2024-10-08
I nemici dell’Autonomia differenziata diventano federalisti sull’eutanasia
Marco Cappato (Imagoeconomica)
Al Pirellone le audizioni degli esperti sulla proposta di legge dei radicali per il fine vita. Il tentativo è quello di far passare per fedele alla Carta una norma che concede alle Regioni il potere di dare la morte.La sinistra che detesta l’autonomia differenziata si strugge per quella mortuaria. E la chiede a gran voce supportando la proposta di legge letteralmente «spammata» in fotocopia dal radicale Marco Cappato (portavoce dell’Associazione Luca Coscioni) in tutte le regioni italiane per ottenere l’aiuto medico alla morte volontaria. Il progetto è approdato anche in Lombardia dove in questi giorni sono previste le audizioni degli esperti bipartisan prima del voto del Consiglio regionale. Finora il disegno di legge non ha avuto particolare successo: è naufragato in Veneto, Friuli Venezia Giulia e Piemonte, anche perché l’Avvocatura dello Stato ha sottolineato «l’incompatibilità costituzionale di un intervento regionale in materia di competenza nazionale». In attesa di decidere se votare a favore di una legge palesemente incostituzionale, i consiglieri lombardi vengono edotti delle ragioni delle due parti da personalità eminenti: ieri fra gli altri il costituzionalista Mario Esposito, i docenti Carmelo Leotta, Mario Picozzi e don Alberto Frigerio, oltre al presidente dei comitati etici lombardi Agostino Migone De Amicis. Il giorno clou sarà domani, quando accenderanno il microfono luminari del diritto come il giudice emerito della Corte costituzionale Nicolò Zanon (faceva parte della Consulta che nel 2019 decretò la non punibilità dell’aiuto al suicidio e sollecitò invano il Parlamento a legiferare), l’ex giudice della Corte europea dei diritti dell’uomo Vladimiro Zagrebelsky, l’avvocato Filomena Gallo, segretario nazionale dell’associazione Coscioni. Un dibattito di contenuto, poiché Zanon ha sempre sostenuto la «non competenza regionale» mentre gli altri sostengono il contrario. Nei prossimi giorni, davanti ai consiglieri regionali, la parola passerà fra gli altri a Jacopo Coghe, vicepresidente Pro Vita e Famiglia, e a Massimo Gandolfini, leader del Family Day. Poi il voto.Tentare il blitz nella regione del caso Dj Fabo, nella Milano dove Cappato ottenne l’Ambrogino d’oro, è suggestivo. A Palazzo Pirelli la strategia dei radicali è identica a quella messa in atto in tutte le regioni dove hanno presentato la proposta di legge: giocare sull’equivoco della tutela della salute (un paradosso per chi auspica libertà di suicidio assistito) per sollevare un conflitto di competenza e tornare davanti alla Corte costituzionale, fondando il ricorso sulla «persistente inerzia legislativa» che a suo tempo la Consulta aveva deplorato. Nel merito la richiesta è contraddittoria, sostenuta da una parte politica che accusa di centralismo il centrodestra facendo leva su una presunta autonomia «à la carte» in campo etico, sanitario, economico. Chi boccia il federalismo in tutti i settori, tifa per quello del fine vita. Un azzardo che prefigura scenari surreali come il turismo mortuario non più in Svizzera ma nelle regioni che eventualmente dovessero votare a favore. In questo caso la supplenza regionale al silenzio del Parlamento non avrebbe senso perché la materia è di palese competenza nazionale.Contro l’impostazione dei radicali sposata da Pd, Movimento 5 stelle e Alleanza Verdi Sinistra sono schierati fin d’ora Fratelli d’Italia, parte della Lega (quella che non intende seguire la «libertà di coscienza» invocata da Matteo Salvini), Noi Moderati e l’area cattolica di Forza Italia. Questi gruppi contestano il punto di partenza della proposta di legge, vale a dire «il diritto all’assistenza al suicidio assistito», facendo notare che la Corte costituzionale non lo ha mai affermato ma si è limitata a intervenire su parte del Codice penale. Matteo Forte (Fdi), presidente della Commissione Affari istituzionali in Regione Lombardia, respinge in toto la richiesta dei Cappato boys: «Ma di quale autonomia parlano? Vogliono impedirci di assumere medici e infermieri in autonomia ma vogliono legiferare sui diritti fondamentali in capo allo Stato. L’autonomia differenziata si chiede sulle famose 23 materie concorrenti, fatta salva la determinazione dei princìpi fondamentali stabiliti dalle leggi statali. Quello che vuole l’opposizione si chiama indipendenza. Quanto poi ai diritti, la Consulta si è sempre pronunciata sulla non punibilità dell’aiuto al suicidio, ma non ha mai affermato il diritto del malato al suicidio: un diritto che non esiste».Per cogliere in pieno il problema (e il bluff della sinistra) vale la pena ricordare anche la preoccupazione della Cei, esplicitata dal suo presidente cardinale Matteo Zuppi che ha mostrato «apprensione per le derive regionaliste e la mancata applicazione della normativa sulle cure palliative». Bocciando nel 2022 il referendum sulla possibilità di dare la morte assistita, l’allora presidente della Consulta Giuliano Amato disse: «Non era affatto sull’eutanasia ma sull’omicidio del consenziente». Di conseguenza improponibile.Fuori dall’equivoco, la sentenza del 2019 e quella del 2024 avevano ribadito la necessità di una «offerta effettiva di cure palliative e di terapia del dolore» quali pre-requisito per verificare le richieste di suicidio assistito. Due aspetti sui quali una legge regionale dovrebbe invece intervenire, anche perché in assenza di dolore la richiesta di suicidio assistito si riduce di dieci volte. In assenza di un quadro normativo nazionale, si creerebbe all’interno del mondo sanitario un conflitto fra livelli essenziali di assistenza (i Lea), che per loro natura sono di esclusiva competenza statale come ha ribadito la stessa Corte costituzionale. Autodeterminare la propria fine non significa dare una spallata a leggi e sentenze, interpretate a senso unico per favorire non la tutela della salute ma il turismo tutto italiano della buona morte.
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