2024-12-10
I media si inventano la jihad umanitaria e i miliziani ecologisti che salvano le aiuole
Al Jolani è un tagliagole ex Al Qaeda, eppure sui giornali sembra un coraggioso riformista liberale alla Kennedy.il Conquistatore, nuovo leader della Siria in fiamme. Quello che «arriva e bacia la terra come fosse un Papa» (Corriere della Sera), quello che «vuole una Siria democratica» e «ha le idee chiare su come pacificarla» (Repubblica), quello che «potrebbe condurre a una meravigliosa fioritura di democrazia tollerante» (Il Foglio), quello che fa «la rivoluzione della misericordia» (Corriere della Sera). Un uomo che fino a ieri era considerato un criminale assassino, così pericoloso da avere sulla sua testa una taglia da milioni di dollari Usa. Ma che improvvisamente sembra essere diventato il fratello di Madre Teresa di Calcutta. Sempre armato, si capisce. Sempre violento. Ma caritatevole. L’euforia per la fine dell’osceno regime di Assad è giustificata, per carità. Ma fa brutti scherzi. E così, a seguire il coro unanime dell’informazione italiana, si ha come l’impressione che ancora una volta, affrontando le vicende islamiche, si stia cadendo nell’antico vizio: ci si innamora del vincitore e lo si trasforma in un buono, anche quando buono non è. Era successo in Iran con Khomeini, è successo in Afghanistan con i talebani. Adesso succede in Siria con i nuovi vincitori: «Inizia l’era di al Jolani, il miliziano pragmatico», titola a caratteri cubitali Repubblica. Pragmatico, ecco. E che fa il miliziano pragmatico? «Purifica il Paese». Lo purifica, capite? Come l’Airmega 300s, tecnologia green per rimuovere le nanoparticelle dell’aria. Purifica l’ambiente. Se poi per purificare bisogna tagliare qualche testa, tranquilli. Lo farà sempre con garbo. Spargerà sangue ma senza macchiare il tappeto. In modo educato, oltre che ovviamente pragmatico. Al Jolani è uno jihadista della peggior specie. Non aveva ancora vent’anni quando, esultante per le Torri Gemelle, si arruolò in Al Qaeda. In quel momento seguiva il più sanguinario del fronte islamico, cioè Bin Laden. Poi, per non farsi mancare niente, ha seguito anche al Zarqawi, al Baghdadi e al Zawahiri. Non c’è leader del terrore che non l’abbia avuto fra i suoi sostenitori. Ha oscillato fra Al Qaeda e l’Isis, cercando sempre la strada più violenta per affermare la sharia. Guida un gruppo, l’Organizzazione per la liberazione della grande Siria (Hts), che è stato accusato a più riprese di violazione dei diritti umani. Una carriera sanguinaria che gli ha fatto guadagnare una taglia di 10 milioni di dollari da parte degli Usa. Ovviamente, ha appoggiato la strage del 7 ottobre, esultando al fianco di Hamas. Eppure è bastato vederlo inginocchiato sul prato della moschea per mandare i cuori degli occidentali in sollucchero: guardate un po’, quant’è diventato gentile. Se fosse vero, per altro, sarebbe concorrenza sleale a San Paolo: una nuova conversione sulla via di Damasco. Da far impallidire la prima. E senza nemmeno bisogno della caduta da cavallo. Il Conquistatore, in effetti, è sempre in sella: ora s’è anche tagliato la barba, veste elegante e ha dismesso il turbante bianco che faceva tanto Bin Laden. Porta sempre una pistola in tasca ma c’è da scommettere che è una pistola a salve. Al massimo, spara caramelle, o almeno così fan tutti finta di credere. Persino i vescovi: «C’è un grande clima di speranza», dicono infatti. Un grande clima di speranza? Con uno che va nella moschea a dire che «ha vinto l’islam»? E che promette la conquista di Gerusalemme? Ma davvero ci si può illudere fino a questo punto? Evidentemente sì. Il Corriere della Sera racconta infatti che le bande di armati entrano a Damasco sparando in aria come «a Napoli a Capodanno». Una festa in pratica. Stappiamo lo champagne? Chi fa partire il trenino?