La sinistra fa propaganda e parla di repressione da parte della Meloni: nel 2024 ci sono stati 4.853 cortei o sit-in e solo nel 2% dei casi si sono verificati problemi di ordine pubblico. Per prevenire i disordini sono stati usati 276.000 tra agenti e carabinieri.
La sinistra fa propaganda e parla di repressione da parte della Meloni: nel 2024 ci sono stati 4.853 cortei o sit-in e solo nel 2% dei casi si sono verificati problemi di ordine pubblico. Per prevenire i disordini sono stati usati 276.000 tra agenti e carabinieri.«Il governo reprime il dissenso». «La polizia ha usato violenza contro dei ragazzi disarmati». «C’è una tendenza dell’attuale maggioranza ad affrontare le manifestazioni degli studenti con il manganello». Queste e altre parole le ho ascoltate l’altra sera durante la puntata di Dritto e rovescio dedicata agli scontri davanti alla Sapienza. Come è noto, qualche centinaio di persone ha cercato di sfondare il cordone di polizia per fare irruzione nel rettorato dove si stava svolgendo una riunione del senato accademico a proposito della collaborazione fra l’ateneo e alcune università israeliane. Il parapiglia si è risolto con 27 agenti feriti e qualche manifestante in manette e secondo la sinistra la colpa non è di chi ha provato a ignorare gli ordini delle forze dell’ordine, cioè dei soliti anarchici e provocatori di professione, ma di Giorgia Meloni, che da quando sta a Palazzo Chigi non vede l’ora di far andar le mani contro chi la contesta.In altre parole, siamo nell’anticamera del regime. O per lo meno questo è ciò che ho sentito dire giovedì. A pronunciare simili stupidaggini, purtroppo non sono stati solo i giovanotti che preferiscono manifestare invece di studiare. E nemmeno qualche vecchio arnese dell’area extraparlamentare di sinistra che ha nostalgia del Sessantotto e di ciò che ne seguì. Seppur con frasi leggermente più felpate, le stesse tesi sono state sostenute anche da Simona Malpezzi, ex capogruppo del Pd e tuttora esponente di spicco del partito di Elly Schlein. Inutilmente, durante la trasmissione, ho cercato di spiegare che la polizia ha l’obbligo di far rispettare le regole, a prescindere che al governo ci sia Giorgia Meloni o Elly Schlein. Se è necessario proteggere un rettorato, un ministero o qualsiasi altro ente pubblico, il reparto mobile viene schierato per impedire il passaggio e chiunque cerchi di forzare il cordone di polizia non soltanto commette un reato, ma deve essere respinto anche con la forza. Del resto, sennò perché poliziotti e carabinieri verrebbero definiti forze dell’ordine? Lo Stato va rispettato sempre, non solo quando difende il diritto a manifestare, ma anche quando impedisce a chi manifesta di limitare il diritto di qualcun altro.Purtroppo, un ragionamento così semplice e lineare, oltre a non essere chiarissimo per i ragazzotti che si radunano per fare irruzione nel rettorato e impedire ai docenti di esercitare i loro diritti, evidentemente non lo è neppure per qualche esponente della sinistra come Malpezzi, che per l’appunto parla di tendenze autoritarie contro le legittime opinioni dei contestatori. Non so che film abbia visto l’onorevole, ma per quanto mi riguarda io ho visto immagini da cui si capisce che a mani vuote o meno, alcune centinaia di persone hanno cercato di forzare il cordone di polizia e questo già mi basta per dire che io sto dalla parte delle forze dell’ordine, pronte a prendere botte per difendere lo Stato e le sue disposizioni.Quanto poi al merito, cioè al fatto che l’attuale maggioranza abbia voglia di far andare le mani, faccio presente che dal primo gennaio a oggi ci sono state 4.853 manifestazioni, di cui 1.378 sui temi politici, 2.160 a carattere sindacale e occupazionale, 98 legate a temi studenteschi, 89 connesse all’immigrazione, 237 a tutela dell’ambiente e 798 di carattere pacifista e 93 su tematiche varie. Su quasi cinquemila eventi, solo in 111 casi, vale a dire il 2,3 per cento del totale, si sono verificati problemi di ordine pubblico, tipo gli scontri alla Sapienza o a Siena. In tutti gli altri casi, i cortei e le proteste si sono svolti in maniera civile, senza manganelli e senza forzature. Dunque, sostenere che il governo vuol reprimere il dissenso è falso. O meglio: è propaganda.I numeri parlano da soli, ma forse più ancora di questi dati parla un’altra cifra, ovvero quanti agenti e carabinieri sono stati impiegati per tenere sotto controllo senza che ci fossero incidenti i 4.853 cortei. Si tratta di 276.000 operatori. In pratica, per evitare che le manifestazioni sfuggissero di mano, è stato mobilitato un numero di forze dell’ordine che è superiore agli abitanti di Verona. Altro che repressione del dissenso, violenza della polizia e altre cialtronaggini sentite in prima serata. Qui la violenza è di coloro che costringono gli agenti a turni massacranti per garantire la sicurezza dei cittadini. Quanti poliziotti sono stati dirottati da servizi necessari per evitare scontri? Aggiungo una sola considerazione: qui le sole cose da reprimere sono le scemenze.
