2024-01-30
I Verdi propongono di mettere fuorilegge i movimenti sovranisti e populisti
Richiesta a Bruxelles per valutare la compatibilità con i valori Ue del gruppo Id, in cui siedono anche la Lega, i lepenisti e l’Afd.Le elezioni europee si avvicinano e tra le fila della sinistra si diffonde il panico. Mentre esplodono le proteste anti-europee dei contadini e i sondaggi vedono i partiti di destra in vorticosa ascesa, la copresidente del gruppo dei Verdi, la tedesca Terry Reintke, vorrebbe che il Parlamento europeo avviasse un’inchiesta per verificare se il gruppo parlamentare Identità e Democrazia (Gruppo Id) «aderisce ai valori europei». In una intervista, Reintke ha sostenuto che, analogamente a quanto sta accadendo in Germania, dove il partito Alternative für Deutschland (Afd) è sotto inchiesta, bisognerebbe fare la stessa cosa a Bruxelles per valutare se il gruppo Identità e Democrazia sia «compatibile» con i valori dell’Unione europea fissati dall’articolo 2 del Trattato della stessa Ue. Con uno spiccato gusto per le semplificazioni, nella sua intervista l’esponente dei Verdi descrive i portatori di idee antieuropeiste direttamente come fascisti. L’indagine a livello europeo richiesta da Reintke potrebbe portare al bando dei partiti aderenti al gruppo Id.Marco Zanni, presidente del gruppo Identità e Democrazia, in una nota ha risposto ieri: «I Verdi, evidentemente preoccupati dal loro calo nei sondaggi e dalla crescita della Lega e dei suoi alleati in Europa, propongono addirittura di mettere fuori legge Identità e Democrazia. Se una cosa non piace a loro, va bandita, censurata, cancellata. Con che coraggio parlano di tutela delle minoranze, dopo che per cinque anni hanno promosso la vergogna del cordone sanitario contro chi non era allineato alla maggioranza, insultando il voto democratico e libero di milioni di elettori europei? Finalmente a sinistra gettano la maschera e mostrano il loro vero volto antidemocratico, intollerante e illiberale. Da loro, nessuna lezione».La boutade di Reintke appare avere molto a che fare con la politica interna tedesca, dove i Verdi continuano a perdere consenso e Afd è stabilmente il secondo partito dietro la Cdu. Nei giorni scorsi in Germania vi sono state diverse manifestazioni contrarie a Afd a seguito della diffusione di alcuni dialoghi nei quali membri del partito discutevano della «remigrazione» degli stranieri. Inevitabilmente, la questione coinvolge anche Bruxelles e il Parlamento europeo.L’indagine a livello europeo proposta da Terry si baserebbe sull’articolo 2 del trattato Ue, ma in particolare prenderebbe le mosse dal regolamento n. 1141/2014, relativo allo statuto e al finanziamento dei partiti politici europei.Nel regolamento si delinea la procedura di registrazione dei partiti politici europei, cui i gruppi parlamentari poi fanno riferimento. Il regolamento (art. 6) istituisce una Autorità per i partiti politici europei, che sovrintende alla registrazione dei partiti e valuta la sussistenza delle condizioni, anche dopo la avvenuta registrazione. È l’Autorità a decidere, su istanza o per propria iniziativa, se sussistono ancora i requisiti per poter essere iscritti al registro e dunque poter avere un gruppo nel Parlamento europeo. Esiste un comitato di personalità indipendenti, poi, che aiuta tale Autorità (di cui quasi nessuno prima d’ora sospettava l’esistenza, molto probabilmente) nei casi di valutazioni di questo tipo.I requisiti che i partiti europei devono avere per essere registrati sono elencati dall’articolo 3 del regolamento, che alla lettera c) recita: «rispettare, in particolare nel suo programma e nelle sua attività, i valori sui quali è fondata l’Unione, enunciati nell’articolo 2 Tue, vale a dire il rispetto della dignità umana, la libertà, la democrazia, l’uguaglianza, lo stato di diritto e il rispetto dei diritti dell’uomo, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze».