2020-06-07
Luca Zaia: «I tamponi a tappeto? Una mia idea. Ma ora il governo ci faccia votare»
Il governatore leghista: «Mi diedero del razzista perché volevo la quarantena. Poche settimane dopo l'hanno fatta in tutta Italia. Investo sui medici ma Roma boicotta. Io alternativo a Matteo Salvini? Non faccio scalate interne».Luca Zaia, governatore del Veneto, il governo ha impugnato la decisione della Regione di finanziare un corso di laurea in medicina a Treviso. Che cos'è successo?«A Treviso abbiamo già 8 reparti clinicizzati, cioè universitari, con i primari che sono docenti a Padova. Abbiamo specializzandi che girano nelle corsie. I primi anni di medicina sono già attivati. Tra 8-10 mesi sarà ultimato un nuovo ospedale da 250 milioni di euro con 1.000 posti letto. La Regione ha approvato una legge per finanziare il completamento del corso di laurea, un'operazione decisa assieme all'università di Padova, cioè al rettore professor Rizzuto e al presidente della scuola di medicina Merigliano. Una evoluzione naturale, da ottobre partono le iscrizioni».Mancano medici, ed eccoli qua.«Macché: il governo ha dato il via all'impugnativa. Due ministeri, Sanità ed Economia».Motivo?«Ho messo 6 milioni di euro su questa operazione prendendoli dal fondo sanitario regionale, che ne conta 9 miliardi e 600 milioni. Per fare medici dopo il coronavirus».Ora che succede?«Ho parlato con Gualtieri, Speranza e Boccia. Il termine per depositare l'impugnativa è il 16 giugno. Sono fiducioso che si troverà una soluzione. Altrimenti si sappia che io vado avanti lo stesso e a ottobre faccio le iscrizioni assieme all'università che è al mio fianco».E se il governo tira dritto?«Andremo alla Corte costituzionale e lì succederà il diavolo a quattro, perché una cosa simile grida vendetta. Sono già andato una volta alla Corte e ho portato a casa il referendum».A metà febbraio lei era quello che voleva chiudere gli aeroporti ai cinesi.«Era il 3, non metà». Che elementi aveva per chiedere quel provvedimento?«Il buonsenso. Era una lettera ufficiale al governo per mettere in isolamento fiduciario tutti i ragazzi in età scolastica provenienti dalle zone infette della Cina, oltre a turisti, imprenditori e lavoratori che tornavano da Wuhan e dintorni».Nessuno in quel periodo voleva chiudere. Lei si è preso del razzista.«Poche settimane dopo, la quarantena che chiedevo è diventata normale per tutta Italia. Ecco il livello di ipocrisia di questo Paese».La sua lettera non ebbe seguito.«Anche molta gente comune mi diede del razzista, i cittadini non hanno meno colpe dei politici. Ma chi guarda avanti non trova consenso immediato».Dopo quel 3 febbraio la Regione Veneto che cosa fece?«Non dopo, prima. A metà gennaio abbiamo iniziato con riunioni e la costituzione di task force provinciali: parlano le carte. L'11 febbraio viene depositato il piano di sanità pubblica d'emergenza. Sono le attività che avevamo fatto con l'aviaria, Ebola, Sars e la West Nile. Ma quelle sono rimaste esercitazioni, stavolta no».Il 21 febbraio si scopre il primo malato.«Mi chiamano alle 4 del pomeriggio per dirmi: abbiamo i primi due positivi da coronavirus. A quel punto è scattato il piano di emergenza che prevedeva la convocazione della task force provinciale. E in quella sede io ho deciso tre cose».Riepiloghiamo.«Fare 3.000 tamponi nel Comune di Vo', dove abitavano i malati; chiudere l'ospedale di Schiavonia dove erano ricoverati i due contagiati e mettere fuori dagli ospedali del Veneto le tende riscaldate per dividere i flussi di pazienti. A Schiavonia sono state montate in due ore».Quindi i tamponi a Vo' sono una sua decisione.«In quel modo abbiamo scoperto che gli infetti erano 66, dei quali gran parte senza sintomi e se non fossero stati individuati chissà cos'avrebbero combinato».Avete chiuso subito scuole e chiese.«Ma anche il carnevale, i musei e tante altre attività».Il Veneto è sempre stato un passo avanti al governo nelle chiusure.«In realtà è stato un percorso fatto assieme, su questo nessuno aveva il libretto delle istruzioni. In ogni caso il virus, quando si manifesta, va combattuto nel modo inventato dalla Repubblica veneta con la peste del Trecento: la quarantena, l'isolamento».E ora siete stati i primi a chiedere di riaprire.«Possiamo dire di avere gestito bene l'epidemia. E con la stessa responsabilità ho detto che era ora di rompere l'isolamento. In Veneto le spiagge sono riaperte dal 18 maggio e sono tutte attrezzate a dovere».Il governo ha perso tempo?«Il problema maggiore è sui rapporti internazionali e la riapertura delle frontiere: non possiamo pensare di promuovere a giugno la stagione turistica. Il Veneto è la prima regione turistica d'Italia, con 18 miliardi di fatturato è la nostra prima industria con il 60% di ospiti stranieri. Frontiere chiuse significa fallimento».Ora le prenotazioni arrivano?«Abbiamo la fortuna di avere turisti molto fedeli. A Jesolo sono già arrivati parecchi tedeschi. Una famiglia austriaca ha fatto il giro dalla Svizzera all'andata e anche al ritorno per evitare la quarantena se fosse passata per Tarvisio. Per molti il Veneto è una seconda casa. Austriaci e tedeschi vogliono venire, ma questa politica dei corridoi a macchia di leopardo è uno scandalo. Questa non è l'Europa, vogliamo pari opportunità, non possiamo essere trattati da appestati. E il governo deve farsi valere». Dove altro ha sbagliato il governo?«Le linee guida per le riaperture sono quelle redatte dalle Regioni. Con quelle dell'Inail sarebbe stato il deserto dei Tartari nelle spiagge, nei ristoranti e nei centri estivi».Come vive il fatto che tutti i sondaggi la considerano un leader nazionale, per giunta in alternativa a Matteo Salvini?«Tempo perso. Non sono un'alternativa a nessuno, tantomeno a Salvini. Questi sono sondaggi da epidemia, fanno piacere ma non sono un campione significativo dopo tre mesi in cui i governatori sono stati in prima fila. Io comunque non ho né ambizioni di scalate interne e tantomeno esterne al governo. Sono concentrato sul Veneto, punto. Ho una storia di tanti anni in Lega e non ho mai fatto il barricadiero o lo scalatore».Le elezioni amministrative si devono tenere a fine luglio?«Questo governo certo non passerà alla storia per la democrazia delle elezioni. A giugno è tutto aperto, fuorché discoteche, teatri, cinema e sale gioco, questione di giorni, ma arriveremo a fine luglio e ci dovranno dire per quale motivo i cittadini non possono andare a votare. Intanto la Corea ha votato ad aprile, la Francia voterà a metà giugno, e noi veniamo rimbalzati a settembre». Si ipotizza anche ottobre.«Sono scaduto il 31 maggio e mi domando per quale motivo io, gli altri governatori e un migliaio di sindaci dobbiamo avere una proroga di 4 o 5 mesi».Parla contro il suo interesse.«Il mio interesse è che le regole siano applicate. Non votare è una sospensione della democrazia. Trovo assurdo quello che sta accadendo. Ed è scandaloso aprire le scuole per poi richiuderle subito. Se proprio si deve votare a settembre, lo si faccia nella prima quindicina prima che riaprano le scuole».
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