2019-11-13
I gay in tv aumentano a dismisura. È il nuovo ordine mondiale pro Lgbt
La visibilità di omosessuali e transessuali nelle serie televisive Usa è oltre il doppio di quella reale: il 10,2% contro il 4,5% di dichiarati. Si vuole arrivare al 20% nel 2025. E devono essere tutti un modello per la società.I media sono più arcobaleno che mai. E lo saranno sempre più. È il quadro emergente dal rapporto annuale di Glaad, organizzazione no profit che si occupa di attivismo Lgbt e, in particolare, di promuovere la diversità sessuale sul piccolo schermo. Dalle 40 pagine dell'ultimo report - diffuso in questi giorni e che viene pubblicato ormai da quindici anni - il primo dato che balza all'occhio è difatti la crescita dei personaggi arcobaleno. Nello specifico, si è visto come dei 879 personaggi di questa stagione televisiva americana ben 90, cioè il 10,2%, siano Lgbt. Dal momento che lo scorso anno ammontavano all'8,8%, significa che c'è stato un aumento. Significativa è anche la rappresentanza dei personaggi di colore, pari oggi al 47% ed aumentata addirittura del 3% dallo scorso anno. La medesima crescita ha avuto la visibilità mediatica femminile, che però - segnala il report - essendo ferma al 46% è ancora troppo scarsa dato che le donne costituiscono il 51% della popolazione americana. Ma torniamo alla diffusione delle figure arcobaleno in programmi e serie tv, perché ci sono almeno altri due aspetti del documento di Glaad che meritano una sottolineatura.Il primo riguarda proprio quel 10,2%, che non soltanto è un dato più consistente rispetto a quello del 2018: è pure, lo si diceva all'inizio, il più alto di sempre. Mai come oggi, insomma, è probabile che chi segua una serie broadcast, via cavo o tramite i servizi streaming si imbatta in un personaggio gay. In secondo luogo, se si esaminano i rapporti delle scorse annate, si scopre come appena dieci anni fa la rappresentanza catodica Lgbt fosse ferma al 3% e quindici anni fa a meno del 2. La propaganda arcobaleno si è quindi più che triplicata in due lustri, con il risultato che oggi la visibilità dei gay è oltre il doppio di quella reale.Una rilevazione del 2017 dell'American Institute of public opinion, noto anche come Gallup poll, fissa infatti a 4,5% la quota di popolazione adulta americana che si identifica come Lgbt. Una percentuale che, a livello mondiale, è pure più bassa. La campagna propagandistica di matrice arcobaleno non può più quindi essere definita neppure più un'ipotesi, essendo una realtà suffragata da numeri certi. Ma c'è di più. Come se non bastasse, la copertura gender dei media sarà probabilmente intensificata. Questa, almeno, è la direzione in cui si sta lavorando.A chiarirlo, sono gli stessi vertici della Glaad. «Alla luce dei risultati raggiunti», ha spiegato Sarah Kate Ellis, che di questa organizzazione è la massima rappresentante, «quest'anno stiamo lanciando una nuova sfida. Glaad si sta attivando con l'industria televisiva affinché entro il 2025, nelle serie per la prima serata, i personaggi Lgbt siano il 20%». Si vuole insomma raddoppiare la presenza dei gay sul piccolo schermo rispetto ad oggi affinché sembrino quattro volte più numerosi di quello che sono nella popolazione generale.C'è poi un altro aspetto che Glaad non dice, ma implicito: l'accresciuta visibilità Lgbt non dovrà essere neutra, ma dovrà manifestarsi sempre all'insegna di una narrativa positiva. In altri termini, oltre che numerosi i gay devono apparire dei veri e propri modelli. Ancora una volta, non si tratta di congetture di qualche fanatico omofobo ma di chiare prescrizioni strategiche provenienti dallo stesso mondo arcobaleno. Il riferimento, qui, è ad After the Ball. How America will conquer its Fear & Hatred of Gays in the 90's, manuale di propaganda omosessualista con cui già nel lontano 1989 i due autori - gli studiosi Marshall Kirk e Hunter Madsen - esortavano a darsi da fare affinché sui media «i gay sembrino buoni» non solo come membri della società, ma addirittura come suoi «pilastri».Analogamente, un articolo apparso nel 2002 su Regent University Law Review, a firma dell'esperto di marketing Paul E. Rondeau, evidenziava come il primo passo per rendere «normali» e accettati dall'opinione pubblica i messaggi Lgbt e pro gender sia ripeterli in continuazione fino a farli apparire «noiosi». Esattamente quanto sta avvenendo nelle serie americane con, oltretutto, una certa efficacia.Lo ha certificato nientemeno che il Corriere della Sera quando, nel giugno 2018, riportava gli esiti di uno studio promosso da Viacom, conglomerato di media statunitensi. Quella ricerca - assai vasta, poiché condotta monitorando 100.000 persone provenienti da 77 Paesi - rilevava come, tra chi non conosce un gay, uno su quattro ammetta che i media in generale e la televisione in particolare abbiano contribuito a far sorgere in lui, rispetto all'omosessualità, sentimenti favorevoli. Sentimenti favorevoli verosimilmente instillati grazie a quanto Glaad ha registrato e si augura che nei prossimi anni accada sempre più: una diffusione capillare di personaggi gay da presentare sistematicamente come intelligenti altruisti, sensibili, «buoni», quasi angelicati. Ma guai, naturalmente, a chiamare tutto questo indottrinamento.
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