«Non è stato pestato nemmeno un fiorellino delle aiuole», continua, estasiata, la cronaca del quotidiano milanese. Nemmeno un fiorellino delle aiuole, capite? Si capisce: gli jihadisti hanno rispetto per i gerani. Un po’ meno per il collo degli infedeli, ma questi sono dettagli che oggi si possono trascurare. Piuttosto pensate: «resta intatto pure il villaggetto in legno di Natale», nessuno prende d’assalto «le casette dei dolciumi». Purtroppo l’articolo di pagina 2 e 3 del Corriere finisce altrimenti, dolciume dopo dolciume, avremmo scoperto che i tagliagole hanno anche rispettato gli stop agli incroci e hanno aiutato le vecchiette ad attraversare la strada. Che ci volete fare? È la «rivoluzione della misericordia», la «rivoluzione senza sangue». E tutto grazie al nostro nuovo eroe che «arriva e bacia la terra». Lui è un «fondamentalista moderato», scrive Repubblica, che è un po’ come dire un «ubriacone sobrio» o «mangione inappetente». Ma tant’è: dobbiamo crederci anche perché lui non calpesta nemmeno i fiorellini nelle aiuole. È, per l’appunto, un tagliagole, ma gentile. Un sanguinario, ma garbato. E la terra davanti alla moschea la bacia benissimo. Come fosse un Papa.
La maxi operazione nella favela di Rio de Janeiro. Nel riquadro, Gaetano Trivelli (Ansa)
Nicolas Maduro e Hugo Chavez nel 2012. Maduro è stato ministro degli Esteri dal 2006 al 2013 (Ansa)
Un disegno che ricostruisce i 16 mulini in serie del sito industriale di Barbegal, nel Sud della Francia (Getty Images)
Situato a circa 8 km a nord di Arelate (odierna Arles), il sito archeologico di Barbegal ha riportato alla luce una fabbrica per la macinazione del grano che, secondo gli studiosi, era in grado di servire una popolazione di circa 25.000 persone. Ma la vera meraviglia è la tecnica applicata allo stabilimento, dove le macine erano mosse da 16 mulini ad acqua in serie. Il sito di Barbegal, costruito si ritiene attorno al 2° secolo dC, si trova ai piedi di una collina rocciosa piuttosto ripida, con un gradiente del 30% circa. Le grandi ruote erano disposte all’esterno degli edifici di fabbrica centrali, 8 per lato. Erano alimentate da due acquedotti che convergevano in un canale la cui portata era regolata da chiuse che permettevano di controllare il flusso idraulico.
Gli studi sui resti degli edifici, i cui muri perimetrali sono oggi ben visibili, hanno stabilito che l’impianto ha funzionato per almeno un secolo. La datazione è stata resa possibile dall’analisi dei resti delle ruote e dei canali di legno che portavano l’acqua alle pale. Anche questi ultimi erano stati perfettamente studiati, con la possibilità di regolarne l’inclinazione per ottimizzare la forza idraulica sulle ruote. La fabbrica era lunga 61 metri e larga 20, con una scala di passaggio tra un mulino e l’altro che la attraversava nel mezzo. Secondo le ipotesi a cui gli archeologi sono giunti studiando i resti dei mulini, il complesso di Barbegal avrebbe funzionato ciclicamente, con un’interruzione tra la fine dell’estate e l’autunno. Il fatto che questo periodo coincidesse con le partenze delle navi mercantili, ha fatto ritenere possibile che la produzione dei 16 mulini fosse dedicata alle derrate alimentari per i naviganti, che in quel periodo rifornivano le navi con scorte di pane a lunga conservazione per affrontare i lunghi mesi della navigazione commerciale.
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Viktor Orbán durante la visita a Roma dove ha incontrato Giorgia Meloni (Ansa)