2018-09-24
I profughi venezuelani arrivano in Spagna e mettono in crisi il governo Sanchez
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L'esecutivo di Pedro Sánchez è alle prese con i richiedenti asilo in fuga dal regime di Nicolás Maduro. Molti politici della maggioranza, tra cui l'ex premier José Luis Rodríguez Zapatero e il leader di Podemos Pablo Iglesias, hanno però lavorato per la dittatura tanto che ora le opposizioni attaccano sulla doppia morale dei finti progressisti.Mentre in Italia si dibatte del neonato decreto Salvini sulla sicurezza con una stretta sui richiedenti asilo, altrove c’è un governo che accoglie i migranti in fuga da una dittatura con la quale però ha buoni, se non ottimi rapporti, con tanto di politici inviati a fare da consulenti e mediatori per il regime di Nicolás Maduro. È quanto sta accadendo in Spagna con la crisi dei migranti venezuelani, che chiedono al governo socialista di Pedro Sánchez di essere trattati come rifugiati politici. Qualcosa di simile avvenne 80 anni fa, ma a parti invertite: i rapporti tra Spagna e Venezuela, infatti, risalgono alla guerra civile del 1936-1939, quando molti spagnoli in fuga dal conflitto emigrarono verso il Sud America. Il primo ministro Sánchez, leader del Partito socialista operaio spagnolo, nella sua recente visita in Sud America non è riuscito a pronunciare la parola «dittatura» parlando del regime di Maduro, limitandosi a un «non si può dire che il Venezuela sia una democrazia poiché ci sono prigionieri politici». In quell’occasione c’era al suo fianco il presidente colombiano Iván Duque, che invece non si è tirato indietro ha definito il governo bolivariano una «vergognosa dittatura». Ma non è tutto. Come ha analizzato Diego Torres su Politico Europe, la Spagna vive un paradosso venezuelano, con alcuni politici, tutti a parole progressisti e sostenitori delle frontiere aperte, che lavorano per la dittatura bolivariana. Il partito di Sánchez ha storici legami con il Venezuela, basti pensare che l’ex leader e primo ministro José Luis Rodríguez Zapatero, uno dei tanti papi stranieri nella storia della sinistra italiana, è stato a lungo impegnato nella mediazione tra il regime venezuelano e l’opposizione. Tuttavia, i più vicini alla dittatura di Caracas sono i politici di Podemos, il partito di estrema sinistra che garantisce la maggioranza in Parlamento al governo di Sánchez, probabilmente il più fragile nella recente storia politica spagnola. Molti dei vertici di questa formazione, nata nel 2014 in rottura con l’establishment e l’austerità europea, hanno lavorato come consulenti per il governo di Hugo Chávez, il predecessore di Maduro, e propagandata il regime venezuelano come modello per i Paesi del Sud Europa. Tra questi perfino il leader Pablo Iglesias, la cui fondazione ha ricevuto finanziamenti non soltanto dal regime venezuelano ma anche dalla dittatura islamica dell’Iran.Quello venezuelano è a tutti gli effetti un esodo che ha pochi precedenti nella storia del Sud America e che preoccupa il mondo, e in modo particolare, visti i legami storici, la Spagna. Per l’Istituto nazionalista di statistica spagnolo (Ine), in Spagna vivono 95.474 venezuelani (dati aggiornati al 1° gennaio 2018), ma secondo alcune organizzazioni non governative le cifre potrebbero essere molto più alte. Secondo le Nazioni Unite, dal 2014 oltre 2,3 milioni di venezuelani hanno lasciato il Paese che, sotto dittatura bolivariana di Nicolás Maduro, sta vivendo una lunga fase, iniziata con la presidenza di Hugo Chávez, di crisi economica, sociale, politica e sanitaria, nonostante sia uno degli Stati più ricchi del continente. I dati Eurostat raccontano invece come nel 2017 ci siano state 10.350 domande di protezione internazionale da parte di venezuelani in Spagna, mentre quest’anno siano state già di più, cioè 11.805, di cui soltanto 26 sono state approvate. Ma i numeri dell’Unhcr, l’organismo delle Nazioni unite che si occupa di rifugiati, di molto superiori: oltre 40.000 venezuelani hanno cercato accoglienza in Spagna soltanto nel 2016 e nel 2017. Per comprendere la gravità dell’esodo venezuelano basti pensare che ha smosso perfino Michelle Bachelet, l’ex presidente del Cile e fan dell’ex dittatore cubano Fidel Castro, che qualche giorno fa, appena divenuta Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, si è detta pronta inviare personale in Italia per valutare l’esistenza di un’emergenza razzismo. La Bachelet ha attaccato duramente il regime di Maduro, sottolineando che che in America Latina la situazione è peggiorata in gran parte a causa di ciò che sta accadendo in Venezuela. Ma il dittatore non indietreggia, anzi: secondo lui chi scappa dal suo Paese lo fa con le tasche «piene di dollari» e cadendo nell’inganno degli Stati Uniti.L’opposizione di centrodestra sta conducendo una dura campagna contro il governo di Sánchez, sottolineando il paradosso venezuelano. Nonostante il premier abbia appoggiato le sanzioni europee contro gli uomini di Maduro (i parlamentari di Podemos sempre assenti alle sedute all’Eurocamera), il Partito popolare accusa l’esecutivo di aver adottato una linea troppo morbida verso il regime. Linea ben diversa da quella adottata dall’ex leader e premier popolare Mariano Rajoy, che alzò il livello dello scontro con Maduro facendosi promotore delle prime sanzioni europee. L’attuale leader del partito, Pablo Casado, ha sottolineato le ambiguità del governo socialista, invitandolo a concedere uno status di protezione temporaneo ai venezuelani rifugiatisi in Spagna, affinché siano garantiti loro la residenza e il permesso di lavoro. Anche Albert Rivera, numero uno del partito centrista Ciudadanos al quale nel 2016 fu caldamente sconsigliata una visita in Venezuela ad alcuni prigionieri politici come l’ex sindaco di Caracas Antonio Ledezma, si è schierato contro il governo socialista: «Fino a quanto dovremo sentirci in imbarazzo davanti a un ex premier spagnolo (Zapatero, ndr) che difende la dittatura di Maduro in Venezuela?», ha scritto su Twitter. A non andare giù alle opposizioni di centrodestra sono il continuo invito al «dialogo» fatto da Sánchez al regime venezuelano e la contrarietà del governo socialista ai piani statunitensi per rovesciare la dittatura di Maduro.
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