2020-07-14
Conte ci è già costato 18 miliardi
Il premier è indeciso a tutto tranne che a tenersi stretta la poltrona. Così i suoi ritardi su Alitalia, Ilva e pure sulla partita Autostrade pesano già sul nostro bilancio la metà di quanto vorrebbe chiedere al Fondo salvastati. E da Angela Merkel non arrivano buone notizie. Quanto ci costano i ritardi di un presidente del Consiglio indeciso a tutto tranne che nel tenere la poltrona? A occhio e croce più di 18 miliardi, vale a dire almeno la metà di quei soldi che Giuseppe Conte vorrebbe ottenere dal Fondo salvastati, ma che non ha la forza di chiedere per paura di essere costretto, dai grillini, a fare le valigie. Vi chiedete come sia possibile che la pochette più ondivaga mai vista al governo possa far pagare un simile prezzo al Paese? La risposta è semplice e per rendersene conto è sufficiente saper mettere in fila qualche cifra. Prendete per esempio la vicenda che in questo momento sta tormentando il premier, ovvero la revoca della concessione ad Autostrade. A cadaveri ancora caldi, Conte annunciò che avrebbe estromesso i Benetton dalla gestione delle autovie pubbliche, precisando che la giustizia civile e penale viaggia sui binari dei codici, ma quella politica non può attendere le sentenze dei tribunali per prendere la sua decisione. Detto fatto: a due anni di distanza, il governo non ha ancora deciso che cosa fare. Con la famiglia dei maglioni multicolor, il presidente del Consiglio è arrivato alle male parole, ma due anni dopo il crollo del ponte Morandi, dunque con un ingiustificato ritardo, la scelta rischia di costarci parecchio e di fornire ai Benetton ottimi argomenti per vedersi riconoscere un danno.Il gruppo trevigiano rivendica penali stratosferiche in caso di nazionalizzazione della rete autostradale. Ma anche se non si trattasse delle cifre paventate dai Benetton, comunque vada per lo Stato rischierebbe di essere un salasso. Già, perché anche dopo essere stato rivisto al ribasso, grazie a una discutibile modifica contrattuale avvenuta dopo il disastro, il risarcimento non sarà di 23 miliardi ma si aggirerebbe pur sempre intorno ai 7, cioè non proprio noccioline. Già questo dovrebbe far pensare, perché invece di sanzionare Autostrade per la mancata manutenzione si rischia addirittura di indennizzarla, cosa che suonerebbe paradossale, in quanto a chi ha sbagliato si riconoscerebbe una specie di premio multimiliardario. Tuttavia, 7 miliardi rischiano di essere pochi perché, come hanno calcolato gli esperti del settore, per mettere in sicurezza le arterie date in gestione ai Benetton servirebbero investimenti per almeno altri 7 miliardi. In sintesi, per riprendere il controllo di ciò che è suo - o meglio degli italiani -lo Stato spenderebbe 7 miliardi più altri 7: totale 14 e per di più avendo abbassato le tariffe per punire i magliai a colori, senza neppure il conforto degli introiti derivanti dai pedaggi come ai bei tempi, cioè prima del crollo di Genova.Ecco, due anni di ritardi e di mancata traduzione in pratica delle molte promesse fatte da Giuseppe Conte sulla materia, rischiano di tradursi in una batosta per le casse pubbliche. Per il contribuente, oltre al danno ci sarebbe la beffa di dover mettere mano al portafogli. Mentre migliaia di aziende aspettano di ricevere un aiuto, il governo staccherebbe un maxi assegno alla famiglia trevigiana, a compensazione della «caducazione della concessione», per usare una formula cara al premier.Ma non è finita. Le mancate decisioni dell'avvocato di Volturara Appula rischiano di costare un altro miliardo e mezzo. Questa volta i soldi non andrebbero alla famiglia veneta, ma agli indiani. Sì, per riprendere il controllo dell'Ilva dopo un tira e molla durato un anno, Giuseppi sarebbe pronto ad aprire ancora il portafogli. Ovvio: non il suo, ma quello degli italiani. L'assegno, come detto, questa volta sfiorerebbe il miliardo e mezzo. Inutile ricordare che anche con i padroni dell'acciaieria il presidente del Consiglio fece la voce grossa, minacciando sfracelli e citazioni in tribunale. Risultato: dopo mesi il gruppo francoindiano si prepara a far le valigie e, invece di incassare, al nostro Paese toccherà pagare la buonuscita.Al disastro delle trattative con Autostrade e Ilva si aggiunge poi quello di Alitalia, che promette di costare ai contribuenti altri 3 miliardi. Dopo aver trattato a lungo con gli americani di Delta, con le Ferrovie e poi, su spinta grillina, anche con i tedeschi di Lufthansa, alla fine la compagnia di bandiera non sarà maritata con nessuno e rimarrà zitella a carico delle casse pubbliche. Così, uno Stato incapace di trovare un partner per gli aerei tricolori spera di riuscire a farli decollare senza perdere troppi soldi. Speranza destinata quasi certamente a schiantarsi, come finora si sono schiantati tutti i progetti di rilancio. Con la conseguenza che a decollare saranno solo i conti in rosso. Grazie all'assenza di coraggio e decisione, dunque, le promesse di Conte ci costano più di 18 miliardi. E dove troverà il governo questi soldi che al momento il nostro Paese non ha? Il premier contava di convincere Angela Merkel a sganciare i quattrini, ma nonostante le parole entusiastiche del governo non risulta che ieri la cancelliera si sia fatta abbindolare dal linguaggio da azzeccagarbugli di Conte. Gli unici che sono caduti in deliquio per i suoi giochi di prestigio sono i grillini e i piddini. Peccato che il biglietto per lo spettacolo non lo paghino loro, ma noi.