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2018-10-03
Rinnovata l'agenda dei comunicatori gialloblu. Manca solo la Rai
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ANSA
C'era una volta Filippo Sensi, portavoce di Matteo Renzi, celebrato su twitter e Instagram dove gestisce l'account Nomfup, per le sue foto in bianco e nero all'ex presidente del Consiglio. Per come è finita, tra fallimento al referendum del 4 dicembre 2016 e debacle alle ultime politiche, quegli scatti, che scimmiottavano Pete Souza celebre fotografo di Barack Obama, non hanno portato bene. Eppure la figura di Sensi è stata per quasi cinque anni il simbolo della comunicazione renziana che poi si diramava nelle aziende partecipate come Eni o Leonardo. Il governo gialloblu di Giuseppe Conte, con una metà Lega e l'altra metà 5 stelle, ha portato una ventata di cambiamento radicale, a partire proprio dal portavoce del presidente del Consiglio. Rocco Casalino, l'ex Grande fratello, è ormai sulla bocca di tutti per gli audio inviati ai giornalisti e poi pubblicati sui giornali. Ma insieme con lui è folta la pattuglia di comunicatori di palazzo Chigi, anche con qualche sorpresa.
L'ufficio stampa della presidenza del Consiglio è composta da sette persone. C'è innanzitutto Dario Adamo, fedelissimo di Davide Casaleggio, responsabile editoriale del sito e dei social media. Poi c'è Filippo Attili, videomaker, sovrintendente della Polizia di Stato, da anni in servizio alla presidenza del Consiglio e celebre anche per i suoi video a Renzi. Poi ancora Carmelo Dragotta, Laura Ferrarelli. Massimo Prestia e Maria Chiara Ricciuti. Quest'ultima è una storica del gruppo dei fedelissimi del ministro per lo Sviluppo Economico Luigi Di Maio. Proprio il vicepremier dei 5 Stelle dispone di un responsabile della comunicazione e di un addetto stampa. Il primo è Pietro Francesco Dettori, anche lui un fedelissimo di Casaleggio. La seconda è Sara Mangieri. Al contrario il ministro dell'Interno Matteo Salvini dispone di Iva Garibaldi, responsabile stampa e di Matteo Pandini, portavoce al Viminale. Giancarlo Giorgetti, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, ha spesso detto di non aver bisogno di uffici stampa, ma qualche volta ad aiutarlo è la responsabile Garibaldi. Anche Vincenzo Spadafora, sottosegretario di Stato alle pari opportunità, altro uomo di punto del gruppo di fedelissimi di Di Maio, può disporre di un esperto in comunicazione come Arcangelo Munciguerra, giornalista napoletano. Nella squadra della Lega spicca poi il ruolo strategico di Luca Morisi, il responsabile dei social di Salvini. Con lui c'è anche Andrea Paganella, che ha coordinato la campagna elettorale del leader leghista e ora le segue anche al Viminale.
Al Senato per la Lega ci sono poi Cristiano Bosco e Cristiano Di Silvio, come altri quattro alla Camera. Speculare la situazione dei 5 Stelle dove a palazzo Madama si staglia la figura di Stefano Sansonetti, ex giornalista del quotidiano La Notizia. Se a livello politico è questo il blocco forte dei comunicatori, diversa e più frastagliata è la situazione nelle partecipate statali. Mentre Marco Bardazzi è rimasto in Eni come responsabile della comunicazione di Claudio Descalzi, in Leonardo è da poco arrivato come responsabile delle relazioni istituzionali Paolo Messa, ex consigliere della Rai, membro del centro studi americani, molto vicino al presidente del colosso della Difesa, ovvero Gianni De Gennaro. Anche in Cassa depositi e prestiti sono cambiate diverse cose dopo la nomina del nuovo amministratore delegato Fabio Palermo. Dalla metà di settembre Davide Colaccino è il nuovo Responsabile della direzione affari istituzionali, Comunicazione e Sostenibilità. Ha preso il posto di Gabriele Lucentini. Così come alcune cose sono cambiate in Ferrovie dello stato, dove dalla scorsa settimana non c'è più Carlotta Ventura, per quasi tre anni alla direzione centrale Brand strategy e comunicazione del gruppo con l'ex amministratore delegato Renato Mazzoncini.
