I fan degli idranti contro i portuali piangono per i violenti della Sapienza

Per un giorno, la sinistra è potuta tornare (soltanto a parole, ovviamente) agli antichi fasti di lotta e di piazza. Per un paio di pomeriggi, i polverosi burocrati liberal hanno risentito il sangue fluire nelle vene, e si sono eccitati all’idea di poter gridare contro la polizia come facevano quando erano giovani e capelluti. Persino qualche insospettabile che le manifestazioni non le ha mai viste da vicino si è improvvisato barricadero. Giuseppe Conte ha gridato che le scene viste alla Sapienza «fanno venire i brividi». Ezio Mauro, a Tagadà, ha invitato a vigilare attentamente «sull’uso che il governo di destra farà della polizia». Luigi De Magistris è riemerso dalle catacombe per portare «solidarietà a chi lotta». Ilaria Cucchi ha inquinato il (sacrosanto) intervento sulla condizione pessima delle carceri con la richiesta di maggiore controllo sulle forze dell’ordine dopo la violenta «reazione a un sit in pacifico». E poi il solito, incrostato, fiorire di vignette, commenti, tweet battaglieri, rullate sul tamburo per la nuova resistenza contro il regime fascista meloniano…
Viene il sospetto che tutti questi indiani metropolitani fuori tempo massimo si siano persi alcuni passaggi di quanto accaduto a Roma. Martedì, alla Sapienza, facoltà di Scienze politiche, era stata organizzata una conferenza a cui erano stati invitati Fabio Roscani di Fratelli d’Italia e il nostro Daniele Capezzone. Nei giorni precedenti l’incontro, sulla Rete hanno cominciato a circolare le smargiassate intimidatorie. Il collettivo di Scienze politiche - roba che avrebbe puzzato di vecchio già nel 1979 - ha diffuso manifesti battaglieri: «Fuori i fascisti dalla Sapienza» e «Saremo noi la controparte», come a dire che ci avrebbero pensato loro a rimettere in riga Roscani e Capezzone.
Il resto è noto: si è tenuto il picchetto in facoltà, è arrivata la polizia, la tensione si è alzata e ci sono stati spintoni e qualche manganellata. Da lì, il delirio progressista sul governo reazionario bastonatore di giovincelli.
Nel mondo reale, Roscani è un ragazzo nato nel 1990, già presidente di Gioventù nazionale. Quando nacque Alleanza Nazionale ancora teneva il ciuccio (supponiamo) e non ha mai frequentato la cosiddetta destra estrema. Capezzone è un liberale di platino, un libertario, un intellettuale che - peraltro - non ha mai avuto problemi a criticare la destra quando riteneva che fosse giusto farlo. Ebbene, nel mondo intossicato e immaginario dei poveretti del collettivo, costoro sono «fascisti», e vanno combattuti con picchetti e presidi.
Ora, noi non siamo tifosi delle manganellate e riteniamo che il diritto di manifestare sia sacrosanto. Il grottesco spettacolo allestito attorno ai fatti della Sapienza, tuttavia, impone un paio di considerazioni. La prima è che i baldanzosi studenti non stavano manifestando per una nobile causa: stavano cercando di impedire a un parlamentare e a un giornalista di parlare. Un manipolo di forse duecento persone ha deciso di farsi avanguardia, si è arrogato il diritto di rappresentare tutto l’ateneo e ha provato a tappare la bocca ai suoi nemici ideologici. Viene da chiedersi se i professori romani insegnino qualcosa riguardo alla libertà di espressione oppure no. A noi pare violenta e intollerante la pretesa di tacitare chi la pensa diversamente accusandolo di «fascismo», categoria buona per ogni occasione. L’università, fino a prova contraria, è pubblica, ed è un luogo quasi sacro, in cui tutte le opinioni dovrebbero avere cittadinanza. Come si permettono questi fenomeni ignoranti anche solo di tentare di levare la parola a qualcuno? Per altro, visto che ci tengono tanto ad atteggiarsi a combattenti per la rivoluzione boliviana, dovrebbero esibire miglior tempra e non lagnarsi quando si prendono una ripassata, cosa che - da sempre - capita quando si scende in strada bellicosi.
Seconda riflessione. Le comari indignate che ora piangono per la sorte dei malcapitati studenti dov’erano l’anno scorso quando le forze dell’ordine puntavano i getti degli idranti sui pacifici portuali triestini seduti a terra per portare avanti la protesta silenziosa contro il green pass? Tacevano, gli ipocriti. O, peggio, applaudivano l’operazione ben riuscita del governo dei migliori.
Riguardate le immagini girate a Trieste nell’ottobre scorso e poi quelle della Sapienza. Il colpo d’occhio vi restituirà immediatamente il solco profondo - culturale prima che politico - apertosi in Italia. Da una parte persone semplici, lavoratori, che si appoggiano a terra e in qualche caso pregano per chiedere di poter lavorare liberamente, per chiedere di potersi spaccare la schiena senza che qualcuno li privi dello stipendio in virtù di una norma stupida e ingiusta. Dall’altra, invece, ci sono i bisnipoti di una sinistra rattrappita che vive di fantasie sul fascismo e va in cerca dell’eroismo e della virilità dopo averli ferocemente combattuti entrambi.
I giovani della Sapienza, in fondo, non sono nemmeno troppo colpevoli. Cresceranno, cambieranno forse. E ci dispiace sinceramente che si siano presi qualche botta per un motivo idiota. Molto peggio di loro sono gli adulti e i catorci del progressismo, quelli che si sono venduti all’élite e si fingono attivisti. Quelli che, mesi fa, si precipitavano a chiamare la polizia se qualcuno non esibiva il green pass al ristorante e ora scimmiottano la Pantera contro la sbirraglia. Sì, sono proprio gli stessi: godevano quando i malcapitati corridori venivano inseguiti dai droni per i campi, invocavano la repressione antiterroristica contro chi marciava in strada per difendere il lavoro proprio e altrui. E adesso guardali: tutti a berciare in direzione della polizia fascista per difendere un gruppetto di intolleranti che da Capezzone sarebbe zittito in meno di un secondo. L’altro ieri davano dei fascisti ai no vax, e scomodavano l’apparato securitario; oggi descrivono come fascista quello stesso apparato.
Le botte ai manifestanti non ci piacciono. I piagnistei degli oppressori ci suscitano ribrezzo.






