2020-11-02
«I soldi europei sono trappole che faranno alzare le tasse»
L'economista Gustavo Piga: «Con il Recovery fund Bruxelles ci impresta denaro, in cambio dovremo arrivare al pareggio di bilancio entro il 2023. E senza crescita la stangata è inevitabile».«Un po' meglio del Mes, ma anche il Recovery fund contiene una trappola. L'Europa ci presta i soldi ma in cambio dobbiamo abbattere il deficit per arrivare al pareggio di bilancio primario nel 2023. Questo significa che nel prossimo triennio, nel momento più difficile per la nostra economia che sarà ancora in balìa del Covid, il governo si è impegnato a fare manovre di maggiori tasse o tagli alle spese da 16-17 miliardi annui. Non solo. Invece di usare i prestiti europei per fare investimenti che darebbero slancio alla crescita, proprio per questo patto scellerato con la Ue, li utilizzeremo per finanziare spese già previste. Quindi senza alcun effetto positivo per l'economia». L'economista Gustavo Piga, di cui è uscito in questi giorni il libro L'interregno. Una terza via per l'Italia e l'Europa (Hoepli editore), smaschera il bluff del governo e fa capire che cosa si cela dietro il Recovery fund. Spiega anche come la manovra espansiva sbandierata dal ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri, sia un inganno. Ci aspettano nuove tasse o tagli draconiani alle spese proprio nel momento in cui il Paese è più fragile. La manovra espansiva, la crescita dell'economia, sono solo belle promesse?«Andiamo con ordine. La Nota di aggiornamento al documento di economia e finanza delinea la cornice per la prossima manovra economica e indica gli obiettivi per il prossimo triennio». Fino a qui ci siamo. Il ministro Gualtieri ha detto che il deficit nel 2021 aumenterà dal 5,7% al 7%. Cioè sarà una manovra espansiva. Cos'è che non quadra?«Ad aprile il governo aveva posto come obiettivo per il 2021 un calo del deficit dal 10% del 2020 al 5,7%, poi alzato al 7% con la Nota di aggiornamento di settembre. Il maggior deficit è l'1,3% del Pil, circa 22 miliardi. Su questi dati il ministro Gualtieri ha detto che la manovra sarà espansiva perché ci sono 22 miliardi da dare all'economia. Si dovrebbe però dire che la manovra sarà solo meno austera di quanto previsto ad aprile, ma comunque resterà austera dal momento che il punto di partenza è un deficit di oltre il 10% del 2020 che deve scendere al 7%».Quindi il governo comunque stringe i cordoni della borsa.«Se poi guardiamo agli obiettivi di rientro dell'indebitamento nei prossimi tre anni, quale emerge nelle tabelle della Nota di aggiornamento, per il 2023 è previsto di toccare la soglia del 3%».Ma l'obiettivo del deficit al 3% del Pil non era uno dei parametri del trattato di Maastricht? Quindi la politica del rigore è sempre valida nonostante il Covid?«Proprio così. Anzi fa parte delle regole più o meno esplicite per accedere ai fondi del Recovery plan. L'Europa ciò che dà con una mano toglie con l'altra. Il Recovery stanzia risorse importanti per i Paesi colpiti dalla pandemia ma con la formula del “do ut des". È una solidarietà condizionata. L'Europa viene in aiuto con finanziamenti a fondo perduto e prestiti consistenti, ma in cambio chiede l'impegno che nei prossimi tre anni il deficit sia abbattuto per arrivare al pareggio di bilancio». Il Paese sarà obbligato a stringere la cinghia proprio nel momento di maggior fragilità?«Proprio così. Nel prossimo triennio, quando chissà se sarà stato debellato il Covid, quando le imprese saranno stremate dalla crisi e i consumatori faticheranno a recuperare la fiducia, ecco che invece di avere l'assistenza dello Stato, questo ci chiederà altri sacrifici. E per cosa? Per mantener fede al patto con l'Europa previsto dal Recovery. Non è una mia opinione, non è pensar male. È un percorso scritto nero su bianco nella Nota di aggiornamento che, come abbiamo detto, è il binario su cui si muoveranno le prossime manovre economiche».Rientro del deficit vuol dire nuove tasse?«Basta guardare all'evoluzione del deficit strutturale indicato nel Def aggiornato, che è quello che misura la posizione del governo. Diminuisce ogni anno dell'1% di Pil, cioè 16-17 miliardi. Questo miglioramento non ha niente a che fare con la crescita dell'economia ma è un miglioramento dovuto al fatto che il governo decide di aumentare le tasse o ridurre le spese di 17 miliardi l'anno di qui al 2023. Parte del rientro dell'avanzo primario di 120 miliardi nel triennio è dovuto alla crescita dell'economia ma parte è dovuto a questa ansia del governo di arrivare al pareggio di bilancio nel triennio in cui l'economia dovrebbe rifiatare».L'aumento delle entrate può dunque essere dovuto anche alla crescita dell'economia, non necessariamente a nuove tasse.