2018-12-20
I manifesti che diffamano i medici obiettori
Polemiche a non finire e censura per i cartelloni di Pro vita contro l'utero in affitto (vietato dalla legge). Ma gli atei dell'Uaar sono liberi di condurre una campagna feroce e offensiva contro i professionisti che, avendone diritto, si oppongono all'aborto. Secondo il ministero della Salute i ginecologi obiettori ammontavano al 71,5% del totale nel 2008, sono poi calati a 70,7% nel 2014, per decrescere ancora al 70,5% nel 2015. Nel 2016, infine, c'è stato sì un aumento del 70,9%.Altro che liste d'attesa, altro che disservizi, altro che malasanità: il vero problema degli ospedali italiani sono loro, i medici obiettori di coscienza. A sostenerlo è l'Uaar, l'Unione degli atei e agnostici razionalisti che in questi giorni, per sensibilizzare gli italiani sul tema, ha avviato una campagna con tanto di affissioni pubbliche di manifesti sui quali si legge: «Testa o croce? Non affidarti al caso! Chiedi subito al tuo medico se pratica qualche forma di obiezione di coscienza». L'esortazione a darsi da fare per scovare gli obiettori di coscienza in camice bianco è mossa dalla convinzione che, senza di loro, le corsie ospedaliere cambierebbero. In meglio, ovviamente. «Gli ospedali sono purtroppo pieni di ginecologi obiettori, spesso assunti e promossi proprio per la loro adesione alla dottrina cattolica», fanno sapere dall'Uaar, spiegando che come questi medici, a detta loro, renderebbero assai difficoltoso il ricorso all'aborto: «Non sono infrequenti i casi in cui ostacolano l'intenzione di interrompere una gravidanza, o decidono di non sottoporre la gestante alle diagnosi che evitino la nascita di un bimbo già condannato per tutta la vita a una malattia invalidante». Di qui le poc'anzi citate affissioni, comparse qua e là in alcune città italiane, con l'approvazione di alcuni e le perplessità di altri.Più di qualcuno, infatti, si è chiesto come mai, nel loro tronfio razionalismo, all'Uaar si siano scordati di dire come, almeno in Italia, gli obiettori di coscienza siano professionisti che esercitano una facoltà non solo ben incardinata nell'ordinamento, ma che trova un esplicito richiamo proprio nella legge 194 sull'aborto procurato, che all'articolo 9 recita: «Il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie non è tenuto a prendere parte alle procedure […] e agli interventi per l'interruzione della gravidanza quando sollevi obiezione di coscienza, con preventiva dichiarazione […] L'obiezione di coscienza esonera il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie dal compimento delle procedure e delle attività specificamente e necessariamente dirette a determinare l'interruzione della gravidanza».Chiaro? È la stessa norma che ha introdotto la possibilità di abortire a prevedere l'obiezione di coscienza, che quindi non è una sorta di capriccio né uno «scudo di Capitan America contro le coscienze altrui», come affermato dalla bioeticista Chiara Lalli nel libro C'è chi dice no (Il Saggiatore), bensì una possibilità del tutto legittima. Un diritto, appunto. Che oltretutto, per venire alle preoccupazioni dell'Uaar, nulla toglie a nessuno. È infatti una clamorosa fake news quella secondo cui, siccome «gli ospedali sono pieni di ginecologi obiettori», i medici non obiettori sarebbero costretti a praticare solo aborti e, dall'altro, le donne intenzionate ad abortire sarebbero ostacolate.La bufala emerge nel momento in cui si considera, tanto per cominciare, che la tesi del medico non obiettore impegnato in soli aborti è demolita dai numeri: considerando 44 settimane lavorative in un anno, nel nostro Paese, ogni ginecologo che non obietta è chiamato in media ogni settimana a eseguire, a livello nazionale, 1,6 aborti con una procedura che, secondo l'Oms, ha una durata media che non supera i dieci minuti. Difficile, insomma, parlare di carichi di lavoro eccessivi. Tanto più che, spulciando i dati regionali, si osserva come in Italia 137 Asl su 140 registrino in media meno di 5 aborti settimanali, che crescono a 7 in un solo caso, con appena tre Asl oltre la media, con la soglia massima di 15 aborti ogni sette giorni. Secondo le relazioni ufficiali del ministero della Salute i ginecologi obiettori ammontavano al 71,5 per cento del totale nel 2008, sono poi calati a 70,7 per cento nel 2014, per decrescere ancora al 70,5 per cento nel 2015. Nel 2016, infine, c'è stato sì un aumento, ma non certo un'impennata (70,9 per cento). Dunque è vero che i professionisti che si oppongono all'interruzione di gravidanza sono tanti (e forse bisognerebbe chiedersi il perché...) ma è falso che in Italia sia assolutamente impossibile abortire. A questo punto viene però da chiedersi come mai all'Uaar sia concesso d'inaugurare una caccia ai medici obiettori di coscienza - peraltro gratuita e infondata, come si è visto - mentre invece i manifesti di Pro vita e Generazione famiglia contro l'utero in affitto siano stati censurati dalle Chiara Appendino e Virginia Raggi di turno, dal momento che non solo non offendevano nessuno, come stabilito dal Gran Giurì dell'Istituto di autodisciplina pubblicitaria, ma risultavano in linea con la legge 40, che punisce severamente la surrogazione di maternità e la sua pubblicizzazione. Il sospetto è quello di un doppiopesismo tale per cui chi promuove campagne in linea con la cultura dominante ha il vento in poppa, mentre chi osa pensarla altrimenti - e manifestarlo - si trova la strada sbarrata. A prescindere. Con tanti saluti alla libertà di pensiero.
(Ansa)
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Carlo Nordio, Matteo Piantedosi, Alfredo Mantovano (Ansa)