È dunque questa la base sulla quale l’esponente tedesca dei Verdi vorrebbe agire per privare di rappresentanza politica nel Parlamento europeo i partiti che oggi fanno riferimento a Identità e Democrazia. In realtà, i tempi tecnici prima delle elezioni non vi sarebbero. Il problema, come sempre quando si parla di Europa, è la legittimazione democratica di istituzioni di cui nessuno sa nulla. La registrazione dei partiti politici europei avviene presso una Autorità di cui solo gli addetti ai lavori conoscono l’esistenza (Autorità per i partiti politici europei e le fondazioni politiche europee, il cui direttore è tale Pascal Schonard, avvocato francese).Ma al di là di questo, è evidente che in Europa esistono sensibilità diverse, perché l’Europa non è l’Unione europea. Quello che soprattutto appare stridente nella richiesta di bandire un partito dalla scena politica è la sua evidente strumentalità, in vista di elezioni che verosimilmente cambieranno il panorama politico attuale, spostando verso destra l’asse del Parlamento europeo. Vi è un sacro timore delle elezioni, come è evidente anche dai preoccupati editoriali che affollano le pagine dei maggiori quotidiani mondiali. Il terrore nei confronti del voto popolare rimane la cifra distintiva delle élite governanti, impegnate ad imporre un’agenda politica contrastante rispetto agli interessi delle masse, che pure dovrebbero rappresentare. Dovrebbe chiamarsi democrazia. Come dimenticare la celebre frase «I mercati insegneranno agli italiani a votare nel modo giusto», pronunciata nel 2018 dall’allora commissario europeo al Bilancio, Günther Oettinger? Dal paternalismo, evidentemente giudicato non più adatto a disciplinare l’elettorato, si passa ora ad una più sicura eliminazione delle alternative.
Container in arrivo al Port Jersey Container Terminal di New York (Getty Images)
La maxi operazione nella favela di Rio de Janeiro. Nel riquadro, Gaetano Trivelli (Ansa)
Nicolas Maduro e Hugo Chavez nel 2012. Maduro è stato ministro degli Esteri dal 2006 al 2013 (Ansa)
Un disegno che ricostruisce i 16 mulini in serie del sito industriale di Barbegal, nel Sud della Francia (Getty Images)
Situato a circa 8 km a nord di Arelate (odierna Arles), il sito archeologico di Barbegal ha riportato alla luce una fabbrica per la macinazione del grano che, secondo gli studiosi, era in grado di servire una popolazione di circa 25.000 persone. Ma la vera meraviglia è la tecnica applicata allo stabilimento, dove le macine erano mosse da 16 mulini ad acqua in serie. Il sito di Barbegal, costruito si ritiene attorno al 2° secolo dC, si trova ai piedi di una collina rocciosa piuttosto ripida, con un gradiente del 30% circa. Le grandi ruote erano disposte all’esterno degli edifici di fabbrica centrali, 8 per lato. Erano alimentate da due acquedotti che convergevano in un canale la cui portata era regolata da chiuse che permettevano di controllare il flusso idraulico.
Gli studi sui resti degli edifici, i cui muri perimetrali sono oggi ben visibili, hanno stabilito che l’impianto ha funzionato per almeno un secolo. La datazione è stata resa possibile dall’analisi dei resti delle ruote e dei canali di legno che portavano l’acqua alle pale. Anche questi ultimi erano stati perfettamente studiati, con la possibilità di regolarne l’inclinazione per ottimizzare la forza idraulica sulle ruote. La fabbrica era lunga 61 metri e larga 20, con una scala di passaggio tra un mulino e l’altro che la attraversava nel mezzo. Secondo le ipotesi a cui gli archeologi sono giunti studiando i resti dei mulini, il complesso di Barbegal avrebbe funzionato ciclicamente, con un’interruzione tra la fine dell’estate e l’autunno. Il fatto che questo periodo coincidesse con le partenze delle navi mercantili, ha fatto ritenere possibile che la produzione dei 16 mulini fosse dedicata alle derrate alimentari per i naviganti, che in quel periodo rifornivano le navi con scorte di pane a lunga conservazione per affrontare i lunghi mesi della navigazione commerciale.
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