2021-01-19
I dem maggiordomi del potere Ue. Perdono le elezioni ma governano
Nicola Zingaretti e Dario Franceschini (Ansa)
Ribaltoni, manovre di palazzo e patti sotterranei: il Pd è da 9 anni che sopravvive all'infausto esito delle urne. Strillano contro i sovranisti, ma la loro è la peggiore retorica populista. In grado di passare da Mario Monti a Luigi Di Maio.Un tempo c'erano i «turisti della democrazia» (così lì definì Silvio Berlusconi). Ora ci sono i turisti della dittatura. Gente che sta in Parlamento - e pure al governo - come si starebbe su un torpedone durante un viaggio premio: parlottando e guardando fuori dal finestrino, perché l'importante è stare a bordo e andare in gita gratis, poco importa chi guidi e chi siano i compagni di viaggio. Il Partito democratico sta viaggiando a scrocco da parecchio tempo, e non ha alcuna intenzione di smettere. Negli ultimi dieci anni è stato al governo per nove anni, di fatto senza mai vincere alle elezioni. Nel 2011, dopo la defenestrazione del Cavaliere (che si dimise nonostante avesse incassato un voto favorevole al rendiconto di bilancio), i dem sostennero il governo Monti, con le conseguenze che sappiamo (eppure il vecchio Mario, senatore a vita, è ancora lì a fissare il prezzo della sua disponibilità). Nel 2013 il Pd, guidato da Pier Luigi Bersani, prese il 25,43% dei voti: non abbastanza per formare un esecutivo di centrosinistra. Le trattative con i 5 stelle fallirono, così nacque il governo di larghe intese di Enrico Letta. Al quale, dopo un po' di tempo, fece serenamente le scarpe Matteo Renzi. Quindi i progressisti beneficiarono di due presidenti del Consiglio, entrambi giunti al potere tramite accordi di palazzo. Nel 2018 nuovo giro di giostra: il Pd non arriva al 20%, non trova l'accordo con i 5 stelle ed ecco che nasce l'inaudito governo legastellato. Durerà poco più di un anno: l'unico periodo nel decennio in cui i democratici non sono stati forza di governo. E che cosa hanno fatto gli amici liberal in quei mesi? Hanno gridato fino a sgolarsi che la democrazia era a rischio, che il fascismo era alle porte, che gli italiani erano in pericolo, che al potere c'erano bestie disumane. Chiaro: se il Pd sta lontano dai ministeri, allora è emergenza democratica, bisogna correre ai ripari, serve l'intervento dell'Onu, dell'Ue, delle forze armate, di chiunque possa fare piazza pulita degli avversari, a prescindere dai voti che questi hanno ottenuto. Ma ecco che, nel 2019, il «naturale ordine delle cose» è stato ripristinato. La Lega ha mollato i pentastellati, però Giuseppe Conte è rimasto al suo posto e gli acerrimi nemici di un tempo sono divenuti alleati. Senza passare dal voto, ovviamente, il Pd in emorragia di consensi è tornato al governo. All'improvviso, la democrazia non era più in pericolo e il fascismo rimaneva comunque alle porte, ma all'opposizione. L'esecutivo giallorosso, continuando a demonizzare gli avversari, si è trasformato nel tempo in una sorta di autoritarismo mascherato. Ha esercitato il comando scavalcando allegramente il Parlamento, avanzando a colpi di mazza (i Dpcm), e il Pd si è fatto andar bene ogni mostruosità. Ora ci risiamo. Il torpedone guidato da Conte prosegue la corsa sobbalzando, con il motore spompato e le gomme a terra, ma il Partito democratico se ne sta bellamente accomodato sui seggiolini, pronto a qualsiasi compromesso pur di non cedere il posto. Ieri Giuseppi alla Camera ha tenuto un discorso sconvolgente: da strenuo difensore del populismo e del sovranismo quale si dichiarò nel 2019, è passato a presentarsi come il solo argine all'avanzata dei sovranisti. Ebbene, non ha fatto in tempo a concludere che Nicola Zingaretti, segretario del Pd, si è precipitato ad applaudire: «Bene Conte», ha detto. «L'appello ad andare avanti per cambiare. Patto di legislatura, apertura al coinvolgimento del Paese, priorità allo sviluppo per creare lavoro, alla difesa della salute, al rafforzamento del protagonismo europeo a cominciare da Next Generation Eu. Non fermiamoci ora. Dobbiamo ricostruire la fiducia. L'Italia ha diritto alla speranza, c'è una prospettiva da perseguire per il futuro». L'Italia ha diritto alla speranza? Dobbiamo andare avanti per cambiare? Ma questa è roba sudamericana; prima che alla democrazia, è un'offesa alla logica: come si fa a cambiare se restano sempre gli stessi, per altro non legittimati da alcun voto, forti di percentuali ottenute nel 2018 e radicalmente modificate negli anni? I discorsi di Zingaretti assomigliano in modo inquietante a quelli di Luigi Di Maio. «Quello della maggioranza assoluta è un giochino di Renzi per costruire uno specchietto per le allodole», ha detto di recente il ministro degli Esteri. Ma certo: parlare di maggioranza è solo un trucchetto, si può governare tranquillamente anche senza, tanto la democrazie e persino le procedure parlamentari sono un orpello, se scavalcarle serve a tenere in vita il governo «dei buoni». Eccoli, i turisti della dittatura. Dicono peste e corna dei sovranisti, ma la loro retorica è intrisa del populismo più deteriore. Si stracciano le vesti per le sorti della democrazia quando non sono al governo, ma non appena ci arrivano grazie a qualche intrigo sono i primi a calpestare i rituali democratici. Pur di rimanere incollati allo scranno sono disposti a svendere l'anima o addirittura a regalarla. Soprattutto, hanno un solo obiettivo: sostenere quello che che Luciano Canfora chiama «internazionalismo dei benestanti», cioè l'europeismo. Questa ormai è l'unica ragione di vita del Pd: restare in sella, costi quel che costi, per eseguire gli ordini calati dall'alto dall'Ue. Non c'è altro. Si comportano da turisti, appunto. Solo che la vacanza la paghiamo noi, e a carissimo prezzo.