2022-07-24
I libretti della Croce Rossa e l'Italia sotto le bombe
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I libretti trafugati tornati nelle mani dell'archivio della Croce Rossa Italiana (foto Croce Rossa Italiana)
Undici opuscoli su piani di intervento antiaereo e chimico, trafugati e ritrovati in vendita online, sono stati recuperati dai Carabinieri e restituiti alla Cri. In anteprima le immagini e i contenuti di piani di quella che può essere considerata protezione civile ante litteram.Un pezzo di storia italiana, tra le più drammatiche dell’ultimo secolo, è tornata alla luce grazie all’intervento congiunto della Croce Rossa Italiana e dei Carabinieri del Nucleo di Roma del Comando Tutela Patrimonio Culturale. Anni addietro erano andati perduti durante i veri trasferimenti degli archivi alcuni faldoni contenenti documenti relativi alla protezione antiaerea e anti attacco chimico stilati nel periodo immediatamente precedente lo scoppio della Seconda guerra mondiale. Del materiale scomparso non si era più saputo nulla, fino alla scoperta in rete da parte di un volontario Cri. Tra le pagine di un sito di e-commerce erano stati messi in vendita da un privato una serie di volumetti in perfetto stato di conservazione, ognuno dei quali con la copertina illustrata a mano dalla mappa di una città italiana. Si tratta di documenti molto importanti che riguardano, si può dire, quella che fu la prima idea di protezione civile. Il sequestro da parte degli uomini dell’Arma e la successiva restituzione agli archivi di Roma della Croce Rossa Italiana ha permesso nuovamente di poter consultare nel dettaglio i piani di intervento in caso di attacco aereo e/o chimico di ben 11 capoluoghi italiani, dalla Sicilia al Veneto (Agrigento, Avellino, Belluno, Bergamo, Brescia, Caltanissetta, Catanzaro, L'Aquila, Lucca, Lecce e Macerata). Un tassello si aggiunge alla grande storia della Cri, nata in Italia nel 1880 e del Paese dopo l’Unità fino ai giorni nostri. Raggiunto da «La Verità», il Vice Presidente nazionale Cri Rosario Valastro ci ha spiegato che «le piantine delle città recuperate dai Carabinieri sono una testimonianza molto importante nello studio del periodo bellico, perché a differenza di altri testi o documenti, sono libere da qualsiasi tipo di ingerenza politico-ideologica e restituiscono al lettore quello che è stato e che è lo spirito della Croce Rossa nei confronti della popolazione civile e della prontezza dei membri e dei volontari nella prospettiva di dover affrontare una situazione catastrofica come le incursioni aeree della guerra. Questi importanti reperti andranno ad affiancarsi al patrimonio archivistico dell’ente che già è in possesso di importanti fonti documentali sullo stesso periodo sui campi di prigionia e sul successivo esodo giuliano-dalmata. In ogni caso si tratta della ricostruzione di una storia ancora a noi vicina». Grazie alla collaborazione della Croce Rossa Italiana di Roma e dell’Archivio storico, «La Verità» ha l’opportunità di mostrare ai lettori in anteprima due di questi libretti e di analizzarne i contenuti alla luce degli avvenimenti storici che riguardarono le città di Caltanissetta e de L’Aquila. Per quanto riguarda il capoluogo della Sicilia centrale, il piano di intervento approntato dalla Croce Rossa Italiana porta nel frontespizio la piantina della città e zone limitrofe dove sono segnati i punti di ricovero e quelli di primo soccorso in caso di incursione, molto ben evidenziati nella mappa a colori realizzata a mano. Il documento parla di una popolazione complessiva provinciale di 70mila abitanti di cui 45mila all’interno del territorio comunale di Caltanissetta. Il nucleo territoriale responsabile era il Comitato Provinciale della Cri della città nissena, che divise il territorio in quattro zone di competenza e intervento indicando la dislocazione dei punti di primo soccorso, quelli che la medicina di emergenza odierna chiamerebbe «posto medico avanzato». si trattava di strutture non ospedaliere appositamente scelte per assicurare una copertura territoriale adeguata e per non interferire in modo massiccio sul lavoro dell’Ospedale Civile. In ognuna delle 4 zone cittadine, gli uomini della Croce Rossa allestirono locali adibiti al pronto soccorso, localizzati soprattutto nelle sedi rionali del partito fascista e dell’Istituto Nazionale fascista Infortuni. La Croce Rossa, come prevedevano i piani nazionali, collaborava con altri enti civili e militari tra cui il citato Istituto Infortuni e l’Unione Nazionale Protezione Antiaerea (Unpa) oltre che naturalmente