2020-09-18
I conti della Lega dissanguati tra il 2012 e il 2014 (e Salvini non c’era)
Matteo Salvini (A.Bremec/Nur/Getty Images)
Scivolone della Finanza: i rimborsi allo Stato pagati dal partito confusi con operazioni sospette e segnalati ai pm milanesi.Tra le migliaia di carte in mano alla procura di Milano sull'inchiesta del capannone della Lombardia film commission c'è una nota particolare, denominata «giroconto Genova». Nelle segnalazioni dei movimenti sui conti della Lega, tra le attività sospette, infatti non c'è solo quella dell'imprenditore Francesco Barachetti nell'istituto di credito russo Sberbank, per l'acquisto di una casa per la madre della moglie russa. Ci sono anche 4 bonifici da 100.000 euro che il nucleo della guardia di finanza definisce «ripetuti giroconti a cifra tonda» e di «importo rilevante» che sembrerebbero «non avere alcuna attinenza con la normale attività di un partito». Le segnalazioni sono tra l'ottobre 2018 e il settembre 2019. Il problema è che i bonifici «giroconto Genova» riguardano l'accordo che il partito di Matteo Salvini ha stretto con la procura ligure proprio nel settembre del 2018. Sono i soldi che la Lega sta restituendo allo Stato. Perché la Gdf incaricata per analizzare le indagini sospette segnala quindi la procura di Genova e i fondi per il fondo unico alla giustizia? L'accordo era noto da tempo, perché definire questa attività sospetta e avulsa dalle attività del partito? Le stranezze nell'inchiesta sul cineporto non finiscono qui. L'inchiesta dei pm Eugenio Fusco e Stefano Civardi riguarda l'affare intorno al capannone, ovvero la compravendita di uno stabile quando il presidente della Lombardia film commission era Alberto Di Rubba, revisore contabile della Lega al Senato. Ai domiciliari insieme con lui sono finiti anche altri due commercialisti, Andrea Manzoni, revisore alla Camera del Carroccio, e Michele Scilieri, con l'accusa di peculato e turbativa d'asta, sul bando di acquisto dell'immobile. Di mezzo c'è anche la figura di Luca Sostegni, prestanome di Manzoni e tutt'ora nel carcere di San Vittore, da tempo in guerra con i 2 commercialisti vicini alla Lega sia perché dopo un viaggio in Brasile gli era stata tolta la gestione della New Quien (azienda che gestisce case da ballo brasiliano) sia perché non avrebbe ricevuto la sua parte nell'affare di Cormano. Le indagini, fino a questo momento, hanno riguardato l'ultima gestione della Lega di Matteo Salvini, ovvero quella del tesoriere Giulio Centemero, rinviato a giudizio a Roma nell'inchiesta sull'associazione Più Voci. Gli inquirenti stanno facendo approfondimenti sui conti dei 3 commercialisti e cercano di capire se parte di quel denaro sia riferibile a quello dei fondi sottratti allo Stato, non usato quindi per le campagna elettorali o per attività del partito. Il 3 settembre quando Manzoni si presenta dai pm, spiega a Fusco e Civardi il suo punto di vista sui famosi 49 milioni. Durante la gestione Centemero, dice il commercialista bergamasco, «personalmente reputo che non vi siano mai stati 49 milioni quali disponibilità liquide sui conti della Lega nel periodo di mia competenza». In più aggiunge che nell'estate del 2014, proprio l'attuale tesoriere gli spiegò che la «vita del partito» sarebbe stata di «circa 6 mesi» e che bisognava «intervenire in maniera robusta con interventi che prevedono anche la cassa integrazione dei dipendenti». Analizzando i bilanci dal 2008 al 2018, e mettendo in parallelo la liquidità nelle casse della Lega Nord con le spese elettorali, quello che dice Manzoni non è sbagliato. Così come non è sbagliato quello che sostiene l'attuale segretario della Lega Matteo Salvini, quando ricorda che i famosi 49 sono stati spesi per la campagna elettorale. Perché quando Salvini divenne segretario alle fine del 2013 i soldi in cassa si erano già praticamente esauriti, tanto che nel primo anno di gestione di Centemero, cioè il 2015 (nel 2014 aveva firmato l'ultimo atto della precedente), la Lega si ritrova una liquidità pari a 1.469.264 euro, a fronte di spese elettorali per 1.830.000. I soldi, infatti, scompaiono tra il 2012 e il 2014, quando l'attuale segretario non è ancora stato eletto. Lo sarà il 7 dicembre del 2013. Del resto quando Francesco Belsito, l'ex tesoriere condannato per truffa ai danni dello Stato, lasciò nel dicembre del 2011 in cassa c'erano invece 33 milioni di euro, grazie anche a contributi dello Stato pari a 25 milioni. Nel 2012 diventa segretario Roberto Maroni, è luglio. A dicembre il nuovo tesoriere Stefano Stefani ha una cassa di 31 milioni di euro. È una cifra considerevole. Le spese elettorali sono pari invece a 6.274.890. C'è quindi uno scarto di quasi 25 milioni che l'anno seguente scompare. Nel bilancio 2013, infatti, la Lega ha una perdita secca di liquidità e il totale in cassa è pari a 16.515.843,39 euro. Quell'anno le spese elettorali sono pari a 6.982.966,14. Nell'ultimo di gestione a metà tra Stefani e Centemero la liquidità è ancora abbastanza alta, il calcolo è di 8.363.721,47 euro. I contributi statali sono ridimensionati. E le spese per le elezioni si riducono a 3 milioni. Poi c'è il crollo. Negli anni seguenti nascerà un nuovo soggetto politico, la Lega Salvini premier. I pm stanno cercando un aggancio tra le varie gestioni finanziarie del partito, ma va ricordato che quando Salvini divenne segretario la prima decisione fu proprio quella di mettere alla porta Stefani. L'ex tesoriere è già stato sentito dai magistrati e l'anno scorso disse che i 49 milioni erano stati spesi in «prostitute».
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Piergiorgio Odifreddi (Getty Images)