In Fs c'è sempre Stefano Biserni, responsabile relazione con i media. La scorsa settimana circolava il nome di Alessio Vinci, ex giornalista Mediaset ora in Tim per sostituirla. Invece è arrivato Angelo Bonerba, negli ultimi tre anni responsabile della comunicazione e delle relazioni istituzionali della Banca Popolare di Bari, ma per anni dentro la Finmeccanica di Pier Francesco Guarguaglini. Più complessa e molto fluida la situazione in Rai. Dopo la nomina del presidente Marcello Foa, non senza polemiche, c'è attesa per i nuovi direttori dei Tg e dei canali di rete. Ma c'è anche attenzione sulla nomina del prossimo capo delle relazioni istituzionali come degli altri dirigenti del nuovo corso di viale Mazzini a trazione gialloblu. Per il ruolo attuale di Giovanni Parapini si fa il nome di Claudia Mazzola, storica giornalista del Tg1, già in predicato di entrare nel consiglio di amministrazione della Rai, ma poi rimasta alla porta. A quanto pare potrebbe essere lei il nuovo diamante della comunicazione esterna.
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Un tempo c'era Filippo Sensi, ex portavoce di Matteo Renzi, ora invece la comunicazione del governo gialloblù di Giuseppe Conte è cambiata con Rocco Casalino. Ma sono tanti i nuovi nomi nella comunicazione del governo 5 Stelle-Lega: da Dario Adamo a Iva Garibaldi, da Arcangelo Munciguerra a Luca Morisi, da Andrea Paganella a Stefano Sansonetti. Anche nelle partecipate cambiano gli assetti. E in Fs dopo l'addio di Carlotta Ventura arriva Angelo Bonerba, uno storico ex Finmeccanica della gestione Pier Francesco Guarguaglini. Per il ruolo attuale di Giovanni Parapini si fa il nome di Claudia Mazzola, storica giornalista del Tg1.C'era una volta Filippo Sensi, portavoce di Matteo Renzi, celebrato su twitter e Instagram dove gestisce l'account Nomfup, per le sue foto in bianco e nero all'ex presidente del Consiglio. Per come è finita, tra fallimento al referendum del 4 dicembre 2016 e debacle alle ultime politiche, quegli scatti, che scimmiottavano Pete Souza celebre fotografo di Barack Obama, non hanno portato bene. Eppure la figura di Sensi è stata per quasi cinque anni il simbolo della comunicazione renziana che poi si diramava nelle aziende partecipate come Eni o Leonardo. Il governo gialloblu di Giuseppe Conte, con una metà Lega e l'altra metà 5 stelle, ha portato una ventata di cambiamento radicale, a partire proprio dal portavoce del presidente del Consiglio. Rocco Casalino, l'ex Grande fratello, è ormai sulla bocca di tutti per gli audio inviati ai giornalisti e poi pubblicati sui giornali. Ma insieme con lui è folta la pattuglia di comunicatori di palazzo Chigi, anche con qualche sorpresa. L'ufficio stampa della presidenza del Consiglio è composta da sette persone. C'è innanzitutto Dario Adamo, fedelissimo di Davide Casaleggio, responsabile editoriale del sito e dei social media. Poi c'è Filippo Attili, videomaker, sovrintendente della Polizia di Stato, da anni in servizio alla presidenza del Consiglio e celebre anche per i suoi video a Renzi. Poi ancora Carmelo Dragotta, Laura Ferrarelli. Massimo Prestia e Maria Chiara Ricciuti. Quest'ultima è una storica del gruppo dei fedelissimi del ministro per lo Sviluppo Economico Luigi Di Maio. Proprio il vicepremier dei 5 Stelle dispone di un responsabile della comunicazione e di un addetto stampa. Il primo è Pietro Francesco Dettori, anche lui un fedelissimo di Casaleggio. La seconda è Sara Mangieri. Al contrario il ministro dell'Interno Matteo Salvini dispone di Iva Garibaldi, responsabile stampa e di Matteo Pandini, portavoce al Viminale. Giancarlo Giorgetti, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, ha spesso detto di non aver bisogno di uffici stampa, ma qualche volta ad aiutarlo è la responsabile Garibaldi. Anche Vincenzo Spadafora, sottosegretario di Stato alle pari opportunità, altro uomo di punto del gruppo di fedelissimi di Di Maio, può disporre di un esperto in comunicazione come Arcangelo Munciguerra, giornalista napoletano. Nella squadra della Lega spicca poi il ruolo strategico di Luca Morisi, il responsabile dei social di Salvini. Con lui c'è anche Andrea Paganella, che ha coordinato la campagna elettorale del leader leghista e ora le segue anche al Viminale. Al Senato per la Lega ci sono