2021-06-25
I dubbi per la terza dose con mRna.Ma da Pfizer non possiamo scappare
Francesco Figliuolo (Getty images)
Studi dimostrano che iniezioni continuative di farmaci con questa tecnologia non hanno profili di sicurezza verificati. I sieri alternativi (Novavax) ci sarebbero, ma siamo legati dai contratti a quello tedesco-americano Il Centro europeo di prevenzione e controllo delle malattie (Ecdc) prevede che entro fine agosto il 90% delle nuove infezioni nella Ue sarà dovuto alla variante Delta, giudicata più trasmissibile rispetto ad altre. Già dai primi mesi della pandemia sono state riscontrate e valutate migliaia di mutazioni virali, e anche se la maggior parte di esse non sembra in grado di alterare la pericolosità dell'agente patogeno, alcune potrebbero rivelarsi più resistenti all'immunità indotta dai vaccini attualmente distribuiti. Se un booster si renderà necessario - non come un normale richiamo, ma perché arriveranno nuove varianti capaci di «bucare» la protezione di alcuni vaccini - andrebbe messa in piedi una «macchina» organizzativa di scorta da attivare in tempo zero se scatta l'emergenza per immunizzare di nuovo tutti gli italiani. E non basterebbe di certo affidarsi alla somministrazione della terza dose in farmacia o presso i medici di famiglia, strutture che già adesso stanno mostrando i loro limiti in termini di distribuzioni delle dosi. Siamo davvero pronti per gestire un nuovo round di vaccinazioni a tappeto? «A breve partirà un progetto che vede come attuatore l'Istituto superiore di sanità, verranno erogate risorse per progettare un sequenziamento che abbia valore statistico e scientifico per studiare come circola virus e come evolve», aveva assicurato il commissario Francesco Figliuolo in audizione alla Camera lo scorso 7 giugno. Ieri, però, il sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri ha detto di aver presentato ai primi di gennaio un progetto per le varianti con il presidente dell'Aifa, Giorgio Palù, ma, ha tuonato Sileri, «non è mai stato finanziato e per mesi l'ho sollecitato. Solo pochi giorni fa ha trovato un finanziamento e sta partendo. La lentezza di questi mesi è di esclusiva responsabilità del gabinetto del ministero della Salute». La sfida non riguarda solo la logistica o il sequenziamento, ma anche il tipo di «arsenale» con cui dovremmo affrontare le eventuali nuove mutazioni. Perché come ha scritto La Verità la settimana scorsa, l'Italia ha già speso 2,3 miliardi di euro per 121,5 milioni di dosi di vaccino prodotto da Pfizer-BioNtech a 19,50 euro a dose. Ovvero il 13,5% di quel nuovo contratto da 900 milioni di dosi firmato dalla Commissione Ue a inizio maggio per avere garantite le forniture a partire da gennaio 2022. E la cifra può anche raddoppiare se acquisteremo anche la parte pro quota degli altri 900 milioni di dosi già opzionate da Bruxelles da qui al 2023. L'essere legati troppo a una sola azienda ci espone al rischio di esserne dipendenti per i prossimi anni sia in termini di forniture sia di gestione dei richiami. Presto arriveranno sul mercato nuovi vaccini, persino più evoluti - come quelli di Sanofi o come Novavax, a proteina, efficace sulle varianti al 90% - ma non avremo i soldi per comprarli perché li abbiamo già spesi. Ad alimentare il dubbio di aver scommesso tutto su un unico «cavallo» sono anche i pareri di alcuni esperti come Antonio Cassone, ex direttore del dipartimento di Malattie infettive dell'Iss, e Roberto Cauda, ordinario di Malattie infettive presso la Cattolica di Roma. In un intervento pubblicato sul sito de La Repubblica i due infettivologi sostengono che il Covid diventerà endemico, magari con una malattia di simil-influenzale, contro cui comunque almeno i soggetti a rischio, dovranno annualmente - o a diversa scadenza - rivaccinarsi. Il punto però è: con quale vaccino? I vaccini a mRna che stiamo usando (Pfizer e Moderna) sono ancora autorizzati in via emergenziale, sono cioè in attesa di ottenere una approvazione finale da parte degli organi regolatori. Abbiamo sufficienti prove che ripetute iniezioni di mRna soddisfino il requisito della sicurezza, che certamente ha una asticella più alta per una vaccinazione di routine, in persone già vaccinate, di quella che abbiamo accettato per la vaccinazione in emergenza? La risposta, spiegano i due esperti, è che non c'è alcuna prova perché mancano sperimentazioni in materia. Anzi, «ci sono indizi biologici, clinici e sperimentazioni nell'animale di laboratorio che ci inducono a ritenere che multiple somministrazioni di mRna, perlomeno di come questa molecola è attualmente preparata, potrebbero non essere accettabili. Se quindi l'idea è di rifarci una bella nuova somministrazione di mRna nel prossimo autunno, magari insieme al vaccino influenzale, (Moderna lo sta già preparando) è augurabile che i dati di questa sperimentazione siano resi disponibili al più presto», aggiungono Cassone e Cauda. Sottolineando che sono però presenti o in dirittura d'arrivo, vaccini la cui tecnologia è nota da tempo per la sua sicurezza anche dopo somministrazioni multiple. Si tratta di vaccini a subunità, con proteine ricombinanti. Uno di questi è il Novavax, in cui la proteina trimerica Spike del coronavirus, non il suo codice di mRna, rappresenta l'antigene immunizzante. Sembra, quindi, «saggio non accettare come unica ed ovvia necessità che chi ha fatto un vaccino ad Rna continui a farlo negli anni».