2021-04-23
I pasdaran 5s la buttano in politica per cercare di difendere Grillo
Beppe Grillo (Antonio Masiello/Getty Images)
Confesso la mia ignoranza: fino a ieri mi era sconosciuta l'esistenza di una parlamentare che si chiama Anna Macina. A colmare la lacuna ha provveduto il Corriere della Sera, che ha intervistato la signora. Così, ho appreso che l'onorevole è avvocato e dal primo marzo di quest'anno anche sottosegretaria di Stato al ministero della Giustizia. Alla Camera è arrivata tre anni fa, in quota 5 stelle, eletta nel collegio di Brindisi. Adesso che vi ho detto tutto di lei, vi spiego anche perché me ne occupo. Nel colloquio con la giornalista Virginia Piccolillo, la deputata grillina ha parlato dell'ormai nota esternazione del fondatore del Movimento. Alla domanda se si sia sentita in imbarazzo per il video del capo politico dei 5 stelle, la sottosegretaria ha risposto che si tratta «dell'urlo di dolore di un papà». Era opportuno? «Vi vedo molto il lato umano. Quasi nulla di politico. Doveva essere evitato. Dispiace per quel che è successo, ma riconduciamolo alla sfera privata e lasciamo fuori la politica». Già su questo ci sarebbe da discutere, perché Grillo è sì un papà che difende - o cerca di difendere - il proprio figlio, ma parlando in Rete, con uno sfogo pubblico e non privato, è soprattutto un politico. Che avrebbe detto la parlamentare grillina se Matteo Salvini, Silvio Berlusconi o Matteo Renzi avessero usato il Web per difendere dall'accusa di stupro il proprio figlio, attaccando la magistratura per non aver ancora archiviato la faccenda e dicendo che la ragazza che ha denunciato la violenza è una bugiarda, perché era d'accordo a fare sesso con quattro coetanei? Anna Macina, sottosegretaria alla Giustizia e avvocato, davvero avrebbe detto che quello di Salvini, Berlusconi o Renzi era l'urlo di un papà? O piuttosto avrebbe sostenuto che lo «sfogo» era una pressione di un leader politico sulla Procura che deve decidere per il rinvio a giudizio o l'archiviazione? Non avrebbe forse accusato i suddetti di aver messo sul banco degli imputati la vittima? Io penso che sì, l'avvocato e deputato Anna Macina avrebbe detto proprio tutto ciò e probabilmente anche di peggio.Ma la parlamentare non si è limitata alla difesa d'ufficio del capo grillino, è andata anche oltre, facendo lei stessa una domanda all'intervistatrice. Ed è qui la parte più incredibile della faccenda che mi spinge a occuparmi della sconosciuta - fino a ieri - sottosegretaria. Dice Anna Macina: «Mi chiedo: il video (dello stupro, ndr) l'avrà visto Salvini?». Il leader della Lega?, replica incredula la giornalista. «In tv ha riferito di averne parlato con Giulia Bongiorno, senatrice della Lega e avvocato della ragazza. E ha detto di aver saputo altri dettagli. Non è che questo video che non doveva vedere nessuno, lui l'ha visto? Sarebbe grave». Cosa? chiede Virginia Piccolillo. «Che si utilizzi per fini politici una vicenda in cui non si capisce se Bongiorno parla da difensore (che ha quel video) o da senatrice che passa informazioni al suo capo di partito di cui è anche difensore. Mi ha gelato sentirla dire che porterà il video di Grillo in tribunale, lasciando intendere che il comportamento del papà ricadrà sul figlio. Che cosa vuole fare? Il processo alla famiglia? Rabbrividisco». L'intervista si conclude con la sottosegretaria che si chiede se alla causa delle ragazze abusate «sia utile questa strumentalizzazione. La loro difesa non andrebbe mai inquinata, né piegata a un uso politico. Mi auguro che per il loro rispetto si smetta».La parlamentare di cui ignoravo, come credo molti di voi, l'esistenza, in pratica finge di non sapere che tutto questo can can non ci sarebbe stato se un signore di nome Beppe Grillo, ossia l'Elevato che ci ha dato il governo Conte e che sostiene il governo Draghi, non si fosse sfogato contro la magistratura e contro una ragazza che sostiene di essere stata violentata, dicendo che nel video si vedono «solo quattro c… con il pisello fuori». Se non avesse detto che la presunta vittima era una bugiarda, in quanto aveva denunciato lo stupro otto giorni dopo e aveva fatto kitesurf. A strumentalizzare il caso non sono stati gli avversari politici di Grillo, ma Grillo stesso, il quale ha fatto chiaramente capire che le accuse al figlio sono rivolte contro di lui. «Arrestate me», ha detto, «non lui». Come ho scritto fin dal primo giorno, si capisce che un padre voglia difendere il proprio figlio. Ma il capo dei 5 stelle non ha fatto questo: ha attaccato la Procura, che non avrebbe fatto il proprio dovere archiviando il caso, e una ragazza, dicendole che era consenziente, aggiungendo che nel video si vede che i ragazzi si divertono. Come no? Un vero divertimento: in quattro su una giovane.Capisco che Anna Macina tenga allo strapuntino che ha conquistato da meno di due mesi: sottosegretaria alla prima legislatura, dopo solo tre anni in Parlamento. Tuttavia, se la sua voleva essere un'arringa a favore di Grillo, diciamo che le è venuta male. Perché se il primo ad aver politicizzato la vicenda è stato il capo del Movimento, la seconda è proprio lei, con l'idea di contrapporre Salvini al leader pentastellato pur di salvarlo dalle critiche. Se questa è la sua idea di giustizia, caro onorevole avvocato, povera giustizia.
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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