Il sindaco di Milano Giuseppe Sala (Imagoeconomica)
La direttiva Ue consente di sforare 18 volte i limiti: le misure di Sala non servono.
Quarantaquattro giorni di aria tossica dall’inizio dell’anno. È il nuovo bilancio dell’emergenza smog nel capoluogo lombardo: un numero che mostra come la città sia quasi arrivata, già a novembre, ai livelli di tutto il 2024, quando i giorni di superamento del limite di legge per le polveri sottili erano stati 68 in totale. Se il trend dovesse proseguire, Milano chiuderebbe l’anno con un bilancio peggiore rispetto al precedente. La media delle concentrazioni di Pm10 - le particelle più pericolose per la salute - è passata da 29 a 30 microgrammi per metro cubo d’aria, confermando un’inversione di tendenza dopo anni di lento calo.
Bill Gates (Ansa)
Solo pochi fanatici si ostinano a sostenere le strategie che ci hanno impoverito senza risultati sull’ambiente. Però le politiche green restano. E gli 838 milioni versati dall’Italia nel 2023 sono diventati 3,5 miliardi nel 2024.
A segnare il cambiamento di rotta, qualche giorno fa, è stato Bill Gates, niente meno. In vista della Cop30, il grande meeting internazionale sul clima, ha presentato un memorandum che suggerisce - se non un ridimensionamento di tutto il discorso green - almeno un cambio di strategia. «Il cambiamento climatico è un problema serio, ma non segnerà la fine della civiltà», ha detto Gates. «L’innovazione scientifica lo arginerà, ed è giunto il momento di una svolta strategica nella lotta globale al cambiamento climatico: dal limitare l’aumento delle temperature alla lotta alla povertà e alla prevenzione delle malattie». L’uscita ha prodotto una serie di reazioni irritate soprattutto fra i sostenitori dell’Apocalisse verde, però ha anche in qualche modo liberato tutti coloro che mal sopportavano i fanatismi sul riscaldamento globale ma non avevano il fegato di ammetterlo. Uscito allo scoperto Gates, ora tutti possono finalmente ammettere che il modo in cui si è discusso e soprattutto si è agito riguardo alla «crisi climatica» è sbagliato e dannoso.
Elly Schlein (Ansa)
Avete presente Massimo D’Alema quando confessò di voler vedere Silvio Berlusconi chiedere l’elemosina in via del Corso? Non era solo desiderare che fosse ridotto sul lastrico un avversario politico, ma c’era anche l’avversione nei confronti di chi aveva fatto i soldi.
Beh, in un trentennio sono cambia ti i protagonisti, ma la sinistra non è cambiata e continua a odiare la ricchezza che non sia la propria. Così adesso, sepolto il Cavaliere, se la prende con il ceto medio, i nuovi ricchi, a cui sogna di togliere gli sgravi decisi dal governo Meloni. Da anni si parla dell’appiattimento reddituale di quella che un tempo era la classe intermedia, ma è bastato che l’esecutivo parlasse di concedere aiuti a chi guadagna 50.000 euro lordi l’anno perché dal Pd alla Cgil alzassero le barricate. E dire che poche settimane fa la pubblicazione di un’analisi delle denunce dei redditi aveva portato a conclusioni a dir poco sor prendenti. Dei 42,6 milioni di dichiaranti, 31 milioni si fanno carico del 23,13 dell’Irpef, mentre gli altri 11,6 milioni pagano il resto, ovvero il 76,87 per cento.
