2019-01-19
I vescovi si spaccano sul partito del Papa
Il manifesto della «Civiltà Cattolica», tutto accoglienza e anti leghismo, lascia perplessi molti nella Cei. Manca un leader per andare oltre i voti dell'associazionismo cattolico e Gualtiero Bassetti sparge cautela: «Un partito è una parte». Dubbi anche nella Segreteria di Stato.La Conferenza episcopale italiana sembra impegnata alla ricerca di «liberi e forti» pronti a impegnarsi per la politica. L'ennesimo appello lo ha fatto il presidente dei vescovi italiani Gualtiero Bassetti nella introduzione ai lavori del consiglio permanente della Cei lo scorso 14 gennaio. Ricordando i 100 anni dalla fondazione del Partito popolare di don Luigi Sturzo, Bassetti si è rivolto ai liberti e forti «di oggi» per dire: «Lavorate insieme per l'unità del Paese, fate rete, condividete esperienza e innovazione».Il lavorio di questi mesi per dare vita a un partito cattolico da piazzare al centro dello scacchiere politico è cosa nota, ma dietro i consueti modi felpati dei monsignori si cela una situazione complessa e meno netta di quanto possa apparire. Gli oltre 200 vescovi che costituiscono l'assemblea della Cei non sono tutti orientati verso questo tipo di scelta, anzi c'è chi sostiene che una larga parte dei monsignori sia tutt'altro che convinta. Ma anche il parlamentino della Cei forse non è così unanime come potrebbe apparire. E se perfino Bassetti, in fondo, coltivasse i suoi dubbi? C'è da pensarlo, visto che proprio ieri ha celebrato una messa nella basilica dei Santi Apostoli per i 100 anni dalla fondazione di Sturzo, e ha ricordato che è bene per i cattolici impegnarsi in politica, ma non in forma partitica perché «il partito è una parte». Quindi, al di là delle dichiarazioni sulla necessità di una solida formazione per l'impegno al bene comune, considerazione sempre valida e perfino ovvia, i documenti ufficiali di fatto non vanno oltre. «Le scelte politiche», si legge nella dichiarazione finale del 16 gennaio del Consiglio Cei, «non si improvvisano», a dimostrazione della prudenza che emerge come frutto della discussione fra i vescovi. Peraltro anche il nuovo segretario della Cei, monsignor Stefano Russo, vescovo di Fabriano, ha certamente un profilo più moderato e riflessivo rispetto a quello del predecessore monsignor Nunzio Galantino, oggi promosso a presidente dell'Amministrazione del patrimonio della Sede apostolica in Vaticano. Alla fine le indiscrezioni rivelano che i vescovi italiani non sono così convinti di lanciare appelli ai «liberi e forti» perché si faccia il partito cattolico. C'è una parte considerevole di monsignori che si coagula dietro l'avversione all'attuale governo gialloblù, specialmente contro la Lega di Matteo Salvini, ma c'è un'altrettanto consistente parte di vescovi che si pone in modo più pragmatico e realista. Per tanti il pluralismo delle opzioni politiche tra i cattolici è un dato non reversibile, specialmente nel quadro politico attuale. E qui tornerebbe di attualità la lezione di papa Benedetto XVI sui cosiddetti principi non negoziabili, se non fossero stati mandati in soffitta tra i vecchi arnesi. È quindi evidente che l'input per chiamare a raccolta i cattolici in un contenitore politico arriva da alcuni ambienti vaticani, come espresso chiaramente da quello che La Verità ha definito come «manifesto» del «partito del Papa», scritto sulla rivista dei gesuiti La Civiltà Cattolica dal direttore padre Antonio Spadaro. I gesuiti della autorevole rivista sono impegnatissimi a trovare un «antidoto a ogni populismo», per dirla con padre Francesco Occhetta, firma di punta che si occupa di affari politici e che proprio in questi giorni ha dato alle stampe un libro (prefato da Marta Cartabia) intitolato Ricostruiamo la politica. Orientarsi nel tempo dei populismi, edizioni San Paolo. Occhetta, giusto per ricordarlo, quando dava i criteri per il voto del 4 marzo 2018 scriveva che «difesa e sicurezza, crescita e occupazione hanno bisogno di più sovranità europea e di meno sovranità nazionale». Si procede con il combinato disposto di alcuni ambienti del laicato cattolico, ad esempio Sant'Egidio, le Acli, la Cisl, che forse sono orfani di una rappresentanza e di uno spazio di agibilità come poteva essere il partitino di Mario Monti. Il coagulante dell'anti sovranismo (e dell'antileghismo) risulta alla fine essere quello più forte tra i «liberi e forti» che stanno pensando al nuovo partito per «i ceti popolari», talmente forte che le alleanze dell'ipotetico partito cattolico sarebbero ovviamente possibili con tutti, forse, perché no, persino con il redivivo Silvio Berlusconi. Ma i vescovi dubbiosi fanno l'elenco delle difficoltà: non c'è una leadership; non ci sono prospettive concrete di raccogliere voti in modo considerevole; non si legge la realtà con attenzione. E nemmeno tutto l'associazionismo cattolico, soprattutto quello vicino al mondo del lavoro e delle piccole e medie imprese, sarebbe pronto a imbarcarsi in avventure spericolate. La ricetta con più Europa e integrazione dei migranti, è perdente se declinata in chiave multiculturalista e con aria un po' salottiera. Il caso dei gilet gialli in Francia fa intendere qual è l'umore nel continente, e lascia presagire quale scenario si potrebbe aprire in Europa dopo le elezioni di maggio.Dubbi abitano anche i sacri palazzi della Segreteria di stato dove la prudenza della diplomazia è preoccupata dal tema della cosiddetta integrazione, perché i nunzi in giro per il mondo portano dati dalla realtà che avvertono come il processo sia un problema che non si risolve con gli appelli alla solidarietà. Questi dati sono gli stessi che fanno arricciare il naso a molti vescovi italiani che ogni giorno hanno a che fare con la vita concreta delle parrocchie e delle pecore a loro affidate. Lavoro, servizi, accesso alle cure sanitarie, attenzione alle proprie radici, sono questi i punti su cui gli italiani soffrono e soffocano la loro speranza. Franco Monaco, cattolico democratico già deputato del Pd, ha scritto al giornale dei vescovi Avvenire. Oltre ad aver notato che le indagini statistiche oggi dicono che gli elettori cattolici si stanno rivolgendo in maggioranza verso la Lega, ha posto una considerazione interessante: non può essere la politica a «fare cristiani gli uomini e la società». La sicurezza, l'economia, la sociologia, l'ecologia non sono priorità da pastori, i quali si dovrebbero preoccupare innanzitutto di predicare, convertire e santificare il popolo di Dio.