2020-12-31
I veri no vax sono Conte e Arcuri
Giuseppe Conte e Domenico Arcuri (Ansa)
Non conosco Carlo Verna e, nonostante faccia il giornalista da 45 anni, non ho mai letto un solo rigo che sia stato scritto da lui. Tuttavia, mi vergogno di appartenere a un ordine professionale che è rappresentato da un presidente come Verna il quale, durante la conferenza di fine anno di Giuseppe Conte, ha fatto spegnere il microfono alla collega Claudia Fusani, rea di aver insistito per ottenere sui vaccini una risposta dal premier. Durante i talk show non sono quasi mai d'accordo con lei e qualche volta mi è capitato anche di litigarci in diretta tv. E però non posso non riconoscere che ieri, incalzando il presidente del Consiglio per avere qualche cosa di più concreto delle frasi evasive a cui ci ha abituato l'avvocato di Volturara Appula, altro non ha fatto se non il proprio mestiere, che consiste nel fare domande e non accontentarsi delle risposte. Altro che spegnere il microfono alla Fusani, qui da spegnere c'è solo Carlo Verna il quale, se avesse dignità e considerazione della professione che intende rappresentare, si dimetterebbe all'istante. Invece, purtroppo, temo che continuerà a rimanere al proprio posto, alla guida di un organismo che dovrebbe tutelare la deontologia giornalistica, ma che in realtà dimostra ogni volta di essere solo un ente che distribuisce poltrone e stipendi. Ciò detto, nonostante il presidente dell'Ordine dei giornalisti impedisca ai giornalisti di fare domande e ottenere risposte che siano tali, più passano i giorni e più si comprende che il piano vaccini non c'è e tutto procede secondo il disordine casuale che abbiamo già avuto modo di sperimentare nell'ultimo anno, con un'emergenza affidata al più scarso dei manager pubblici, ossia Domenico Arcuri. In nessun Paese normale il contrasto a una pandemia come quella con cui stiamo facendo i conti, sarebbe stato affidato a chi avesse dato pessima prova con i dispositivi di sicurezza e con l'organizzazione della riapertura delle scuole. Ma, non essendo l'Italia un Paese normale e avendo scelto di farsi rappresentare da un presidente per caso, ci è dunque toccato anche un commissario per caso, che però ha in mano i destini della nostra salute. Dopo il flop delle mascherine e quello dei banchi, siamo dunque pronti alla terza ondata, ovvero alla pasticciata distribuzione dei vaccini. I presupposti perché la faccenda volga al peggio ci sono tutti. Invece di arrivare come in altri Paesi, il farmaco da noi è stato anticipato da una sceneggiata, con tanto di passerella automobilistica dal Brennero a Roma. Le fiale, meno di 10.000, sono state portate in processione manco fossero il Santissimo, il giovedì dopo la seconda settimana di Pentecoste. Peccato che altrove, invece di 10.000 dosi, ne siano arrivate centinaia di migliaia e in Germania ne abbiano comprate 30 milioni. Risultato, a oggi le persone vaccinate sono meno di 10.000 e se tutto va bene l'ultimo dell'anno si comincerà a fare sul serio. Visti i ritmi con cui si procede, qualcuno ha provato a fare i conti per capire quanto tempo ci vorrà per mettere in sicurezza gli italiani e garantire un'immunità collettiva. Da quel che si è capito, se si procede con la marcia di Arcuri finiremo nel 2022. Antonella Viola, immunologa dell'università di Padova che può essere annoverata tra le persone ottimiste, dice che la vaccinazione non risolverà nulla prima delle fine dell'anno che viene, vale a dire che ci dovremo tenere il Covid per i prossimi 12 mesi almeno. Tuttavia, mentre non si riesce a capire come e quando si potrà ricevere il farmaco Pfizer che dovrebbe renderci immuni al coronavirus, c'è chi sproloquia di obbligo vaccinale. Sì, l'idea è quella di imporre l'iniezione per legge, come le tasse e - un tempo - il servizio militare. Se una persona non si sottopone al trattamento sanitario scatta la tagliola. Si vorrebbe addirittura istituire dei cittadini di serie A, quelli vaccinati, e dei cittadini di serie B, quelli che al contrario non possono esibire il patentino di esenzione al virus. Un'idea che però si scontra proprio con l'inefficienza del governo. Che si fa, infatti, se milioni di persone non sono in grado di dimostrarsi immuni perché le strutture pubbliche sono in ritardo con le vaccinazioni? Che facciamo? Impediamo loro di salire sul treno o in aereo? Neghiamo il diritto di andare a scuola? Oppure, come pare piacere al compagno Pietro Ichino, giuslavorista ed ex senatore del Pd, li facciamo licenziare dai datori di lavori in quanto potrebbero trasmettere il virus? Per i teorici della costrizione farmacologica aggiungo un altro elemento di riflessione. Gli esperti si dividono sull'esigenza di vaccinare prima gli anziani o i giovani. I primi perché più deboli e i secondi perché potrebbero più facilmente esporre le proprie famiglie al contagio. Ma alle persone che lavorano e hanno 40, 50 o 60 anni, chi ci pensa? Di chi sorregge l'economia e contribuisce a far crescere il Pil che ne facciamo? Li confiniamo in casa senza patentino, costringendoli alla quarantena fino a che non saranno anche loro vaccinati? Vi rendete conto di quanto assurde sono le norme e di quanto siano importanti le domande con cui si dovrebbero incalzare il presidente del Consiglio e il commissario Arcuri? I veri No Vax, quelli che non ci fanno capire come, quando si potrà essere vaccinati sono loro. Con il contributo fondamentale del presidente dell'Ordine dei giornalisti, ente inutile del quale da quasi 30 anni chiedo l'abolizione, in quanto le domande impertinenti le sanno fare anche i bambini, mentre certi cronisti sanno solo rivolgere quelle accondiscendenti.