In sintesi, il 43 per cento degli italiani non paga l’imposta, mentre chi guadagna più di 60.000 euro lordi l’anno paga per due. Di fronte a questi numeri qualsiasi persona di buon senso capirebbe che è necessario alleggerire la pressione fiscale sul ceto medio, evitando di tartassarlo. Qualsiasi, ma non i vertici della sinistra. Pd, Avs e Cgil dunque si agitano compatti contro gli sgravi previsti dal la finanziaria, sostenendo che il taglio dell’Irpef è un regalo ai più ricchi. Premesso che per i redditi alti, cioè quello 0,2 per cento che in Italia dichiara più di 200.000 euro lordi l’anno, non ci sarà alcun vantaggio, gli altri, quelli che non sono in bolletta e guadagnano più di 2.000 euro netti al mese, pare davvero difficile considerarli ricchi. Certo, non so no ridotti alla canna del gas, ma nelle città (e quasi sempre le persone con maggiori entrate vivono nei capoluoghi) si fa fatica ad arrivare a fine mese con uno stipendio che per metà e forse più se ne va per l’affitto. Negli ultimi anni le finanziarie del governo Meloni hanno favorito le fasce di reddito basse e medie. Ora è la volta di chi guadagna un po’di più, ma non molto di più, e che ha visto in questi anni il proprio potere d’acquisto eroso dall’inflazione. Ma a sinistra non se la prendono solo con i redditi oltre i 50.000 euro. Vogliono anche colpire il patrimonio e così rispolverano una tassa che punisca le grandi ricchezze e le proprietà immobiliari. Premesso che le due cose non vanno di pari passo: si può anche possedere un appartamento del valore di un paio di milioni ma, avendolo ereditato dai geni tori, non avere i soldi per ristrutturarlo e dunque nemmeno per pagare ogni anno una tassa.
Dunque, possedere un alloggio in centro, dove si vive, non sempre è indice di patrimonio da ricchi. E poi chi ha una seconda casa paga già u n’imposta sul valore immobiliare detenuto ed è l’I mu, che nel 2024 ha consentito allo Stato di incassare l’astronomica cifra di 17 miliardi di euro, il livello più alto raggiunto negli ultimi cinque anni. Milionari e miliardari, quelli veri e non immaginati dai compagni, certo non hanno il problema di pagare una tassa sui palazzi che possiedono, ma non hanno neppure alcuna difficoltà a ingaggiare i migliori fiscali sti per sottrarsi alle pretese del fisco e, nel caso in cui neppure i professionisti sia no in grado di metterli al riparo dall’Agenzia delle entrate, possono sempre traslocare, spostando i propri soldi altrove. Come è noto, la finanza non ha confini e l’apertura dei mercati consente di portare le proprie attività dove è più conveniente. Quando proprio il Pd, all’e poca guidato da Matteo Renzi, decise di introdurre una flat tax per i Paperoni stranieri, migliaia di nababbi presero la residenza da noi. E se domani l’imposta venisse abolita probabilmente andrebbero altrove, seguiti quasi certamente dai ricconi italiani. Del resto, la Svizzera è vicina e, come insegna Carlo De Benedetti, è sempre pronta ad accogliere chi emigra con le tasche piene di soldi. Inoltre uno studio ha recentemente documentato che l’introduzione negli Usa di una patrimoniale per ogni dollaro incassato farebbe calare il Pil di 1 euro e 20 centesimi, con una perdita secca del 20 per cento. Risultato, la nuova lotta di classe di Elly Schlein e compagni rischia di colpire solo il ceto medio, cancellando gli sgravi fiscali e inasprendo le imposte patrimoniali. Quando Mario Monti, con al fianco la professoressa dalla lacrima facile, fece i compiti a casa per conto di Sarkozy e Merkel , l’Italia entrò in de pressione, ma oggi una patrimoniale potrebbe essere il colpo di grazia.
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Il toro iconico di Wall Street a New York (iStock)
Democratici spaccati sul via libera alla ripresa delle attività Usa. E i mercati ringraziano. In evidenza Piazza Affari: + 2,28%.
Il più lungo shutdown della storia americana - oltre 40 giorni - si sta avviando a conclusione. O almeno così sembra. Domenica sera, il Senato statunitense ha approvato, con 60 voti a favore e 40 contrari, una mozione procedurale volta a spianare la strada a un accordo di compromesso che, se confermato, dovrebbe prorogare il finanziamento delle agenzie governative fino al 30 gennaio. A schierarsi con i repubblicani sono stati sette senatori dem e un indipendente affiliato all’Asinello. In base all’intesa, verranno riattivati vari programmi sociali (tra cui l’assistenza alimentare per le persone a basso reddito), saranno bloccati i licenziamenti del personale federale e saranno garantiti gli arretrati ai dipendenti che erano stati lasciati a casa a causa del congelamento delle agenzie governative. Resta tuttavia sul tavolo il nodo dei sussidi previsti ai sensi dell’Obamacare. L’accordo prevede infatti che se ne discuterà a dicembre, ma non garantisce che la loro estensione sarà approvata: un’estensione che, ricordiamolo, era considerata un punto cruciale per gran parte del Partito democratico.






