dovremo convivere con i nuovi padroni del mondo». I virus? «Virus e batteri. Certo. Ci sono da prima di noi e buoni e cattivi che siano, sono molto più numerosi di noi. E i loro spostamenti sono anche l'effetto collaterale degli enormi benefici della globalizzazione».
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