2020-10-09
I guadagni del vaccino li decide il produttore
Astrazeneca si è impegnata a fornire la profilassi senza profitti. Ma l'accordo con la brasiliana Fiocruz rivela che l'azienda anglo svedese alzerà il prezzo alla fine dell'epidemia. Peccato che a stabilire quando finirà l'emergenza sarà lei: il 1° luglio 2021Il farmaco usato dal tycoon funziona: la Commissione ne acquista altre 500.000 dosiLo speciale contiene due articoliSegnatevi questa data sul calendario: 1° luglio 2021. Sarà questo il giorno esatto in cui terminerà la pandemia. Tranquilli, non si tratta della profezia di qualche novello Nostradamus. È stata Astrazeneca, azienda britannico-svedese in lizza per la produzione di uno dei vaccini contro il Covid più promettenti, a stabilire che l'emergenza è destinata a finire l'estate prossima. Ma com'è possibile, direte voi? Nessuno può sapere con certezza quando usciremo dal tunnel del coronavirus. E naturalmente nemmeno quelli di Astrazeneca hanno la palla di cristallo. Molto più banalmente si tratta di una questione di soldi. Negli scorsi mesi GlaxoSmithKline, Pfizer, Johnson&Johnson e la stessa Astrazeneca hanno firmato l'impegno a rinunciare ai profitti del vaccino. Un annuncio rivoluzionario, ma fino a un certo punto. La formula sviluppata dal sodalizio con l'Università di Oxford rientra tra gli 11 vaccini giunti alla cosiddetta «fase 3», l'ultimo step della sperimentazione prima della diffusione al grande pubblico. Visti i risultati promettenti, Astrazeneca ha sottoscritto contratti con numerosi Paesi in tutto il mondo per la fornitura di dosi di vaccino, una volta che sarà autorizzato il lancio sul mercato. Lo scorso 27 agosto, la firma del contratto con la Commissione europea per l'acquisto di 300 milioni di dosi (più l'opzione per ulteriori 100 milioni) una volta terminata la sperimentazione. Un accordo costato alla collettività già 336 milioni come rivelato dalla Commissione europea alla Verità, dal momento che i fondi derivano dallo Strumento per il sostegno di emergenza finanziato dagli Stati membri. E solo all'inizio di quest'estate, gli Stati Uniti avevano investito già 4 miliardi di dollari per lo sviluppo di un vaccino. Molti dei costi iniziali, dunque, sono stati già coperti dagli sforzi economici dei governi. Non per niente, la rinuncia a lucrare da parte di Big Pharma aveva fatto inarcare più di un sopracciglio a Washington e non solo. Ora scopriamo, grazie alle rivelazioni pubblicate giovedì dal Financial Times, che questa generosità ha una data di scadenza ben precisa. L'autorevole quotidiano londinese ha infatti avuto accesso al «memorandum of understanding» super segreto sottoscritto tra Astrazeneca e il fornitore brasiliano Fiocruz per la fornitura di 100 milioni di dosi, nel quale si legge che la fine del periodo pandemico viene fissata al 1° luglio dell'anno prossimo. Da quella data in poi, il vaccino non sarà più venduto al prezzo di costo, bensì a quello deciso dall'azienda britannico-svedese. In realtà questo termine può essere prolungato, ma solo se «Astrazeneca in buona fede riterrà che la pandemia di Sars-CoV-2 non sarà finita». Una discrezionalità, dunque, pressoché totale, dal momento che l'azienda guidata da Pascal Soriot potrà decidere in assoluta libertà se e quanto far pagare il proprio vaccino.«È il mercato, bellezza», obietterà qualcuno. O forse no? «Non dico che le case produttrici di vaccini non abbiano alcun interesse nella tutela della salute pubblica, ma il loro scopo è quello di massimizzare i ricavi per far guadagnare di più gli investitori», ha ammesso candidamente Tina Smith, ex vicegovernatore del Minnesota e oggi senatore degli Stati Uniti. Verissimo, per carità. C'è un piccolo dettaglio, però, e riguarda i tempi. Nonostante le previsioni più ottimistiche diano le prime dosi in consegna per fine anno, difficilmente la maggior parte della popolazione mondiale - specie quella più povera e in difficoltà - nutre speranze di ricevere il vaccino prima di 12-18 mesi. Ben oltre dunque i termini fissati da Astrazeneca per l'atteso rialzo dei prezzi. Senza contare che gli imprevisti nella sperimentazione sono all'ordine del giorno, e possono far rallentare anche in maniera sensibile il rilascio dell'autorizzazione al rilascio di questi farmaci. Basti pensare all'interruzione dei trial clinici deliberata dalla stessa Astrazeneca il 9 settembre scorso per approfondimenti su una possibile reazione avversa grave. Una sospensione che ha fatto temere il peggio per il futuro di una delle formulazioni più gettonate al mondo. I test sono ripartiti solo qualche giorno dopo, ma la scienza è piena di incidenti di percorso del genere. Non è detto perciò che la strada del candidato vaccino non possa nuovamente risultare ingombrata da altri intoppi. Oppure, a pensar male, che le stesse aziende magari decidano deliberatamente di ritardare la catena per far scadere i termini dei prezzi agevolati.Più in generale, i leak del Financial Times fanno luce sull'assoluta mancanza di trasparenza dei contratti stipulati tra le case farmaceutiche e le istituzioni