con i Vigili del Fuoco e le autorità militari. Per coprire la zona nord di Caltanissetta il Comitato Provinciale scelse uno degli edifici-simbolo della vita nel ventennio, la Colonia montana sulla statale 122 a tre chilometri dal centro. Questa struttura aveva una funzione avanzata e serviva per garantire le cure specialistiche in caso i reparti dell’Ospedale Civile non avessero retto l’impatto di tanti ricoveri urgenti grazie alla disponibilità di ben 200 posti letto aggiuntivi. Tra i punti di soccorso e ricovero anche una struttura sanitaria privata, la Clinica Ballati nella zona 3 (Provvidenza), situata in un suggestivo edificio liberty oggi purtroppo scomparso. Il piano della Croce Rossa ci dice anche quanti uomini e mezzi furono addestrati e mobilitati per il pronto impiego in caso di attacco. Nel complesso, quello elencato nel libretto sembra un piano ben articolato e altrettanto efficiente. Saltano all’occhio del lettore tuttavia alcune carenze non trascurabili da imputarsi tuttavia ad altri enti preposti, comuni su tutto il territorio nazionale: il numero di rifugi antiaerei pubblici e la scarsità di automezzi per l’emergenza. La città di Caltanissetta aveva infatti soltanto un ricovero pubblico all’inizio del conflitto, quello di via Conte Testasecca nel centro storico. Le uniche due ambulanze attrezzate, secondo quanto riportato nel libretto, erano quelle dell’Istituto Nazionale Fascista Infortuni. In caso di necessità si sarebbero dovuti impiegare automezzi privati per il trasporto dei feriti. In questa situazione, Caltanissetta si preparava ad affrontare un possibile attacco aereo anche con ordigni chimici. L’incubo arrivò dal cielo il 9 luglio 1943, un giorno prima dello sbarco alleato in Sicilia. Caltanissetta era nel mirino in quanto l’intelligence angloamericana aveva segnalato in città la possibile presenza di una divisione italiana. Il bombardamento fu deciso per prevenire eventuali ostacoli sulla via per la Sicilia settentrionale. Alle 17.30 una formazione di 81 bombardieri comparve all’orizzonte della città e poco dopo iniziarono a piovere le bombe. Il centro di Caltanissetta ne uscì devastato, molti degli edifici storici finirono in macerie compresa la cattedrale e un’ala dell’Ospedale Civile. Si contarono 350 morti e moltissimi feriti, molti dei quali ricoverati nelle strutture che la Croce Rossa Italiana aveva attrezzato per fronteggiare un’emergenza dalle proporzioni mai immaginate fino ad allora. Altri bombardamenti seguiranno fino al 17 luglio. Il giorno successivo i soldati americani marciarono su Caltanissetta coperta dalle macerie.Come per Caltanissetta, la Croce Rossa redasse un libretto con i piani di intervento in caso di attacco aereo o chimico anche per L’Aquila. Anche in questo caso la città fu divisa in due settori lungo l’asse Nord-Sud. La città era infatti la metà di Caltanissetta in termini di popolazione, con 20.575 abitanti. Il centro principale per le operazioni di primo soccorso fu fissato presso la Casa del Combattente per la zona 1 e nella Casa per le Massaie rurali per l’area Sud. Anche nel caso del capoluogo abruzzese la gestione principale dell’emergenza fu affidata all’Ospedale Civile San Salvatore, capace di 250 posti letto. La situazione dei rifugi e dei mezzi adibiti al trasporto degli infermi ara anche peggiore di quella di Caltanissetta, con una sola autoambulanza disponibile. In calce al capitolo i redattori del libretto fanno presente la necessità di avere almeno altri due mezzi. Il centro di bonifica dalle contaminazioni chimiche fu installato nei pressi dello stadio comunale, con presenza di docce, dove era stato costruito anche il rifugio antiaereo pubblico.L’Aquila fu nel mirino soprattutto per la presenza di un edificio particolare, l’Officina carte e valori, conosciuto dagli aquilani come «La zecca». Qui gli alleati intendevano colpire il centro di stampa di valute comunemente noto come il «forziere di Hitler» situato a Sudovest della città e oggi sede della Alenia, fortemente presidiato dalle truppe tedesche. L’attacco avvenne la mattina dell’8 dicembre 1943, giorno dell’Immacolata quando una formazione di 27 bombardieri dell’Usaaf colpì con violenza i target prefissati della zecca e della stazione ferroviaria. La violenza degli ordigni spazzò via edifici privati nel circostante quartiere di Borgo Rivera, causando u totale di 200 vittime. Tra i morti anche i soldati tedeschi di servizio alla zecca e i prigionieri inglesi che si trovavano nei vagoni di un treno nei pressi della stazione.
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