2019-01-10
Aprire i porti è un regalo ai terroristi
Ieri sui principali siti d'informazione si poteva leggere ogni minimo dettaglio dell'accordo che ha permesso di sbloccare il caso dei 49 immigrati a bordo della Sea-watch e della Sea-eye. Foto di esultanza dei richiedenti asilo, dichiarazioni del premier maltese che ha deciso di farli scendere a terra, filmati del trasbordo dalla nave della Ong a quella di soccorso, cronistoria dell'evento, racconto della polemica che oppone il ministro dell'Interno italiano all'Europa e ad alcuni esponenti del suo stesso esecutivo. (...)(...) Su Repubblica.it - che quando ci sono di mezzo i profughi quasi sempre esagera - addirittura era possibile seguire la diretta tv dell'arrivo a Malta del gruppetto di extracomunitari. Dunque l'evento era più «coperto» dell'incoronazione di un capo di Stato o del Papa. Il trattamento riservato ai 49 stranieri strideva però un po' con quello dedicato a un'operazione condotta dai carabinieri e dalla Procura di Palermo. Nella notte fra martedì e mercoledì gli uomini dei Ros hanno fermato una quindicina di persone tra la Sicilia e la Lombardia, accusandole di aver messo in piedi un'organizzazione clandestina che si occupava di far sbarcare in Italia criminali e terroristi. Grazie alla soffiata di un jihadista pentito, gli inquirenti sono infatti riusciti a scoprire una rete che con veloci gommoni faceva arrivare sulle nostre coste delinquenti e fondamentalisti. «Voglio evitare che vi troviate un esercito di kamikaze in Italia», ha confidato la gola profonda, svelando un traffico tra la Tunisia e la Sicilia. L'organizzazione trasportava uomini e contrabbandava sigarette. Per ogni profugo il prezzo richiesto superava i 5.000 dinari tunisini, tariffa che però raddoppiava quando l'uomo da trasbordare era un ricercato o un aspirante martire della jihad. Secondo i magistrati, la banda era non solo attiva, ma costituiva (e in parte costituisce, visto che il capo non è stato arrestato) «un'attuale e concreta minaccia per la sicurezza nazionale». La notizia, minimizzata dai principali organi di informazione che preferiscono dedicare il massimo dell'attenzione ai 49 immigrati della Sea-watch, è di un certo rilievo perché dimostra almeno un paio di cose. La principale è piuttosto evidente, anche se sottovalutata. Ovvero che i numerosi allarmi lanciati nel passato riguardo alla possibilità che via mare non arrivassero solo profughi, ma anche terroristi, non erano da ignorare. Nonostante i media e anche i politici abbiano fatto spallucce quando noi, quasi solitari, denunciavamo che in Tunisia, grazie alle primavere arabe, erano state aperte le galere e molti delinquenti avevano intenzione di raggiungere l'Italia, avevamo ragione. Altro che invenzioni o speculazione sulla paura delle persone. Con i gommoni veloci, assieme alle sigarette, sulle nostre coste arrivavano anche gli avanzi di galera, alcuni dei quali, come lascia intendere la Procura, non solo per sfuggire alla giustizia, ma anche per organizzare la guerra santa.Uno degli arrestati è infatti accusato di aver diffuso materiale propagandistico sulle attività svolte da gruppi islamici terroristici. Che su un barcone sia arrivato uno dei tanti martiri di Allah che sognano di farsi esplodere in mezzo alla folla, a dire il vero non è una novità. Anis Amri, il terrorista che a Berlino uccise 12 persone poco prima del Natale di due anni fa, era arrivato nel nostro Paese su una delle carrette del mare. E al nome dell'attentatore che finì la sua fuga a Sesto San Giovanni, ucciso da un agente di polizia che lo fermò per caso, se ne potrebbero unire altri, tutti aspiranti profughi, ma soprattutto aspiranti jihadisti. A rappresentare una novità, però, è la rete criminale, ovvero l'organizzazione che si prendeva cura, in cambio di 10.000 dinari tunisini, di far espatriare delinquenti e terroristi. A dire il vero neppure il sistema di traghetti per spacciatori e fondamentalisti è una novità. Come dicevamo, nel passato ne scrivemmo su questo giornale. E mesi fa, appena diventato ministro dell'Interno, fu lo stesso Salvini a dire che «spesso e volentieri la Tunisia esportava non gentiluomini, ma galeotti». La frase finì in prima pagina, ma non per suscitare allarme fra i lettori, bensì per attaccare il capo della Lega, accusato di seminare odio e di rovinare i rapporti con i Paesi vicini di là dal Mediterraneo. A nessuno venne in mente di verificare se non ci fosse una via della droga, delle sigarette e dell'illegalità che dall'Africa potesse facilitare la traversata dei terroristi. No, non sia mai. Meglio parlare dei 49 migranti lasciati in mezzo al mare. Sono quelli, i loro destini, le loro aspirazioni, il loro tormento ad attirare l'attenzione delle redazioni. Del resto, da una categoria che per anni ha creduto che i brigatisti fossero «sedicenti» non ci si può certo aspettare che adesso creda che i terroristi islamici siano veri. Al massimo c'è da augurarsi che dopo la chiusura dei porti almeno tengano chiusa la bocca.
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