poi Cristiano Bosco e Cristiano Di Silvio, come altri quattro alla Camera. Speculare la situazione dei 5 Stelle dove a palazzo Madama si staglia la figura di Stefano Sansonetti, ex giornalista del quotidiano La Notizia. Se a livello politico è questo il blocco forte dei comunicatori, diversa e più frastagliata è la situazione nelle partecipate statali. Mentre Marco Bardazzi è rimasto in Eni come responsabile della comunicazione di Claudio Descalzi, in Leonardo è da poco arrivato come responsabile delle relazioni istituzionali Paolo Messa, ex consigliere della Rai, membro del centro studi americani, molto vicino al presidente del colosso della Difesa, ovvero Gianni De Gennaro. Anche in Cassa depositi e prestiti sono cambiate diverse cose dopo la nomina del nuovo amministratore delegato Fabio Palermo. Dalla metà di settembre Davide Colaccino è il nuovo Responsabile della direzione affari istituzionali, Comunicazione e Sostenibilità. Ha preso il posto di Gabriele Lucentini. Così come alcune cose sono cambiate in Ferrovie dello stato, dove dalla scorsa settimana non c'è più Carlotta Ventura, per quasi tre anni alla direzione centrale Brand strategy e comunicazione del gruppo con l'ex amministratore delegato Renato Mazzoncini. In Fs c'è sempre Stefano Biserni, responsabile relazione con i media. La scorsa settimana circolava il nome di Alessio Vinci, ex giornalista Mediaset ora in Tim per sostituirla. Invece è arrivato Angelo Bonerba, negli ultimi tre anni responsabile della comunicazione e delle relazioni istituzionali della Banca Popolare di Bari, ma per anni dentro la Finmeccanica di Pier Francesco Guarguaglini. Più complessa e molto fluida la situazione in Rai. Dopo la nomina del presidente Marcello Foa, non senza polemiche, c'è attesa per i nuovi direttori dei Tg e dei canali di rete. Ma c'è anche attenzione sulla nomina del prossimo capo delle relazioni istituzionali come degli altri dirigenti del nuovo corso di viale Mazzini a trazione gialloblu. Per il ruolo attuale di Giovanni Parapini si fa il nome di Claudia Mazzola, storica giornalista del Tg1, già in predicato di entrare nel consiglio di amministrazione della Rai, ma poi rimasta alla porta. A quanto pare potrebbe essere lei il nuovo diamante della comunicazione esterna.
Getty Images
Era inoltre il 22 dicembre, quando il Times of Israel ha riferito che «Israele ha avvertito l'amministrazione Trump che il corpo delle Guardie della rivoluzione Islamica dell'Iran potrebbe utilizzare un'esercitazione militare in corso incentrata sui missili come copertura per lanciare un attacco contro Israele». «Le probabilità di un attacco iraniano sono inferiori al 50%, ma nessuno è disposto a correre il rischio e a dire che si tratta solo di un'esercitazione», ha in tal senso affermato ad Axios un funzionario di Gerusalemme.
Tutto questo, mentre il 17 dicembre il direttore del Mossad, David Barnea, aveva dichiarato che lo Stato ebraico deve «garantire» che Teheran non si doti dell’arma atomica. «L'idea di continuare a sviluppare una bomba nucleare batte ancora nei loro cuori. Abbiamo la responsabilità di garantire che il progetto nucleare, gravemente danneggiato, in stretta collaborazione con gli americani, non venga mai attivato», aveva detto.
Insomma, la tensione tra Gerusalemme e Teheran sta tornando a salire. Ricordiamo che, lo scorso giugno, le due capitali avevano combattuto la «guerra dei dodici giorni»: guerra, nel cui ambito gli Stati Uniti avevano colpito tre siti nucleari iraniani, per poi mediare un cessate il fuoco con l’aiuto del Qatar. Non dimentichiamo inoltre che Trump punta a negoziare un nuovo accordo sul nucleare di Teheran con l’obiettivo di scongiurare l’eventualità che gli ayatollah possano conseguire l’arma atomica. Uno scenario, quest’ultimo, assai temuto tanto dagli israeliani quanto dai sauditi.
Il punto è che le rinnovate tensioni tra Israele e Teheran si stanno verificando in una fase di fibrillazione tra lo Stato ebraico e la Casa Bianca. Trump è rimasto irritato a causa del recente attacco militare di Gerusalemme a Gaza, mentre Netanyahu non vede di buon occhio la possibile vendita di caccia F-35 al governo di Doha. Bisognerà quindi vedere se, nei prossimi giorni, il dossier iraniano riavvicinerà o meno il presidente americano e il premier israeliano.
