2023-09-21
I governatori non possono opporsi ai Cpr
Eugenio Giani (Imagoeconomica)
Sui Centri di permanenza per il rimpatrio i presidenti verranno sentiti, ma le norme non prevedono alcun potere di veto. Tanto è vero che Stefano Bonaccini e Eugenio Giani, dopo aver guidato il fronte del no, hanno dovuto fare retromarcia. Possibilisti Michele Emiliano e Vincenzo De Luca.I presidenti di Regione contrari all’apertura dei Centri di permanenza per il rimpatrio possono sbraitare quanto vogliono, ma non opporsi legalmente alla scelta del governo. A quanto apprendiamo da diverse fonti interessate alla vicenda, la realizzazione di un Cpr prevede che i governatori debbano essere «sentiti», come previsto dalle norme varate dall’ex ministro dell’Interno, Marco Minniti, ma non hanno diritto di veto. Teniamo sempre presente che siamo in regime di stato di emergenza, deliberato dal governo lo scorso 11 aprile con tanto di nomina di un commissario delegato per la gestione dell’accoglienza dei migranti, il prefetto Valerio Valenti. Per evitare ricorsi di sindaci, comitati, associazioni e così via, in ogni caso, a quanto ci risulta il governo preciserà ancora più dettagliatamente le procedure nei prossimi giorni, mentre in via riservata le prefetture sono già state allertate per individuare zone dove poter realizzare i centri. Fonti del Viminale fanno presente che, in merito alla localizzazione delle aree dove sorgeranno i nuovi Cpr, il ministero dell’Interno, guidato da Matteo Piantedosi, «intende intavolare un dialogo costruttivo con le regioni e tutti gli enti locali per arrivare a soluzioni per quanto possibili condivise. La norma attuale, approvata da un governo di centrosinistra, prevede di procedere una volta «sentite» le Regioni e così si farà, cercando di evitare «strappi» ma al contempo rigettando eventuali veti immotivati. Rispetto alle polemiche strumentali che si stanno levando sul tema», aggiungono dal Viminale, «va sottolineato che la stessa introduzione dei Cpr nell’ordinamento italiano è avvenuta a opera di governi di centrosinistra: i Cpt previsti dalla legge Turco-Napolitano e poi confermati da tutti gli esecutivi che si sono succeduti negli ultimi 30 anni». Il testo del decreto Sud pubblicato ieri in Gazzetta ufficiale prevede che i Centri di permanenza per il rimpatrio entrino a far parte delle «opere destinate alla difesa e alla sicurezza nazionale a fini determinati», come ad esempio aeroporti, basi missilistiche, depositi di munizioni, caserme, basi navali. Ieri i governatori che avevano manifestato con maggior vigore il loro «no» ai Cpr, ovvero i due dem Stefano Bonaccini (Emilia-Romagna) ed Eugenio Giani (Toscana), sono tornati a esternare sulla questione: «Non siamo disponibili a nulla», ha tuonato Bonaccini a Radio24, «se parliamo di parole al vento. Io sono abituato a discutere di cosa si vuol fare». Un paio d’ore e Bonaccini ha innestato la retromarcia, dopo aver ricevuto una telefonata dal ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi: «Mi sono sentito col ministro Piantedosi», ha precisato Bonaccini, «ci siamo detti che ci vedremo a breve. Probabilmente c’è stato un qui pro quo tra la richiesta di incontro e il fatto di non aver capito che avevo chiesto un incontro. Con Piantedosi non ho alcuna necessità, né voglia di litigare», ha aggiunto Bonaccini, «perché l’ho conosciuto qui e lo ricordo come un ottimo prefetto di Bologna. Quindi da parte mia c’è solo volontà di collaborazione e lo ringrazio per avermi chiamato. Abbiamo fissato un incontro per capire e valutare come intervenire». Surreale il dietrofront di Giani, che l’altro ieri era stato lapidario, sfidando il governo con queste parole: «Non darò l’ok a nessun Cpr in Toscana!». Qualcuno deve avergli spiegato che il suo ok non è necessario, e ieri Giani ha cambiato i toni: «Io non impedisco la realizzazione di un Cpr in Toscana», si è autosmentito il Giani bifronte, «se arriva il ministero dell’Interno e vuole fare un Cpr gli dirò che sono assolutamente contrario sul territorio regionale, il Comune che loro sceglieranno vedremo cosa gli dirà, se ne prenderanno tutte le responsabilità». Molto diversa la posizione del presidente della Puglia, Michele Emiliano, anche lui del Pd: «Io delle politiche migratorie del governo», ha detto ieri Emiliano all’Ansa, «penso, come tutti gli italiani, che siano un disastro, ma se il governo ha bisogno della Puglia bussa, chiede e la Puglia è a disposizione». Una dichiarazione da apprezzare, considerato che la Puglia ospita già due Cpr, uno a Bari e uno a Brindisi (gli altri otto sono a Caltanissetta e Trapani, a Milano, a Roma, a Palazzo San Gervasio in provincia di Potenza, a Gorizia, a Macomer in provincia di Nuoro. Quello di Torino è chiuso dopo essere stato danneggiato). Più attendista il presidente della Campania, il dem Vincenzo De Luca: «Sui Centri di permanenza per i rimpatri», ha spiegato ieri De Luca, «noi non abbiamo capito ancora cosa vuole realizzare il governo, quindi siamo nell’impossibilità di esprimerci. Dovremmo trovare una linea di condotta comune nel nostro Paese», ha aggiunto De Luca, «perché il tema riguarderà un’intera epoca». «Se il governo vorrà aprire uno di questi Cpr in Calabria», ha sottolineato ieri il presidente Roberto Occhiuto, «non mi opporrò». «Ho sempre sostenuto», ha sottolineato il presidente dell’Abruzzo, Marco Marsilio di Fdi, «che bisogna decentrare i servizi». Ok al Cpr anche da parte del governatore della Liguria, Giovanni Toti. Più problematica la posizione del vicepresidente delle Marche, Filippo Saltamartini, della Lega: «È un tipico strumento di polizia», ha argomentato ieri Saltamartini, come riporta La Presse, «potrebbe accadere che questa misura sia adottata all’interno della nostra regione, ma è un centro di detenzione amministrativa su cui si sta approfondendo la costituzionalità della misura, perché prevede misure restrittive della libertà personale. Per le Marche non c’è l’esigenza di avere questo centro».
Ecco #DimmiLaVerità dell'11 settembre 2025. Il deputato di Azione Ettore Rosato ci parla della dine del bipolarismo italiano e del destino del centrosinistra. Per lui, «il leader è Conte, non la Schlein».