2024-01-31
I vescovi dell’Africa smentiscono il Papa sulle benedizioni gay
Fridolin Ambongo (Getty images)
Il capo dei prelati precisa che l’opposizione al Vaticano non è «culturale»: «Aiutiamo tutta la Chiesa a preservare la fede».Il cardinale Fridolin Ambongo di Kinshasa, che è anche presidente del Simposio delle Conferenze episcopali di Africa e Madagascar (Secam), ha affermato che i tempi della pubblicazione di Fiducia supplicans «hanno portato discredito al sinodo sulla sinodalità». La critica del cardinale, che è anche membro del gruppo di cardinali che affianca papa Francesco nel governo della Chiesa, è arrivata in una conferenza stampa durante un incontro congiunto tra i rappresentanti del Secam e del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (Ccee) tenutosi dal 24 al 26 gennaio a Nairobi, in Kenya.Il porporato, che ha firmato la lettera approvata dal Papa in cui si è esplicitato come le benedizioni per coppie gay non verranno realizzate in Africa, ha aggiunto che molte persone hanno visto la prima sessione del sinodo, quella dell’ottobre scorso, con un significato, almeno indirettamente, di «approvazione delle coppie omosessuali e dell’omosessualità», cosa che, secondo lui, va contro sia la cultura africana che gli insegnamenti fondamentali della fede cattolica.Questo passaggio sottolinea ancora una volta come il problema di non accettare le benedizioni per coppie «irregolari» e dello stesso sesso in Africa non sia solo un fatto «culturale», come anche Francesco ha ripetuto in più occasioni, l’ultima nella recente intervista a La Stampa, ma appunto qualcosa che ha a che fare con i fondamentali della fede cattolica. È il punto centrale della spaccatura che è sorta in seno alla Chiesa in seguito alla pubblicazione della Dichiarazione Fiducia supplicans, perché per quanto si voglia ridurre il dissenso a un fatto di «cultura» africana, tutti sanno che non è soltanto questo il punto. E lo ha in qualche modo dimostrato il comunicato dei vescovi olandesi, non certo una landa «arretrata», che hanno sottolineato come nei Paesi Bassi si faranno solo benedizioni alle persone e non alle «coppie».«Sono felice di constatare», ha detto ancora il cardinale Ambongo nella conferenza stampa del 25 gennaio, «che dalla pubblicazione del mio messaggio dell’11 gennaio, in Africa è tornata la calma ed è tornata la comunione con papa Francesco». Il riferimento è appunto alla lettera approvata dal Papa e dal cardinale Victor Fernández, prefetto dell’ex Sant’Ufficio, in cui si è messo nero su bianco che «noi vescovi africani non riteniamo opportuno che l’Africa benedica le unioni omosessuali o le coppie dello stesso sesso, perché ciò creerebbe confusione».Durante il simposio con i vescovi europei, diversi monsignori africani hanno chiarito che, a loro avviso, il processo sinodale in corso non dovrebbe consentire alla Chiesa universale di modificare la dottrina per «creare spazio per tutti», un altro passaggio che mostra come davanti non c’è un problema «culturale» ma che ha a che fare con ciò che è essenziale per la fede cattolica. «La Chiesa in Africa si aspetta che il processo sinodale aiuti la Chiesa universale a non alterare le leggi e le regole divine per creare spazio per tutti», ha appunto scandito padre Rafael Simbine, segretario generale del Secam. «Nostro Signore e Maestro Gesù Cristo estende a tutti il suo invito al discepolato. Tuttavia, tutti coloro che rispondono per diventare suoi discepoli devono seguirlo non alle proprie condizioni, ma secondo le condizioni e le norme del Signore. La chiamata di Gesù al discepolato implica la sfida alla conversione continua di abbandonare una vita peccaminosa per abbracciare una vita di santità», ha argomentato.Lo spazio che i vescovi africani hanno richiesto per il sinodo nell’incontro di Nairobi non è di facciata. L’evento in programma in Vaticano nell’ottobre prossimo, hanno rilevato, deve anche promuovere un senso di appartenenza per i partecipanti africani, rendere giustizia alle realtà dei continente, i doni e il riconoscimento dei talenti dei giovani e delle donne nella Chiesa. I vescovi vogliono che la Chiesa sinodale «senta il dolore e la sofferenza» del popolo di Dio in Africa: «Le ferite degli africani sono anche le ferite della famiglia sinodale di Dio».È la voce della «periferia» che si alza, che chiede di essere considerata non in quanto provincia culturale di una Chiesa a più velocità, ma in quanto parte viva di un corpo ecclesiale che sa ascoltare tutte le sue membra. La chiesa in Africa è giovane, come giovane è l’età media degli africani, per questo i vescovi hanno ricordato che «il futuro della Chiesa è nelle mani dei giovani e, per una partecipazione efficace dei giovani nella Chiesa, i loro programmi e le loro attività devono diventare priorità». Quello che Benedetto XVI nella messa di apertura del sinodo africano del 2009 definì come il «polmone spirituale dell’umanità oggi, rappresenta una sfida per la chiesa intera. E in un certo senso questa ricchezza spirituale potrebbe essere la chiave anche del rinnovato rapporto tra Europa e Africa, che il recente incontro sul Piano Mattei a Roma vorrebbe instaurare per una cooperazione tra pari. La Chiesa cattolica in Africa rappresenta probabilmente la rete più funzionante e unita su scala panafricana, nessuno come i vescovi può parlare in modo trasversale alle diverse nazioni e popoli del continente, per questo il loro ruolo potrebbe rivelarsi interessante anche sul piano geopolitico. Tutto dipende da come la Chiesa intera e l’Europa sapranno cogliere questa ricchezza, perché, si leggeva nel messaggio conclusivo del sinodo africano del 2009, quella «spirituale» è una preziosa risorsa, più preziosa dei minerali e del petrolio.
Il giubileo Lgbt a Roma del settembre 2025 (Ansa)
Mario Venditti. Nel riquadro, da sinistra, Francesco Melosu e Antonio Scoppetta (Ansa)