2021-05-27
I gesuiti: «Italiani omofobi, il ddl Zan serve»
Padre Costa, direttore di «Affari sociali», sposa in toto le tesi dei fautori del bavaglio arcobaleno: «Italia omofoba, razzista e maschilista, c'è bisogno della legge». E prepara già il processo alla Chiesa: «Nella dottrina parole dispregiative verso i gay»Simone Pillon porta in commissione Infanzia il caso del decalogo gender per le scuole lazialiLo speciale contiene due articoli Prendetevi un attimo di tempo e leggete le righe che seguono, tutte d'un fiato. «La cultura dominante identifica un profilo che costituisce la "norma" - in Occidente tipicamente il maschio bianco eterosessuale autoctono - e legittima l'interpretazione delle differenze come condizione di inferiorità o minorità. La discriminazione e la violenza, verbale e/o fisica, non fanno che rimarcare questa condizione, perpetuando la gerarchia sociale vigente». Provate a dire: secondo voi chi ha scritto tutto ciò? Forse un filosofo come Michel Foucault, padre di tante decostruzioni? No, Foucault era molto più brioso e interessante. Allora forse un attivista Lgbt, magari una «transfemminista», come amano farsi chiamare? Potrebbe essere, perché le categorie di pensiero sono le stesse. Solo che il testo succitato non proviene dall'ateneo di Berkeley o dall'ultimo articolo di Judith Butler, madrina del gender. No, è l'editoriale del nuovo numero di Aggiornamenti sociali. Trattasi - citiamo dal sito ufficiale - di «una rivista dei gesuiti, nata nel 1950, che offre informazione ma soprattutto formazione». A firmare il prezioso articolo è, appunto, un gesuita: il direttore della rivista Giacomo Costa. Il quale, in soldoni, ci informa (anche tramite una nota inviata alla stampa al fine di segnalare l'editoriale, che altrimenti sarebbe passato inosservato) che il ddl Zan serve. A parere del gesuita, «l'obiettivo del provvedimento» è quello di «tutelare le persone vittime di discriminazioni». Certo, concede il padre, il testo del disegno di legge e migliorabile, ma è importante rendersi conto che abbiamo davvero bisogno della norma tanto agognata dagli attivisti arcobaleno. E sapete perché ne abbiamo bisogno? Ce lo spiega Costa: «Per aumentare la consapevolezza e disinnescare progressivamente quei meccanismi di discriminazione che segnano la cultura di cui tutti siamo portatori: a prescindere dalla bontà delle intenzioni, siamo una società razzista, maschilista e omofoba». Non pago delle offese agli italiani - del tutto immotivate e basate evidentemente sulla lettura compulsiva di Repubblica - il savio gesuita passa dalla sociologia un tanto al chilo alla teologia, di cui dovrebbe teoricamente avere più contezza. Ebbene, ecco il Costa-pensiero: «In materia di sessualità, il lessico con cui tradizionalmente sono formulate alcune posizioni della Chiesa, specie quando viene estrapolato dal contesto filosofico e teologico in cui sono state elaborate - pensiamo ad esempio a una espressione come “intrinsecamente disordinato" - finisce per assumere tonalità che suonano dispregiative, in particolare per chi già subisce discriminazioni». Dunque, riepilogando, il padre ci informa che noi italiani siamo razzisti, maschilisti e omofobi e che la Chiesa utilizza un linguaggio sbagliato (e a sua volta un po' omofobo) riguardo la sessualità. A questo punto, non ci resta che fare ammenda. Nei giorni scorsi abbiamo ironizzato sulle uscite di Enrico Letta (da noi ribattezzato affettuosamente Suor Letta) il quale, dopo inaspettata illuminazione, si è messo a discettare di riforma dell'istituzione ecclesiastica e di sacerdozio femminile. Ci sembrava del tutto inappropriato che il segretario del Pd, già discutibile come politico, s'improvvisasse anche teologo o addirittura pontefice. Ma tocca ricredersi e scusarsi con il dolce Enrico: i gesuiti fanno molto di peggio. Senza neppure avere l'ignoranza come scusa, si prostrano all'opinione dominante e riciclano i peggiori stereotipi progressisti. Sembra che padre Costa abbia letto molti scritti delle femministe, e ne siamo lieti, ma pare abbia trascurato completamente quelli di marca cristiana. Gli consigliamo in proposito la lettura del libro curato da Alfredo Mantovano per Cantagalli (padre, provi a chiederlo alla Feltrinelli, vediamo se glielo fanno ordinare o se le rifilano qualche scusa). Sfogliandolo, capirà la portata delle bestialità che ha scritto, e il danno che ha causato a un pensiero religioso e politico che già oggi rischia la censura. Nel frattempo, però, non possiamo evitare di farci qualche domanda. Come è possibile che persino gli uomini di Chiesa siano così friabili, così pronti a sottomettersi al pensiero unico? Certo, Costa suggerisce - per salvare la faccia - che si potrebbe evitare il problema della «identità di genere» posto dal ddl Zan sostituendo la parola «genere» con «sesso». Ma fa finta di non capire che qui non si tratta di appigliarsi ai cavilli, bensì di opporsi a una sorta di golpe antropologico che punta a scardinare la concezione stessa dell'essere umano, annullando la differenza fra maschio e femmina su cui tutte le tradizioni - non solo quella cristiana - si fondano. La stessa Cei è stata abbastanza chiara in proposito, e pure papa Francesco ha invitato a combattere la cultura del «neutro». Eppure il benemerito gesuita sembra non curarsene e va avanti per la sua strada, pensando pure di essere «controcorrente». Poco male, se non fosse che poi posizioni come le sue - tanto più se provenienti dal ventre della Chiesa - vengono prese sul serio e usate come arma dai costruttori dell'ideologia padronale. Soltanto una cosa il Costa la dice giusta, e infatti è una citazione. Ha ragione quando, riprendendo Francesco, scrive: «La realtà è superiore all'idea». Bene, la realtà mostra l'esistenza della differenza sessuale; l'ideologia vuole abolirla sostituendola con menzogne di fabbricazione umana. Avendo un'infarinatura di pensiero cristiano, sappiamo chi sia il Principe della menzogna, e sappiamo che mira a far prevalere le «cose del mondo» su quelle divine. Ci risulta, tuttavia, che il datore di lavoro del gesuita Costa sia un altro. Ma magari ci siamo sbagliati.
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)