«Sì, ma ricordiamoci che noi cresciamo molto poco. Le stime di una crescita del 6% nel 2021 e del 3% nel 2022 in realtà compensano il -9% di quest'anno. Questo vuol dire che tra due anni saremo tornati ai livelli di produzione pre Covid. Non è un risultato pazzesco questo +6 e +3%».Ma almeno i soldi che ci presta l'Europa serviranno agli investimenti, a far crescere il Paese?«L'utilizzo dei prestiti del Recovery sono l'altra conferma del patto scellerato con l'Europa, cioè del rientro del deficit in cambio di aiuti. Nella Nota di aggiornamento del Def emerge che i prestiti del Recovery, non quelli a fondo perduto ma gli altri a tassi molto bassi, non saranno utilizzati».Che vuol dire che non saranno utilizzati i soldi del Recovery?«Non verranno utilizzati per quello che ci aspetteremmo e che servirebbe al Paese, cioè per gli investimenti. Serviranno invece a finanziare le spese già previste che, in assenza degli aiuti europei, sarebbero state coperte con debito pubblico interno. C'è un effetto di sostituzione, come si dice in modo tecnico, cioè i soldi europei vengono utilizzati al posto di quelli del bilancio italiano; ma così l'effetto sull'economia è pari a zero. Tranne il piccolo risparmio per i minori interessi».Come può dire che i fondi europei non andranno a nuovi investimenti?«Se fossero destinati agli investimenti, l'indebitamento crescerebbe. Invece, come è scritto nel Def aggiornato, il deficit nel 2023 deve scendere al 3% del Pil proprio per obbedire al patto scellerato con l'Europa. Persino la Banca d'Italia ha detto che l'indebitamento va bene se è a fronte di investimenti utili al Paese perché l'effetto è la crescita dell'economia e il calo del rapporto tra debito pubblico e Pil». Da quello che dice, il Recovery fund sarebbe da rifiutare.«Una parte positiva il Recovery, al contrario del Mes, ce l'ha: sono i finanziamenti a fondo perduto e sono quelli che saranno utilizzati per gli investimenti». Qualcosa di buono quindi ne verrà fuori?«Speriamo, ma dubito. Temo che invece di focalizzare l'attenzione su dieci grandi progetti, il premier Giuseppe Conte finirà per assecondare le richieste dei ministri e ministeri e disperdere i fondi in mille rivoli. Temo i piccoli investimenti a caso senza una visione di lungo periodo, senza una strategia. Immaginate cosa potrebbe succedere se un giorno Conte dicesse ai ministeri che sarà lui a decidere le priorità».Quali sarebbero i dieci progetti per far ripartire il Paese?«Vedo, ma non solo io, queste priorità: edilizia scolastica, porti, manutenzione delle strade, dissesto idrogeologico, trasporto pubblico locale, edilizia antisismica, infrastrutture idriche soprattutto nel Mezzogiorno, alta velocità, edilizia carceraria e infine fondi per migliorare la qualità delle stazioni appaltanti. Conte dovrebbe seguire questa strada ma non mi sembra che sia intenzionato a farlo. Sono quindi due le occasioni perdute. La prima, che non prendiamo a prestito i soldi del Recovery fund per far ripartire l'economia con investimenti pubblici privilegiando invece il rientro del deficit, e la seconda che i soldi a fondo perduto saranno dispersi in mille rivoli. Sono dieci anni che il nostro Paese non attua un piano serio di investimenti. Questa poteva essere l'occasione, invece la stiamo sprecando».Forse è per non cedere a tali condizioni che la Spagna non prende i prestiti del Recovery?«I prestiti vanno restituiti e prenderli aumenta il debito rendendo più difficile arrivare al pareggio di bilancio. Madrid si finanzia già a tassi molto bassi, pertanto non ha interesse a indebitarsi ulteriormente con l'Europa, non ha alcun vantaggio». È stata presa in considerazione l'ipotesi che la pandemia prosegua anche nel 2021?«Il Def e la Nota di aggiornamento sono stati scritti ipotizzando che la pandemia si sarebbe esaurita entro il 2020. L'andamento attuale lascia invece prevedere che ci sarà una coda lunga nel 2021. Se il Covid resiste, tutti gli obiettivi di crescita e di spesa vanno riscritti. Ci troveremo nella situazione di aver bisogno di più risorse per aiutare le aziende e i lavoratori. La grande incognita è se il Covid si prenderà un altro anno della nostra vita. Allora l'Europa sarà costretta e far slittare tutte le scadenze di rientro del deficit e di pareggio di bilancio».