2021-05-12
I piani regionali sbaragliati da Pfizer. Figliuolo punta tutto su medici e farmacie
(Thiago Prudencio/SOPA Images/LightRocket via Getty Images)
Il colosso: «Richiamo a 21 giorni». Le campagne vanno adeguate Il commissario alza il target a 1 milione di vaccinazioni al giorno.«Il vaccino è stato studiato per una seconda somministrazione a 21 giorni. Dati su di un più lungo intervallo di somministrazione al momento non ne abbiamo se non nelle osservazioni di vita reale, come è stato fatto nel Regno Unito. È una valutazione del Cts, osserveremo quello che succede. Come Pfizer dico però di attenersi a quello che è emerso dagli studi scientifici perché questo garantisce i risultati che hanno permesso l'autorizzazione». Con questa precisazione fatta ieri in tv da Valeria Marino, direttore medico di Pfizer Italia, si complicano i piani di alcune Regioni. Che, complice anche la valanga di rifiuti per Astrazeneca che ha portato a far man bassa di Pfizer, hanno deciso di allungare i tempi del richiamo. Come il Lazio dove i richiami Pfizer dal 17 maggio sarebbero dovuto passare da tre a cinque settimane (35 giorni) per recuperare circa 100.000 slot di prenotazioni per le prime dosi nel mese. Stessa strada seguita dall'Emilia Romagna, mentre la Toscana aveva deciso di far salire fino a 40 giorni l'intervallo tra la prima e la seconda dose di vaccino Pfizer e Moderna, ma soltanto per coloro che devono ancora ricevere la prima somministrazione. Mossa, per altro, autorizzata dalle indicazioni del Cts e dal commissario straordinario Francesco Paolo Figliuolo, il quale sta cercando di accelerare una campagna che viaggia ancora a due (o tre) velocità. Non a caso ieri si è tenuto un incontro del governo con le Regioni sulla campagna vaccinale a cui hanno partecipato - oltre allo stesso generale - i governatori, il ministro della Salute, Roberto Speranza, quella per le Autonomie, Mariastella Gelmini e il capo della Protezione civile, Fabrizio Curcio. Speranza ha promesso che a giugno arriveranno ancora più dosi mentre Figliuolo ha ribadito alle regioni che fino alla fascia dei 50enni bisogna continuare a seguire - per le somministrazioni - le classi decrescenti di età e dei fragili, seguendo la programmazione e i tempi del Piano nazionale. Le somministrazioni nelle aziende non avverranno invece prima dell'inizio di giugno. Di certo, «l'imperativo categorico» del commissario, come l'ha definito lui stesso ieri in un'intervista a La Stampa, è accelerare per superare così le 500mila somministrazioni al giorno entro giugno. Obiettivo che Figliuolo intende raggiungere anche coinvolgendo maggiormente i medici di base e le farmacie, «perché «in Italia ci sono circa 43mila medici di famiglia e 20mila farmacie, se ogni medico inoculasse dieci vaccini al giorno, otterremmo 430.000 dosi in più alle quali se ne potrebbero aggiungere altre 100.000 per il ruolo delle farmacie». Secondo il generale, i medici di base sono in grado di somministrare ogni anno 8-11 milioni di vaccini antinfluenzali in pochi mesi. Per dare la spallata sarebbe dunque opportuno che da ciascuna Regione venissero smistati i vaccini per medici di medicina generale e farmacie. L'appello è stato subito raccolto dal Lazio: dalla fine di maggio le farmacie e i medici di medicina generale della regione guidata da Nicola Zingaretti partiranno con la somministrazione del vaccino per la fascia d'età under 50. In realtà, fanno notare gli esperti di logistica sanitaria, non è con gli «artigiani della siringa» come farmacie e medici di famiglia che si riesce a fare davvero volume. Piuttosto queste due categorie di vaccinatori possono servire per somministrare le dosi nelle località meno accessibili o ai vaccinandi che hanno difficoltà a raggiungere un hub. Se poi da 20mila farmacie Figliuolo si aspetta 100.000 somministrazioni in più, significa che al massimo il ritmo è di 5 al giorno. Oltre al fatto che per le inoculazioni in farmacia e dal medico sarebbe più indicati dal punto di vista pratico AstraZeneca e il monodose Johnson&Johnson che invece sembrano essere già diventati meno preferibili rispetto agli altri. E a proposito di AstraZeneca, continua la confusione: Speranza ha chiesto al Comitato tecnico scientifico di valutare la possibilità di estenderlo di nuovo alla fascia 50-60 anni ma la valutazione dell'Agenzia italiana del farmaco (Aifa) non è cambiata. Sulla base dei casi osservati, «abbiamo detto che il beneficio/rischio per tale vaccino è progressivamente sempre più favorevole al crescere dell'età», ha dichiarato all'Ansa la presidente della Commissione tecnico scientifica dell'Agenzia, Patrizia Popoli. Intanto, la Commissione Ue ha avviato una seconda azione legale contro il gruppo anglosvedese, che segue la prima causa avviata il 23 aprile, chiedendo ai giudici di ordinare alla società di portare a termine le consegne previste negli accordi. Nel frattempo, l'Agenzia del farmaco degli Stati Uniti (Fda) ha esteso l'autorizzazione per la somministrazione di Pfizer/BioNTech agli adolescenti tra i 12 e i 15 anni negli Usa. Le prime iniezioni potrebbero così iniziare già domani. Anche l'Agenzia europea per il farmaco (Ema) sta studiando l'estensione di Pfizer agli adolescenti. Sul fronte della geopolitica dei vaccini, infine, il ministro della Sanità tedesco Jens Spahn ha chiesto alla Commissione Ue di ordinare i vaccini per il 2022/2023 da almeno quattro aziende. «È mia ferma convinzione che sia inevitabile continuare ad applicare un approccio di portafoglio, includendo vaccini di diverse tecnologie e da diverse aziende in grado di consegnare a tempo debito», ha scritto Spahn lo scorso 6 maggio in una lettera rivelata ieri. «Di conseguenza, due vaccini mRNA e almeno due tecnologie addizionali dovrebbero essere incluse». Quanto alle capacità produttive dell'Europa, «sono coinvolti più di 50 siti produttivi nell'Ue, si stima che nel corso di quest'anno verranno prodotti circa 10 miliardi di dosi», ha spiegato ieri il vicepresidente della Commissione, Maros Sefcovic, al termine del Consiglio affari generali Ue.
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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