nazionali e sovranazionali. Quando il ministro della Salute Roberto Speranza ha annunciato lo scorso giugno la firma di un accordo con Astrazeneca, poi rivelatosi inesistente a seguito di una richiesta di accesso agli atti della Verità, nessun dettaglio di natura economica è stato rivelato. Stesso discorso per il contratto, quello vero, stipulato da Bruxelles per la fornitura di dosi all'Ue. «Il contratto rimarrà segreto per questioni di riservatezza», ha spiegato un portavoce della Commissione al nostro quotidiano. Ragion per cui, tra l'altro, risulta impossibile dare riscontro alle voci di corridoio che sostengono la presenza in questi accordi di clausole che manlevino i produttori dagli eventuali danni provocati ai vaccinati. Una cosa è certa in questa nebbia fitta: nella lotta al coronavirus sono le aziende farmaceutiche ad aver il coltello dalla parte del manico.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/i-guadagni-del-vaccino-li-decide-il-produttore-2648142439.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="e-bruxelles-ora-si-accoda-a-trump-ordinate-tonnellate-di-remdesivir" data-post-id="2648142439" data-published-at="1602180865" data-use-pagination="False"> E Bruxelles ora si accoda a Trump. Ordinate tonnellate di Remdesivir La Commissione europea ha firmato un contratto dal valore di 70 milioni di euro con la casa farmaceutica americana Gilead per l'acquisto di 500.000 cicli di trattamento (con l'opzione di raddoppiare la fornitura), con il Remdesivir, (Veklury il nome commerciale) l'unico farmaco autorizzato in Europa per curare pazienti Covid 19 (adolescenti oltre i 12 anni e adulti) con polmonite e che necessitano di ossigeno supplementare. La decisione è stata presa dopo l'allarme scattato sulle scorte in esaurimento lanciato dallo stesso direttore generale dell'Aifa, Nicola Magrini: «Si rischia l'esaurimento delle scorte. Il fabbisogno supera la disponibilità». All'appalto congiunto partecipano 36 Paesi, tutti quelli Ue, dello spazio economico europeo, la Gran Bretagna e sei Paesi candidati all'adesione. Antivirale nato come anti-Ebola, il Remdesivir si sta dimostrando piuttosto efficace contro la Sars-CoV-2 e dopo essere stato un farmaco di fascia H, usato soltanto in ospedale, ora, dopo l'approvazione dell'Ema (Agenzia europea per i medicinali) è in commercio. I 70 milioni arriveranno dall'Emergency support instrument (Esi), strumento con il quale la Commissione Europea ad agosto scorso aveva messo a disposizione degli Stati membri e del Regno Unito un quantitativo contingentato di trattamenti, pari a 33.380 dosi. Non solo, questo sistema di appalti congiunti era già stato utilizzato per garantire possibilità di accesso ai dispositivi di protezione individuale, ai ventilatori, al materiale diagnostico e ai medicinali per le unità di terapia intensiva. Malgrado le critiche al presidente Usa che si è sottoposto a dosi da cavallo di farmaci, anche in Europa possiamo curarci visto che con questo nuovo ordinativo di 500.000 dosi, con opzione per 1 milione, l'Ue si mette in pari con gli Stati Uniti che già lo scorso luglio avevano acquistato 500.000 unità del farmaco usato anche al Walter Reed Medical Center» di Bethesda. In effetti, Donald Trump dopo una prima dose di Remdesivir, è stato sottoposto in via compassionevole a un trattamento sperimentale giudicato molto promettente a base di un cocktail di anticorpi «sintetici» e antivirali, Remdesivir e Desametasone, sviluppato dall'azienda biotecnologica Regeneron che cura i sintomi ma soprattutto cerca di evitare il peggioramento della malattia. Trump, ormai tornato alla normalità, ha annunciato in un video postato su Twitter che intende promuovere gratis per tutti gli americani il Regeneron. « È stato incredibile, mi sono sentito bene subito. Voglio per voi quello che ho avuto io e lo renderò gratis, non voglio che paghiate per una colpa non vostra, la colpa è della Cina e pagherà un grande prezzo», ha promesso mister President facendo salire in Borsa le azioni di Regeneron del 3,73%. Pharmaceuticals Inc, l'azienda produttrice, intanto ha confermato di aver chiesto l'autorizzazione di emergenza avendo dosi sufficienti per circa 50.000 pazienti ma si aspetta che 300.000 siano disponibili entro i prossimi mesi. Sempre ieri la Commissione europea ha anche approvato un contratto con una terza casa farmaceutica, Janssen Pharmaceutica Nv, per l'acquisto di 200 milioni di dosi di vaccino, non appena pronto (ora in fase 3 di sperimentazione), con la possibilità di ottenere dosi supplementari per altri 200 milioni di persone. Contratti sono stati già firmati con le società AstraZeneca e Sanofi-Gsk.
Attività all'aria aperta in Val di Fassa (Gaia Panozzo)
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Lo spettacolo Gabriele d’Annunzio, una vita inimitabile, con Edoardo Sylos Labini e le musiche di Sergio Colicchio, ha debuttato su RaiPlay il 10 settembre e approda su RaiTre il 12, ripercorrendo le tappe della vita del Vate, tra arte, politica e passioni.
Il ministro dell'Agricoltura Francesco Lollobrigida (Ansa)