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Il Comune fiorentino sposa l’appello del Maestro per riportare a casa le spoglie di Cherubini e cambiare nome al Teatro del Maggio, in onore di Vittorio Gui. Partecipano al dibattito il direttore del Conservatorio, Pucciarmati, e il violinista Rimonda.
Muwaffaq Tarif, lo sceicco leader religioso della comunità drusa israeliana
Il gruppo numericamente più importante è in Siria, dove si stima che vivano circa 700.000 drusi, soprattutto nel Governatorato di Suwayda e nei sobborghi meridionali della capitale Damasco. In Libano rappresentano il 5% del totale degli abitanti e per una consolidata consuetudine del Paese dei Cedri uno dei comandanti delle forze dell’ordine è di etnia drusa. In Giordania sono soltanto 20.000 su una popolazione di 11 milioni, ma l’attuale vice-primo ministro e ministro degli Esteri Ayman Safadi è un druso. In Israele sono membri attivi della società e combattono nelle Forze di difesa israeliane (Idf) in una brigata drusa. Sono circa 150.000 distribuiti nel nNord di Israele fra la Galilea e le Alture del Golan, ma abitano anche in alcuni quartieri di Tel Aviv.
Lo sceicco Muwaffaq Tarif è il leader religioso della comunità drusa israeliana e la sua famiglia guida la comunità dal 1753, sotto il dominio ottomano. Muwaffaq Tarif ha ereditato il ruolo di guida spirituale alla morte del nonno Amin Tarif, una figura fondamentale per i drusi tanto che la sua tomba è meta di pellegrinaggio.
Sceicco quali sono i rapporti con le comunità druse sparpagliate in tutto il Medio Oriente?
«Siamo fratelli nella fede e nell’ideale, ci unisce qualcosa di profondo e radicato che nessuno potrà mai scalfire. Viviamo in nazioni diverse ed anche con modalità di vita differenti, ma restiamo drusi e questo influisce su ogni nostra scelta. Nella storia recente non sempre siamo stati tutti d’accordo, ma resta il rispetto. Per noi è fondamentale che passi il concetto che non abbiamo nessuna rivendicazione territoriale o secessionista, nessuno vuole creare una “nazione drusa”, non siamo come i curdi, noi siamo cittadini delle nazioni in cui viviamo, siamo israeliani, siriani, libanesi e giordani».
I drusi israeliani combattono nell’esercito di Tel Aviv, mentre importanti leader libanesi come Walid Jumblatt si sono sempre schierati dalla parte dei palestinesi.
«Walid Jumblatt è un politico che vuole soltanto accumulare ricchezze e potere e non fare il bene della sua gente. Durante la guerra civile libanese è stato fra quelli che appoggiavano Assad e la Siria che voleva annettere il Libano e quindi ogni sua mossa mira soltanto ad accrescere la sua posizione. Fu mio nonno ha decidere che il nostro rapporto con Israele doveva essere totale e noi siamo fedeli e rispettosi. La fratellanza con le altre comunità non ci impone un pensiero unico e quindi c’è molta libertà, anche politica nelle nostre scelte».
In Siria c’è un nuovo governo, un gruppo di ex qaedisti che hanno rovesciato Assad in 11 giorni e che adesso si stanno presentando al mondo come moderati. Nei mesi scorsi però i drusi siriani sono stati pesantemente attaccati dalle tribù beduine e Israele ha reagito militarmente per difendere la sua comunità.
«Israele è l’unica nazione che si è mossa per aiutare i drusi siriani massacrati. Oltre 2000 morti, stupri ed incendi hanno insanguinato la provincia di Suwayda, tutto nell’indifferenza della comunità internazionale. Il governo di Damasco è un regime islamista e violento che vuole distruggere tutte le minoranze, prima gli Alawiti ed adesso i drusi. Utilizzano le milizie beduine, ma sono loro ad armarle e permettergli di uccidere senza pietà gente pacifica. Siamo felici che l’aviazione di Tel Aviv sia intervenuta per fermare il genocidio dei drusi, volevamo intervenire personalmente in sostegno ai fratelli siriani, ma il governo israeliano ha chiuso la frontiera. Al Shara è un assassino sanguinario che ci considera degli infedeli da eliminare, non bisogna credere a ciò che racconta all’estero. La Siria è una nazione importante ed in tanti vogliono destabilizzarla per colpire tutto il Medio Oriente. Siamo gente semplice e povera, ma voglio comunque fare un appello al presidente statunitense Donald Trump di non credere alle bugie dei tagliagole di Damasco e di proteggere i drusi della Siria».
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