
Solo un box sul Corriere della Sera, neanche una riga su Repubblica, Stampa e Avvenire.La cura del silenzio. Una coltre di occhiuto disinteresse è nevicata improvvisamente sul libro dell'anno, e di quel Dal profondo del nostro cuore scritto dal cardinal Robert Sarah con la partecipazione in piena sintonia di Joseph Ratzinger non si parla più. Non sui media italiani che avevano dedicato prime pagine in fotocopia quando Georg Gänswein aveva chiesto all'alto prelato della Guinea di ritirare il nome di Benedetto XVI; non negli approfondimenti televisivi che avevano lungamente indugiato sull'imbarazzo di avere due Papi in Vaticano; non nei blog più alla moda per i quali la faccenda è ancora ferma allo scenario dipinto tre giorni fa dal minculpop d'Otretevere, vale a dire che «Ratzinger con il libro sul celibato non c'entra nulla».Il fallout mediatico è bizzarro, quasi nessuno scrive ciò che è avvenuto venerdì sera, cioè che Ratzinger e Sarah si sono incontrati e il Papa emerito ha confermato al cardinale la sua volontà di comparire nel libro, di condividerne i contenuti, di partecipare a un'iniziativa coraggiosa e controcorrente che spiazza la narrazione della corte francescana rispetto a un tema delicatissimo come quello dei preti sposati. Dopo aver liberato i cani contro Benedetto XVI e avere sostanzialmente dato del bugiardo a Sarah, tutti a occuparsi d'altro. Per il presunto dissidio chilometri di spazio, per la evidente pacificazione (sempre che davvero ci sia stata differenza di vedute) zero centimetri.Tutti tranne Il Corriere della Sera e Il Fatto Quotidiano, il primo riportando la notizia (anche se in un timido box) e il secondo con un opportuno approfondimento nel quale si sottolinea come «Ratzinger condivideva il libro di Sarah e in meno di 48 ore la tesi del malinteso è stata smontata». Niente da La Stampa che per due giorni aveva tuonato, fremendo di indignazione, contro i complotti pasticcioni degli ultraclericali. Niente da La Repubblica che evidentemente limita gli orizzonti religiosi alle encicliche di papa Eugenio I (Scalfari). E i teologi di complemento? Tutti indaffarati altrove. Non pervenuto padre Bartolomeo Sorge mentre padre Antonio Spadaro ha fatto ciò che aveva promesso twittando in pieno marasma: «Finalmente si può tornare a parlare di cose serie», come se gli argomenti sollevati dal Papa emerito e dal prefetto della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti fossero bazzecole. Così si occupa del compleanno del sito BombaCarta.Il silenzio nasconde imbarazzo, ed evidenzia una mancanza di equilibrio nel fotografare le sofferenze di una Chiesa realmente plurale e attraversata dalle tensioni della modernità. È lo stesso silenzio di Avvenire, che solo tre giorni fa con leggerezza aveva messo in bocca a Ratzinger la frase: Sul celibato non firmo il libro di Sarah. Occhiello: «Mai autorizzata l'apposizione, né condivise premessa e conclusioni». In 48 ore cambia tutto, un Papa emerito smentisce con i fatti quella ricostruzione, ma nessuno avverte la necessità di farlo sapere. Anzi, a pagina 2, spicca un commento di Salvatore Mazza in cui ancora si parla di «sgangherato attacco a papa Francesco dai soliti noti» e si procede nella narrazione come se il summit e l'abbraccio finale (a conferma che i cuori del titolo restano due) non fossero mai avvenuti.L'incontro fra Ratzinger e Sarah per il via libera al potente saggio sulla sacralità del celibato dei sacerdoti mette con le spalle al muro anche Scalfari, che nell'ultimo fantasmagorico reportage tratto da un colloquio con papa Francesco scrive: «Ratzinger non sta con Sarah e ha manifestato solidarietà a Bergoglio». Quel che è successo induce a credere esattamente il contrario, ma ormai vale tutto. Dalla ricostruzione del Die Tagespost, organo d'informazione cattolico tedesco vicino a Benedetto che riprende anche le indiscrezioni del giornalista e scrittore Antonio Socci, la tempesta sarebbe partita da una formidabile arrabbiatura di papa Francesco alla notizia dell'uscita del libro, incuneatosi tra la fine del Sinodo sull'Amazzonia e la sua Esortazione con la possibile apertura ai viri probati in quella regione: uomini sposati che vengono ordinati preti. Da qui la pressante richiesta a Georg di far fare a Ratzinger una marcia indietro. Che non è riuscita con Benedetto (a 92 anni acciaccato nel fisico ma lucidissimo nella mente), ma con tanti chierichetti italiani sì.
Zohran Mamdani (Ansa)
Nella religione musulmana, la «taqiyya» è una menzogna rivolta agli infedeli per conquistare il potere. Il neosindaco di New York ne ha fatto buon uso, associandosi al mondo Lgbt che, pur incompatibile col suo credo, mina dall’interno la società occidentale.
Le «promesse da marinaio» sono impegni che non vengono mantenuti. Il detto nasce dalle numerose promesse fatte da marinai ad altrettanto numerose donne: «Sì, certo, sei l’unica donna della mia vita; Sì, certo, ti sposo», salvo poi salire su una nave e sparire all’orizzonte. Ma anche promesse di infiniti Rosari, voti di castità, almeno di non bestemmiare, perlomeno non troppo, fatte durante uragani, tempeste e fortunali in cambio della salvezza, per essere subito dimenticate appena il mare si cheta. Anche le promesse elettorali fanno parte di questa categoria, per esempio le promesse con cui si diventa sindaco.
Ecco #DimmiLaVerità del 10 novembre 2025. Il deputato di Sud chiama Nord Francesco Gallo ci parla del progetto del Ponte sullo Stretto e di elezioni regionali.
Donald Trump (Ansa)
La Corte Suprema degli Stati Uniti si appresta a pronunciarsi sulla legittimità di una parte dei dazi, che sono stati imposti da Donald Trump: si tratterà di una decisione dalla portata storica.
Al centro del contenzioso sono finite le tariffe che il presidente americano ha comminato ai sensi dell’International Emergency Economic Powers Act (Ieepa). In tal senso, la questione riguarda i dazi imposti per il traffico di fentanyl e quelli che l’inquilino della Casa Bianca ha battezzato ad aprile come “reciproci”. È infatti contro queste tariffe che hanno fatto ricorso alcune aziende e una dozzina di Stati. E, finora, i tribunali di grado inferiore hanno dato torto alla Casa Bianca. I vari casi sono quindi stati accorpati dalla Corte Suprema che, a settembre, ha deciso di valutarli. E così, mercoledì scorso, i togati hanno ospitato il dibattimento sulla questione tra gli avvocati delle parti. Adesso, si attende la decisione finale, che non è tuttavia chiaro quando sarà emessa: solitamente, la Corte Suprema impiega dai tre ai sei mesi dal dibattimento per pronunciarsi. Non è tuttavia escluso che, vista la delicatezza e l’urgenza del dossier in esame, possa stavolta accelerare i tempi.






