L’escalation in Medio Oriente manda in mille pezzi i dem statunitensi. Ma anche la base Maga è in subbuglio. Carlson attacca il suo leader: «Si è reso complice».
L’escalation in Medio Oriente manda in mille pezzi i dem statunitensi. Ma anche la base Maga è in subbuglio. Carlson attacca il suo leader: «Si è reso complice».La nuova crisi tra Israele e Iran potrebbe avere effetti dirompenti sulla politica interna statunitense. Innanzitutto, si stanno registrando delle significative spaccature nel Partito democratico. Se deputati dem come Steven Horsford e Jared Moskowitz si sono schierati con lo Stato ebraico, l’ala di estrema sinistra si è collocata su posizioni opposte. «Gli attacchi sconsiderati e l’escalation di Israele contro l’Iran rischiano di innescare una guerra regionale più ampia e di minare i negoziati pianificati per un potenziale nuovo accordo nucleare», ha tuonato la deputata Pramila Jayapal. Non è del resto un mistero che la questione mediorientale sia fonte di divisioni per l’Asinello. Il punto è che questa nuova crisi rischia di spaccare ulteriormente un partito, quello democratico, da mesi in preda alla più totale confusione interna, oltre che alla disperata ricerca di una leadership politica degna di questo nome. Ciò significa che quanto sta accadendo attualmente in Medio Oriente potrebbe addirittura aggravare la già complicata situazione che caratterizza l’Asinello, gettandolo ancora di più nel caos. Ciò detto, anche il mondo repubblicano ha le sue divisioni intestine. Da una parte, vari esponenti del Gop si sono schierati nettamente con lo Stato ebraico. «Il presidente Donald Trump è stato chiaro sul fatto che l’Iran deve smantellare completamente la propria capacità nucleare. L’Iran ha fatto un gesto di disprezzo al presidente Trump. Israele sta agendo per difendersi. E noi dovremmo stare al suo fianco», ha dichiarato il senatore del Texas, Ted Cruz. «Applaudo il coraggio e l’audacia del primo ministro Benjamin Netanyahu, delle Forze di difesa Israeliane e del Mossad. E lodo il presidente Trump per il suo costante sostegno a Israele e la sua opposizione al programma nucleare iraniano», ha inoltre commentato il senatore dell’Arkansas Tom Cotton. A favore dell’attacco si è anche espressa Laura Loomer, influente esponente della galassia Maga. «All’Iran non dovrà mai essere permesso di possedere un’arma nucleare», ha twittato. Di tutt’altra opinione si è mostrato invece il giornalista conservatore Tucker Carlson. «Se Israele vuole scatenare questa guerra, ha tutto il diritto di farlo. È un Paese sovrano e può fare ciò che vuole. Ma non con il sostegno dell’America», ha dichiarato, accusando inoltre il presidente americano di essere «complice dell’atto di guerra». Ricordiamo che, già ai tempi della prima amministrazione Trump, Carlson era un fautore della linea morbida nei confronti di Teheran. Tutto questo lascia intendere come la crisi rappresenti un delicato test di politica interna anche per lo stesso Trump. Il presidente americano dovrà infatti trovare una quadra tra le varie anime del mondo conservatore statunitense. Trump, come è noto, era a conoscenza in anticipo dell’attacco israeliano, da lui definito «eccellente». Agli occhi del presidente americano, l’offensiva dello Stato ebraico contro i siti iraniani è un mezzo con cui spingere Teheran a sedersi al tavolo delle trattative sul nucleare con meno pretese. Per la Casa Bianca è infatti impellente che gli ayatollah rinuncino all’arricchimento dell’uranio in vista di un eventuale accordo sull’energia atomica. Così come sul fronte interno, anche su quello mediorientale Trump sta quindi cercando di realizzare un difficile bilanciamento. Si tratta, senza dubbio, di una scommessa particolarmente rischiosa. E Trump dovrà adesso muoversi con estrema cautela, anche per cercare di tenere unito il più possibile il mondo conservatore statunitense.
Nadia Battocletti (Ansa)
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Ansa
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